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Bombe a inchiostro. Luci e ombre della Controinformazione tra il ’68 e gli anni di piombo PDF

922 Pages·2013·2.35 MB·Italian
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Italia, anni Settanta. Mentre piombo e tritolo infiammano il Paese, si combatte una guerra più sotterranea e silenziosa tra le cosiddette fonti ufficiali dell’informazione e i molti rivoli della militanza democratica. Di fronte alle azioni di depistaggio dei servizi segreti "deviati", nascono gruppi di controinformazione impegnati a costruire, svelare e diffondere le notizie attraverso strumenti nuovi e alternativi: non più solo i giornali, ma anche il cinema, la radio, il teatro, i fumetti, la canzone, la satira. Per la prima volta, una generazione attenta e politicizzata tenta di smascherare le menzogne del potere. Grazie a numerosi documenti inediti, Aldo Giannuli ricostruisce con il rigore dello storico una stagione tormentata, dal Sessantotto al sequestro Moro, che ha contribuito in modo fondamentale alla costruzione dell’identità italiana. ALDO GIANNULI, laureato in Scienze politiche, è ricercatore di Storia contemporanea presso l’Università di Bari e redattore della rivista "Libertaria". Consulente delle Procure di Bari, Milano (strage di piazza Fontana), Pavia e Brescia (strage di piazza della Loggia), dal 1994 al 2001 ha collaborato con la Commissione Stragi. ALDO GIANNULI BOMBE A INCHIOSTRO Luci e ombre della Controinformazione tra il ’68 e gli anni di piombo. Da piazza Fontana al rogo di Primavalle, dalla Comune di Dario Fo al processo 7 aprile, i depistaggi dello Stato e i servizi segreti del Movimento. BUR 2008 La conoscenza è potere. Francesco Bacone "Si trattava di difendere lo Stato contro coloro che lo rappresentavano, che lo detenevano. Lo Stato era detenuto. E bisognava liberarlo. " Leonardo Sciascia Avvertenza Oltre che sulla stampa d’epoca, questa ricerca si basa essenzialmente sulla documentazione proveniente dagli: Atti della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2 (CPI P2); Atti della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani, sul sequestro e l’assassinio di Aldo Moro (CPT); Atti della Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulla mancata individuazione dei responsabili delle Stragi (CPS); Atti della Commissione parlamentare d’inchiesta "Mitrokhin" (CPM); Atti del Procedimento penale contro Azzi Nico + 25, 2643/84 RGPM; n. 721/88F Rggi (Salvini, l’eventuale lettera a si riferisce alla sentenza ordinanza del medesimo giudice istruttore del 18 marzo 1995); Atti del Procedimento penale n. 1/94 DDA Perugia relativo all’omicidio di Carmine Pecorelli (Pecorelli); Atti del Procedimento penale n. 349/95 mod. 21, Procura della Repubblica di Pavia dott. Vincenzo Calia (caso Mattei) contro Mario Ronchi (Calia); Atti del Procedimento penale n. 2566/98 Rgnr DDA Palermo contro Gelli Licio + 13 detta "Sistemi Criminali" (Scarpinato). Introduzione Tutti pensano che la controinformazione sia nata negli USA. Se cercassimo su internet il termine "counterinformation", troveremmo molte centinaia di documenti sull’11 settembre, le prigioni segrete Cia, lo scandalo Enron, gli Ogm, l’Aids e persino gli Ufo. Tutti avranno in comune la contestazione di qualche verità ufficiale, perché il termine, nel linguaggio corrente, è impiegato nel senso di "informazione alternativa a quella del potere". Ma cercando nei dizionari di francese, tedesco, spagnolo, portoghese o greco, si trova ben altra definizione, in genere: "Termine di origine militare, che indica attività di controspionaggio o, più in generale, di contrasto alle attività di propaganda e disinformazione avversaria". Solo i dizionari della lingua italiana definiscono la controinformazione come: Informazione che alcuni movimenti di opinione propongono come alternativa rispetto a quella fornita dai mezzi di comunicazione ufficiali, ritenuti faziosi e non obiettivi. Insieme dei mezzi di cui essa si avvale1. Ma sino a vent’anni fa, anche i dizionari d’italiano avrebbero riportato il termine nel suo senso militare: è solo negli anni Settanta che, nel nostro paese, si produce lo slittamento semantico che porta all’accezione attuale, come riflesso di una delle modalità della lotta politica di quegli anni. Ora questo slittamento è passato anche nelle altre lingue, ma non ancora nei loro dizionari. In altre parole, la controinformazione non è stata una particolare forma di giornalismo, ma l’intreccio fra un nuovo tipo di militanza politica, la pratica delle avanguardie culturali e una certa forma di intelligence. Quella italiana degli anni Settanta fu innanzitutto un tipo di militanza basato sulla pratica politica nel posto di lavoro. Fino agli anni Sessanta, infatti, la politica era intesa essenzialmente come attività di discussione e di propaganda svolta in luoghi deputati, come le sezioni di partito o anche la strada, ma non i luoghi di lavoro dove, quando possibile, si cercava di svolgere attività sindacale. Unica relativa eccezione quella delle fabbriche dove i partiti di sinistra avevano cellule semi- clandestine. Con il Sessantotto la politica irruppe nelle scuole e negli uffici, nelle caserme e negli ospedali, non più come saltuaria attività di propaganda, ma come contestazione dei ruoli fissati dall’organizzazione del lavoro: si tentò di realizzare una profonda trasformazione sociale dal basso, una democratizzazione del lavoro che, negando all’autorità l’esclusivo potere di decidere, associasse tutti i lavoratori con spirito egualitario. L’assemblea, il collettivo, il consiglio dei delegati, il comitato di base furono le forme organizzative di questo tentativo di autogestione, che avrebbe dovuto collegarsi a un più generale processo di rifondazione della società e delle istituzioni. Di qui la dimensione non solo sindacale, ma propriamente politica di quelle lotte, che cercavano di collegare l’azione sul posto di lavoro a quella di indirizzo politico generale. Da questa ispirazione nacquero i movimenti sociali spontanei, trasversali alle appartenenze sindacali e partitiche, con organismi di base poco formalizzati (assemblee, collettivi, comitati di base, ecc.) spesso in concorrenza o aperto conflitto anche con gli apparati di partiti e sindacati. Una mobilitazione politica cui presero parte studenti, operai, impiegati, avvocati, medici, intellettuali, attori, tecnici, magistrati e, in forme para-clandestine, soldati di leva e ufficiali subalterni. Questa aspirazione – forse utopica – a una democrazia integrale, caratteristica della "stagione dei movimenti", si fondava sullo "svelamento dei rapporti di potere". La necessità di questo svelamento si fece più urgente dopo la strage di piazza Fontana. Improvvisamente, si scoprì che la politica poteva avere un altro livello, occulto e criminale, che bisognava neutralizzare portandolo alla luce. Ma questo significava accettare quel terreno di scontro e calarsi in quella realtà sotterranea. Fu la "perdita dell’innocenza": anche i movimenti del Sessantotto dovettero darsi i propri servizi segreti. Può fare un certo effetto pensare in questi termini alla controinformazione: cosa può esserci di più distante fra un servizio segreto e il chiassoso e variopinto mondo dei movimenti? L’autoritarismo insito in un apparato di sicurezza contrapposto allo spirito di rivolta del Sessantotto, il culto del segreto dei servizi contro l’utopia della società trasparente come vetro, la rigidità di un apparato burocratico contro la spontaneità della rivolta. Ma, per combattere le trame dei servizi, era necessario confrontarsi sul terreno della raccolta di informazioni riservate, portare avanti, a tutti gli effetti, un’attività di intelligence. Certo, i servizi lavoravano per accumulare conoscenze da tenere riservate e utilizzare per i propri disegni antidemocratici, la controinformazione allo scopo di conoscere, svelare e così neutralizzare quei disegni: dal punto di vista delle finalità, l’antitesi non potrebbe essere più netta, ma ciò non toglie che, mutatis mutandis, si trattasse pur sempre di due diverse forme di intelligence, le cui pratiche si assomigliavano molto più di quanto si immagini. Anche la controinformazione aveva il problema di proteggere le sue fonti e i suoi operatori dalle rappresaglie dei fascisti e dagli apparati dello stato, e questo comportava l’adozione di misure cautelari tipiche di un’organizzazione spionistica. Ovviamente si trattò di un’attività di intelligence rapportata agli strumenti e alla cultura politica di chi la promosse, dunque con sue forti peculiarità: i movimenti non avevano i mezzi finanziari, tecnologici e legali a disposizione dei servizi, cui dovettero supplire con quanto loro avevano e che, invece, mancava ai servizi segreti. La controinformazione ebbe una sponda fuori dal comune nelle avanguardie culturali e artistiche del tempo: la nuova sociologia (l’"inchiesta operaia"), la storiografia militante, la "guerriglia semiologica" e il nuovo pensiero giuridico consentirono di affinare un metodo specifico; d’altra parte il cinema e la canzone politica, il nuovo teatro e il fumetto assicurarono una pluralità di forme espressive senza la quale la controinformazione sarebbe stata infinitamente meno efficace. Fu grazie alle avanguardie artistiche di quegli anni che i risultati di quelle inchieste divennero molto di più che semplici notizie: la controinformazione fu lo specchio in cui le classi subalterne videro riflesso il volto demoniaco del potere, immaginario rovesciato della sua sacralità. Un’idea durevole che riaffiorerà, come un fiume carsico, nei decenni successivi, fino alla polemica sui "poteri forti". La controinformazione costruì un pezzo dell’identità italiana. E se c’è dell’esagerato e del non vero in tutto questo, c’è anche molto, moltissimo di vero. Ancora oggi molti gruppi si definiscono di "controinformazione", ma si tratta di qualcosa di molto diverso dall’originale: ha canali di raccolta informativa diversi, ha altre forme di comunicazione, soprattutto non ha a disposizione quel tipo di mobilitazione politica che si traduceva anche in un continuo feedback tra il movimento e i suoi "servizi segreti". Tutto questo fu possibile negli anni Settanta, in quella particolare temperie che agitava e fondeva idee ed emozioni, dubbi e furori, speranze e deliri, qualcosa di irripetibile e concluso. E quando un fenomeno è compiuto se ne può scrivere la storia con distacco critico, lontano dalle celebrazioni agiografiche e dalle malevole denigrazioni. Forse una nuova stagione di movimenti verrà, ma sarà inevitabilmente diversa:

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Italia, anni Settanta. Mentre piombo e tritolo infiammano il Paese, si combatte una guerra più sotterranea e silenziosa tra le cosiddette fonti ufficiali dell'informazione e i molti rivoli della militanza democratica. Di fronte alle azioni di depistaggio dei servizi segreti "deviati", nascono grupp
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