LE BUSSOLE • 0 Chiaerses,e nzaicacluir,a te: leg uiddeiC arocci peorr ientnaerpisr ii ncitpeamlii delclual tcuornat emporanea STUDLII NGUISTICO-LETIERARI BREVSET ORIDAE LLSAC RITTUREA D ELL IBRO Las torlieat tercaormipar encdoem,em omento irrinuncliosa tbuidldieeo,l t lraa smisdseitioe nset i. Sonpoe rciinòd ispenlsena obziiloeinl ie mentari dis tordieall i bsrtoo,r dieals lcar itetc urriat ica detle stQou.e sgtuai ddae scrliefv oer mdee lli bro manoscrietd etlloi bars ot ampial;l ustra l'evoludzeilonlnoaes tsrcar itdtaulrolare i gini alltei pizzazionie u mmeadniiesvtailcih e; offre, infine, undae pisr ionbtleesmii relativi all'ediczriiotdnieectia e sti. FabiMo.B ertolion segEndai tiinnfgo rmatico ec urdae tle satlol 'UnivdeiCr assistiàn o. PaolCoh erubèip nrio fessstorraeo rdinario diP aleogarlalfi'aU nivdeiPr aslietràm o. GiorgIinog leèsp er ofesosrodrien ario diL etteriattaulriaaa lnl"aaS apiednizR ao"m a. LuisMai glèip or ofesosrodrien adriCi ood icologia all'Univ"eLrSas aiptiàe ndziRa o"m a. ISBN8 8-430-3096-5 11111111111111111 1111111111111 9 78884033 0965 € 9,50 2• ristampa, ottobre 2005 1• edizione, luglio 2004 © copyright 2004 by Carocci editore S.p.A., Roma Finito di stampare nell'ottobre 2005 per i tipi delle Arti Grafiche Editoriali SrL Urbino 88-430-3096-5 ISBN Riproduzione vietata ai sensi di legge (art 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico. I lettori che desiderano informazioni sui volumi pubblicati dalla casa editrice possono rivolgersi direttamente a: Carocci editore Via Sardegna 50 00187 Roma. 06 42 81 84 17 TEL FAX 06 42 74 79 31 Visitateci sul nostro sito Internet: http://www.carocci.it Fabio M. BertOTo Paolo Cherubini Giorgio Inglese Luisa Miglio Breve storia della scrittura e del Libro Carocci editore Luisa Miglio ha curato il capitolo 1, Paolo Cherubini il capitolo 2, Fa bio M. Bertolo il capitolo 3 e Giorgio Inglese il capitolo 4. Indice 1. Il libro manoscritto 7 1.1. Il papiro 7 1.2. Il rotolo (volumen) 8 1.3. La biblioteca di Ercolano 11 1.4. Il frammento di Posidippo 13 1.5. I rotoli di Exultet 14 1.6. Il codice: forme arcaiche 15 1.7. Affermazione del codice 20 1.8. La pergamena 22 1.9. Il fascicolo 25 1.10. La carta 26 1.11. Tipologia del fascicolo e tipologia testuale 28 1.12. Confezione del fascicolo 30 1.13. Conclusioni 35 Per riassumere. .. 36 2. La scrittura Latina 37 2.1. Premessa 37 2.2. Le origini della scrittura latina 41 2.3. Primo periodo: fase unitaria 43 2.4. Secondo periodo: crisi del v1 secolo 54 2.5. Terzo periodo: il ritorno a una fase unitaria 65 2.6. Quarto periodo: la reazione alla gotica 79 Per riassumere... 84 3. Il libro a stampa 85 3.1. La xilografia 85 3.2. Gutenberg e i caratteri mobili 86 ].3. Punzoni e caratteri 88 3.4. Il torchio e la forma tipografica 90 3.5. Il formato dei libri a stampa 95 5 3.6. I ritmi di produzione di un'officina tipografica 97 3.7. L'introduzione della stampa in Italia 100 3.8. La stampa in Italia dall'età umanistica a oggi 108 Per riassumere... 115 4. L'edizione critica 116 4.1. La critica del testo 116 4.2. Edizione diplomatica 120 4.3. Edizione interpretativa 121 4.4. Edizione ricostruttiva 124 Appendice: Parole-chiave 134 Per riassumere... 140 Bibliografia 141 6 1. Il libro manoscritto 1.1. IL papiro Il punto di panenza di un discorso che intenda at- raversare, sia pure in grande accelerazione, la lunga storia del libro 1 manoscritto nella sua qualità di oggetto fisico, di contenitore di testi �oprattutto letterari o comunque non occasionali né effimeri ma nati per essere conservati, diffusi e utilizzati, allo scopo di descriverne modi scrumenti di confezione, diversi nei tempi, nei luoghi, nelle motiva l' i.ioni, non potrà che essere l'Egitto. Qui, infatti, sulle sponde del Nilo, come in altre regioni del Vicino ( )riente - Siria, Palestina, Etiopia - cresceva abbondantemente, per ragioni di clima e di ambiente naturale, la pianta (cyperus papyrus) dal le cui fibre si ricavava quello che è stato per molti millenni il supporto preferito di scrittura in ambito mediterraneo -il papiro -, il cui nome ricorna, non casualmente, nel termine oggi utilizzato, in molte lingue europee, per designare un altro e successivo materiale scrittorio, la car ta, detta, come si sa, papier in francese, paper in inglese, papel in spa gnolo, Papier in tedesco. Non del tutto chiara, invece, la relazione sup posta tra uno dei nomi greci della pianta -byblos -e la città fenicia di Biblo, popolo da cui i Greci avrebbero importato, probabilmente in lOrno alla metà del secolo a.e., la conoscenza e l'uso del papiro; si vn gnificativo, comunque, che tale nome ritorni nella composizione di parole relative al libro e al suo mondo, come biblioteca, bibliofilia, bi bliografia e altre ancora. Pianta dagli usi molteplici e variati -almeno nella sua terra d'origine -, ucilizzata per fabbricare cesti, ghirlande da dedicare agli dei, indumen ti, cordami, per preparare unguenti e confezionare utensili, commesti bile e nutriente -se ne masticavano il gambo e forse le radici-, dotata di proprietà terapeutiche e sfruttata per la cura degli occhi e per le cau terizzazioni, il papiro raggiungeva, nelle condizioni ambientali più fa vorevoli, dimensioni ragguardevoli con fusti alti, secondo il racconto di fonti antiche, fino a 5 metri. Proprio il fusto, a sezione triangolare, rnstituiva il materiale di base per la preparazione dei fogli destinati alla scrittura, attraverso procedimenti e lavorazioni che, verosimilmente, si sono tramandati, senza sostanziali modifiche, dall'Egitto faraonico del millennio a.e., privo di informazioni, all'antichità greco-romana, 111 documentata, seppure con qualche oscurità, dalla notissima descrizio- 7 ne di Plinio il Vecchio (Naturalis Historia, XIII, 74-82); liberato dalle foglie e sconecciato, lo stelo veniva tagliato, ancora fresco, in porzioni da cui si ricavavano sottili strisce longitudinali (philyrae) -mediamen te, è stato calcolato, da 18 a 25 strisce per fusto -che venivano poi di sposte, con i margini leggermente sovrapposti, una accanto all'altra in due (o forse più) strati perpendicolari tra loro su un piano duro e ba gnato sfruttando come colla, per assicurarne l'adesione, la mucillagine vischiosa che esse stesse producevano, mischiata con l'acqua del Nilo. L'insieme delle strisce veniva poi battuto e pressato per pareggiarne e livellarne la superficie, essiccato al sole e infine rifinito e tagliato. I fogli cosi ottenuti, detti plagulae in latino, kollémata in greco, diversi per misura - la larghezza variava, secondo Plinio, tra 11 e 30 centimetri, mentre l'altezza, non segnalata dallo storico, sembra aver oscillato fino al I secolo d.C. tra i 16 e i 24 centimetri, per poi aumentare -e diversi anche per qualità (sempre Plinio ricorda almeno sei varietà, da finissi ma a scadente) e per colore -la maggiore o minore vicinanza delle phi lyrae al midollo dello stelo provocava, infatti, differenze di consistenza e bianchezza - erano posti in vendita ed esportati fuori dall'Egitto in rotoli commerciali. Tali rotoli, solitamente di venti fogli (tomos), erano confezionati incollando con una pasta di farina e aceto lungo l'orlo verticale leggermente sovrapposto (la misura della giuntura o kòllesis varia da 2 a 5 cm) le plagulae disposte una dopo l'altra con le fibre nella stessa direzione -di norma le orizzontali all'interno ed è la cosiddetta - faccia perfibrale o recto a formare una striscia di più o meno 4 metri che si arrotolava lungo l'asse verticale in modo che le giunture venisse ro premute l'una contro l'altra e non rischiassero lo scollamento. È in teressante notare che mentre nei rotoli greci il foglio che segue appare inserito sotto quello che precede, il contrario avviene per i rotoli degli scribi demotici; secondo Eric G. Turner (1977), illustre papirologo in glese, si tratterebbe, però, di una disposizione solo apparentemente di versa, legata al diverso orientamento della scrittura (la scrittura demo tica avanza da destra a sinistra) e alla necessità che la stessa non trovas se ostacoli ma procedesse "in discesa" sulle giunture. Gli scribi greci avrebbero, cioè, semplicemente voltato il rotolo di 180 gradi rispetto ai loro colleghi egiziani prima di cominciare l'opera di copia. ( volumen) 1.2. Il rotolo Tagliando un rotolo commerciale o, più raramente, incollandone insieme più d'uno, si producevano rotoli librari di lunghezza adeguata alla lunghezza del testo da contenere, 8 oscillante, stando ai dati desumibili dalle testimonianze superstiti e con l'approssimazione derivata dallo stato delle stesse, tra i 2,5 e i 10-12 metri, mentre le misure estreme dell'altezza avrebbero oscillato tra i 16 i 32 centimetri con una preferenza per i 26-28. e: Il rotolo o volumen, come veniva definito con riferimento ali'a zione di avvolgimento e srotolamento (volvere), costituisce il libro per antono masia dell'antichità classica sia nel mondo greco - si contendono il primato dell'antichità due frammenti greci, l'uno ritrovato in una romba ad Abousir vicino Menphis in Egitto contenente alcuni versi della tragedia I Persiani di Timoteo di Mileto (Berlin, Staatliche Mu seen, Papyrussammlung, P. Berol. 9875) databile alla fine del IV secolo a.C., l'altro, forse anteriore, di contenuto religioso, ritrovato nel 1962 nella tomba di un guerriero a Derveni, a nord-ovest di Tessalonica - sia nel mondo romano, dove la sua adozione fu più tarda, favorita dal- 1' espandersi negli ambienti colti romani della cultura greca e in conco mitanza dell'arrivo a Roma, come bottino di guerra, di grandi biblio teche dell'Oriente ellenistico, prima tra tutte quella di Perseo, re dei Macedoni, sconfitto a Pidna nel 168 a.C. da Lucio Emilio Paolo. All'interno del rotolo la scrittura correva parallela alle fibre orizzontali che agevolavano il tracciato del calamo, cioè della cannuccia vegetale tagliata in punta e fornita di una fessura centrale per facilitare il pas saggio dell'inchiostro che, soprattutto nell'Oriente di lingua greca, sembra essere rimasto, più a lungo che altrove, incontrastato strumen to scrittorio, senza la concorrenza della più flessibile penna di volatile diffusa in Occidente. Il testo era diviso in colonne (in greco selides) che non tenevano conto delle giunture dei fogli, né sembra rispettassero preventive organizzazioni dello spazio di. scrittura; composte ciascuna da un certo numero di linee (versus in latino, stlkoi in greco) di esten sione normalmente corrispondente, anche per i testi in prosa, alla mi sura dell'esametro omerico (34-38 lettere) ma con frequenti e numero variazioni, le colonne mostrano, a volte, una leggera e progressiva se: inclinazione a sinistra dovuta alla posizione del rotolo durante la copia solo eccezionalmente si è riscontrata la presenza di trattini o puntini l" 1.:he servissero da riferimento e guida. Alla fine della copia che, è bene ricordarlo, avveniva soltanto sulla faccia interna del papiro (scrivere al i' esterno era sempre un'operazione successiva o di riuso e la presenza di rntoli opistografi, scritti cioè sulle due facce per lo stesso testo, è rarissi ma}, era proprio attraverso il computo delle linee trascritte (la cosid detta sticometria) che si calcolava il compenso dovuto allo scriba, va- 9