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Banditismo sociale alla guerriglia PDF

181 Pages·2017·0.63 MB·Italian
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Dal banditismo sociale alla guerriglia Alfredo M. Bonanno Indice Ilbanditismosociale 4 Ilribelleeilsuomito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 Banditismosocialeeletteraturapopolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 Lostudiodell’ambiente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 Ilfronteinternoelaribellione 41 Ildirittoall’espropriazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48 Laviolenzaeilbanditismosociale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50 Ifondamentimoralidelbanditismosociale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61 L’esperienzaguerrigliera 81 Ilbanditismosocialenellecampagne . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81 Le insurrezioni di liberazione nazionale tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secoloelapresenzadelbanditismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87 LaprimametàdelXIXsecolo.Banditismo,guerrigliaebanditismosociale . . . . 92 L’azionediPisacaneelasuaimportanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98 IlbanditismonelMezzogiornod’Italiadopol’unità . . . . . . . . . . . . . . . . . 99 FormediguerriglianellasecondametàdelXIXsecolo.LabandadelMatese . . . 103 La guerriglia e il banditismo sociale in rapporto alla seconda guerra mondiale. Evoluzionemetodologica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112 Persistenza del banditismo sociale all’interno di alcune organizzazioni di guerriglia.Suelimitazionietendenzaascomparire. . . . . . . . . . . . . . 114 Unultimoesempio:ilbanditismosocialeinSardegna . . . . . . . . . . . . . . . 119 LarivoltadeglischiavieilmitodiDioniso 122 L’insurrezionedeglischiaviguidatadaSpartaco . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122 Lemotivazionidellarivolta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124 SpartacoeDioniso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 128 RinaldoelaChansondegeste 134 GliabitinuovidelpresidenteMao 153 Lademocraziatotalitaria 154 2 Néincielonéinterra 156 Lamanieraforte 159 NucleiArmatiProletari 161 Moroeisuonatoriditrombone 163 Controilmilitarismo 166 AntimilitarismoeinsegnamentidellalottacontrolabasemissilisticadiComiso. 166 Perunaripresadellalottaantimilitarista. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 167 Controlamafia 173 LoStatomafìoso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173 Scontritramafie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175 Glianarchicicontrolamafia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 177 3 Il banditismo sociale Perseguitati dalla legge, guardati con timore dai ricchi, esaltati dalla povera gente, i banditihannodasemprecostituitooggettodistudioperisociologiemateriaperleballate popolari. In pratica però, escludendo le geremiadi degli studiosi pagati dal potere, i vaniloqui legali dei ripetitori del codice e le esaltazioni dei cantastorie che riprendono motivazioni popolari,nonesistonostudiapprofonditisull’argomento. AncheinItalia,cheperquantoriguardailMeridioneèconsideratalaterradeibriganti, scarseggianostudiseriecapacidivalutareilproblemanelcomplessodellesueimplicazioni sociologicheestoriche.Ivecchilavorisulbrigantaggio,cheappositamentetrascuriamodi indicare,possonoesserecontuttatranquillitàdicoscienzalasciatiallacriticaaccademica. Inuovi,figlimeritevoliditantopadre,sono,qualorafossepossibile,aldisottodelvalore degliscrittipiùantichi. Le inchieste e le ricerche più importanti relative al periodo successivo all’unità d’Ita- lia,dovevieneaffrontatodiscorcioilproblemadelbrigantaggio,sono:F.Maggiore-Perni, Delle condizioni economiche, politiche e morali della Sicilia dopo il 1860, Palermo 1896; A. Guarneri,L’inchiestaparlamentaresuifattidiPalermo,Palermo1867;G.Antinori,LaSici- lia.Questionieconomiche,amministrativeepolitiche,Palermo1867;C.Baer,“Illatifondoin Sicilia”,in“NuovaAntologia”,15aprile1883,p.640esgg.;AttidellaGiuntaperl’inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola, vol. XIII, tomo I, Relazione del Commissario Abele Damiani, Roma 1884; S. Jacini, “Il problema agrario e l’inchiesta”, in “Nuova Anto- logia”, 15 marzo 1881, p. 303 e sgg.; L. Bodio, Sui documenti statistici del Regno d’Italia, Firenze 1867; N. Colajanni, “La eloquenza delle cifre e gli indizi della miseria nel Mezzo- giorno”, in “Rivista Popolare”, a. IX, 15 marzo 1903; A. Battaglia, L’evoluzione sociale in rapportoallaproprietàfondiariainSicilia,Palermo1895;A.DeJohannis,“Sullecausedel- la crisi”, in “Nuova Antologia”, 16 dicembre 1891, p. 639 e sgg.; G. Salvioli, “Gabellotti e contadini in Sicilia nella zona del latifondo”, in “La Riforma Sociale”, a. I (1894) pp. 75 e sgg.;AttidellaGiuntaperl’inchiestaagrariaesullecondizionidellaclasseagricola,vol.XV, Relazionedel Presidenteconte StefanoJacini,Roma 1885;E. Corbino,Annalidell’economia italiana,vol.I,CittàdiCastello1931-38;G.Luzzatto,L’economiaitalianadal1861al1914, vol.I:1861-1894,Milano1963(ed.dellaBancaCommercialeItaliana);S.D.Clough,Storia dell’economia italiana dal 1861 ad oggi, Bologna 1965; E. Passerin D’entreves, “La politica nazionalenelgiugno-settembre1861:RicasolieMinghetti”,in“ArchivioStoricoItaliano”, 1955; A. Scirocco, Governo e paese nel Mezzogiorno nella crisi dell’unificazione, 1860-1861, 4 Milano1963;C.Pavone,AmministrazionecentraleeamministrazioneperifericadaRattazzi a Ricasoli, 1859-1866, Milano 1964; P. Alatri, Lotte politiche in Sicilia sotto il governo della Destra,1866-1874,Torino1954;F.Brancato,LaSicilianelprimoventenniodelregnod’Italia, Bologna 1956; S. F. Romano, Storia della mafia, Milano 1963; Antologia della mafia. Docu- mentiinediti,dibattitiparlamentari,inchieste,saggidaiprimiannidell’unitàadoggi,acura diN.Russo,prefazionediM.GangieN.Sorgi,Palermo1964. Le inchieste hanno una validità maggiore, ma guardano il nostro problema solo da un puntodivistaquantitativo,nonemergendomaiallivellodellariflessionepoliticaesociale. Laverità,èbenedirlosubito,ècheiltemaèscottanteperduemotivi:primo,perchénon siriesceafarlorestarefermodentrounquadrostoricamenteasetticomatendeconforzaa riportarsicontinuamenteaeffettualitàpresenti,resediconticonrealtàchesonocronaca enonpiùstoria;secondo,perchérichiedeunapremessaditipopoliticoeunachiarapresa di posizione. Come si vede, due cose che non abitano dentro le muffite mura del mondo accademico. Untemacomequestofasbattereilmusocolriconoscimentocoscientedellacontraddit- torietàdiun’informazionestoricacheintendetagliareilegamiconl’informazionesociale, cheintendenegareunrapportodicontemporaneainterazione,cheintendespacciareque- st’ultima come semplice questione metodologica e non come condizione esclusiva della chiarificazione del problema. Il banditismo è fenomeno di cronaca colto in chiave sociale secondogliinteressiimperantiecontingentidelpotere.Spettaalsociologofareemergere ilrapportoesistentetrainformazionesocialeeconfrontodirettoconognitipodiesperien- zagiornaliera,ancheinvistadiunareinterpretazionedelfattostoriconelsuocomplesso enell’estensionemolteplicedellesuevicendetemporali. Duesolilibricercanodiavvicinarsipiùchepossibileaquestoscopo,sebbenepresentino limitazionimetodologichechenerendonodifettoseleconclusioni:sitrattadiduelavoridi EricJ.Hobsbawm.Ilprimotrattadeiribelliprimitivi(Iribelli,tr.it.,Torino1966–Primitive Rebels, Manchester 1959) e dedica solo qualche capitolo al problema dei banditi sociali, il secondo, più centrato sul problema, sebbene di piccola dimensione, è l’opera che più si avvicina al nostro modo di vedere la questione (I banditi. Il banditismo sociale nell’età moderna,tr.it.Torino1971–Bandits,London1969). Occorrerebbeprecisare,maillettoreseneaccorgerànelcorsodellepresentipagine,che l’interpretazionedifondopropostadaHobsbawmdifferisceinmodoradicaledaquellache proponiamonoi.Quicibastapreavvertirechelaprospettivamarxista,troppoaccentuatain Hobsbawm,gliimpediscediaccostarsiconsufficienteaperturamentalealvolontarismodi baseche,inultimaanalisi,costituiscel’unicoelementointerpretativovalidonelmomento del passaggio dal banditismo generico, o qualificato socialmente con motivazioni psico- logiche e personali, al banditismo politicamente specifico, o qualificato socialmente con motivazionioggettive,digruppoediclasse. ResterebbeillavorodiFrancoMolfese,Storiadelbrigantaggiodopol’Unità,Milano1966), ma non sfugge, onde ben si consideri, alla critica suddetta, indugiando troppo su aspetti 5 marginalieimpedendosiunapenetrazioneeffettivadelproblema. Checosacaratterizzailbanditismosociale?Perchédeveconsiderarsiinmodoparticolare riguardoalfenomenodelbanditismoingenere?Doveattecchisce?Incherapportisipone conl’ambientesocio-economicocheloproduce?Chesviluppipuòavereinunaprospettiva rivoluzionaria? Questeemoltealtreledomandecuidevonorisponderelostorico,ilsociologoeilpolitico. Non chiudendosi nella torre d’avorio della statistica e neppure nella brillante scappatoia dell’aneddoto, ma cogliendo i nessi fondamentali che legano il fenomeno del banditismo allerealimotivazionisociali. Il ribelle e il suo mito Ribelleècoluichesicontrapponeallarealtàchelocirconda,cherifiutadiaccettarlain quantotalecomeuntuttoobbligatoriamenterazionale,chedicedino. Aquestolivellodellanostraindagine,siamodifronteallarivoltaindividuale.Ilribelleè l’individuoisolatochesialzacontrolasocietàchel’opprimeecollocailsuogestonelmodo chepiùcredeopportuno.Sgombriamosubitoilcamminodatendenzioseletturedidestra di quanto andremo dicendo. L’individualismo reazionario e borghese è fenomeno storico benindividuabileedèstato,giustamente,collegatodaisuoisostenitoriadunamatricege- netica e biologica, per cui la teoria della razza ne diventa un corollario. L’individualismo rivoluzionarioproletarioèlegatoadun’interpretazionestoricisticadell’uomo,comefeno- meno storico, emergente da una situazione precisa di contrasto di classe, da una precisa presadicoscienza.Ildibattitotraindividualismorivoluzionarioecomunismononavrebbe ragione di esistere qualora si avesse la calma e la rettitudine per riconoscere che non si trattadiunproblemadiqualitàmasolodiquantità.Cispiegheremomegliopiùavanti. L’individualismorivoluzionario,secondolatradizionepuradiquestotermine,cioèquel- laanarchica,èunaconcezionepraticaaventeperbaseilpostulatocheognisingolaunità umanahalafacoltàditradurreinpraticadasola,nellavitaquotidiana,lateorialibertaria. Allabasediquestoprincipiosidevecollocareciòchegliindividualistiintendonoperfatto individuale. ScriveÉmileArmandaquestoproposito:«Nonostanteeadispettoditutteleastrazioni di tutti gli enti laici o religiosi, di tutti gli ideali gregari, alla base delle collettività, delle società,delleassociazioni,delleagglomerazioni,delleentitàetniche,territoriali,economi- che, intellettuali, morali, religiose, si trova l’unità-persona, la cellula-individuo. Senza di questa,quellenonesisterebberoaffatto.Invanocisiobbietteràchesenzamezzosocialeo societario l’individuo-cellula non potrebbe né esistere né svilupparsi. Non soltanto ciò è assolutamente inesatto nel senso letterale della parola, in quanto l’uomo non ha sempre vissutoinsocietà,mapuresaminandoilproblemasottoisuoivarimoltepliciaspettinon si potrà in alcun modo prescindere da questa constatazione: che senza individui, non vi 6 può essere ambiente sociale o societario. È l’essere umano che è l’origine, il fondamento dell’umanità.L’individuohapreesistitoalgruppo,ciòèanchetroppoevidente.Lasocietà è il prodotto di addizioni individuali». (Iniziazione individualista anarchica, tr. it. Firenze 1956,p.33). Per chi voglia affrontare seriamente il problema del banditismo sociale, condizione es- senziale è di chiarire in profondità il rapporto tra individuo singolo e società, e quindi il rapportotraribelleesocietà. Il ribelle non è un asceta, la mortificazione della carne gli ripugna. È un passionale, un uomo che si salva dalla schiavitù delle passioni ammettendole e valutandole nei loro aspettipositivi.Perquestoèunuomoautonomo,inquantosiassume,davantiasestesso, leproprieresponsabilità.Avendofattounasceltaeglièlibero. Continua Armand: «L’individualista non è né giovane né vecchio! Ha l’età ch’egli si sente. E finché gli rimane una goccia di sangue nelle vene, combatte per conquistare e consolidareilsuopostoalsole.Nonsiimpone,manonvuolecheglialtriglisiimpongono. Ripudiaipadronieglidèi.Saamare,esaravvedersi.Traboccadiaffettoperisuoi,quelli del“suo”mondo,mahainorrorei“falsifratelli”.Èfieroedhacoscienzadellasuadignità personale.Siplasma,siscolpisceinteriormenteereagisceesteriormente.Siraccoglieesi prodiga.Nonsicuradeipregiudiziesibeffadi“quellochesidirà”».(Ib.p.38). Occorre ovviamente distinguere tra banditi sociali e persone che si trovano di fatto a compiere atti fuorilegge ma non hanno acquisito la coscienza per farlo, semplicemente sonotrascinatidagliavvenimenti. Ecco, pertanto, cadere uno dei primi motivi del contrasto tra dottrina rivoluzionaria dell’individualismoedottrinarivoluzionariadelcomunismo.Èstraordinariocomeunrea- zionario,EttoreZoccoli,magistratoeautorediinteressantiricerchesuStirnereNietzsche, abbia capito questo punto. Così, infatti, scrive in un rarissimo libretto: «La distinzione chesifadisolitotraindividualismoanarchicoecomunismoanarchicoè,perbuonaparte, illusoria. Il punto di partenza è sempre lo stesso: svegliare nell’individuo una coscienza dell’estralegalità, al punto di permettergli di concepire ogni atto individuale, indipenden- tementedallasanzionecheloattendenell’ordinamentodellasocietàcostituita.Chel’indi- viduo,poi,suppongacomerisultatodellasuaazionediavercontribuitoalconseguimento dellapiùsfrenataautonomiapersonale,oallaconsolidazionedellebasifondamentalidiun ordinamentocomunisticofuturo,benpocoimporta.Tanto,tuttiglianarchicisonoiprimi a sapere, quantunque abbiano di continuo interesse a dimenticarsene, e a non lasciarlo neppur supporre agli iniziati, che non appena la loro azione produce qualche strappo al- la legalità, tosto l’ordine turbato si ricompone, con la stessa legge fatale, con la quale si ricompongonoinequilibrioleacquerottedallapruadiunanave.Lastaticasociale,nella sommadellesueleggicomplesse,èprovvedutadienergievincitricidiperturbazionianche molto violente, purché transitorie. La continuità dello svolgimento storico normale non potrebbeesseresensibilmenteinterrottachedaunaanalogacontinuitàdiazioneopposta. L’anarchianonhamai,népotràmaiaveretalecontinuità.Quindiilsuppostofineultimo, 7 alqualetendel’anarchia,dev’essere,dinecessità,riportatoatantolontanascadenza,che la divergenza tra gli individualisti ed i comunisti anarchici non è affatto sensibile, né nel momento delle loro premesse teoriche, né durante il commento pratico e di fatto di tali premesse, compiuto per mezzo della loro delinquenza storica». (I gruppi anarchici negli StatiUnitiel’operadiMaxStirner,Modena1901,pp.165-167). Il passo del preoccupatissimo magistrato è quanto mai interessante, come molte altre cosediZoccoli,semprestudiososerissimoeattento,perquanto,comesièdetto,estrema- mente reazionario. È interessante perché ci consente di collocare il ribelle individualista all’internodiunanecessariastrategiadiribellionesociale.Ancora,èimportanteperchéci spiega come la dottrina anarchica – nelle sue versioni – tenda a svegliare nel singolo la coscienzadell’extralegalità.IlsensopeggiorativodatodaZoccoliaquestoterminenonde- veturbarci.Selalegalitàèquelladellosfruttamentoedelgenocidio,selalegalitàèquella della dittatura in nome di un capo o in nome di un’idea, per quanto bellissima; allora il risveglio della coscienza dell’extralegalità significa il risveglio dell’impegno dell’uomo di distruggere la legalità della morte per costruire quella della vita, una nuova legalità sen- za leggi, una nuova dimensione senza bandiere e senza frontiere, senza padroni e senza sfruttati. Ecco in che senso diciamo che Zoccoli, per quanto reazionario, può essere una interessantelettura.TerzopuntochericaviamodalleannotazionidiZoccoli:nonc’èdiffe- renzachel’individuoagisca,all’internodellanuovacoscienzaextralegale,tenendoconto dellaconsolidazionediunnuovoordinamentosocialeotenendocontodell’accrescimento dellasuapersonalitàdiindividuo. In effetti il concetto di individuo non si può separare dal concetto di organizzazione. L’individuo, pur nella sua solitudine, è sempre un’organizzazione: se non altro un’orga- nizzazionebiologicaeun’organizzazionediconoscenzeculturali,fruttodiuncondensato esperienzialestorico.Mettendodapartel’aspettobiologico,lapresenzadiquestoembrio- neorganizzativolodifferenziadalbruto.Quandopoil’individuohaacquistatolacoscienza di ribellarsi contro uno stato di cose che lo opprime e che ritiene ingiusto e parziale nei propri confronti (cioè quando si è reso cosciente di essere sfruttato e di contribuire al- losfruttamentodeglialtri),alloradiventaun’organizzazionespecifica,chepuòsenz’altro sommarsiallealtreorganizzazioniindividualidandovitaadorganizzazionipiùcomplesse, masemprelontanedall’autorità. Difronteall’interpretazioneindividualista,sicollocanoiteoricichepredicanoilpiùri- goroso determinismo organizzativo – sempre su base libertaria –, oppure i teorici che si preoccupanodidettare,informapratica,lecondizionicherendonopossibileun’organizza- zionemilitantechenonsipongacomefineilperpetuarsidisestessaoilconcretizzarsiin un’autorità;ma,alcontrario,ladistruzionediogniformadipotere.CosìscriveMalatesta: «L’organizzazione,chepoinonèaltrochelapraticadellacooperazioneedellasolidarietà,è condizionenaturale,necessariadellavitasociale:èunfattoineluttabileches’imponeatut- ti,tantonellasocietàumanaingenerale,quantoinqualsiasigruppodipersonechehanno unoscopocomunedaraggiungere.Nonvolendoenonpotendol’uomovivereisolato,anzi 8 nonpotendoessodiventareuomoveramenteesoddisfareisuoibisognimaterialiemorali senonnellasocietàecollacooperazionedeisuoisimili,avvienefatalmentechequelliche nonhannoimezziolacoscienzaabbastanzasviluppataperorganizzarsiliberamentecon coloro con cui hanno comunanza d’interessi e di sentimenti, subiscono l’organizzazione fatta da altri individui, generalmente costituiti in classe o gruppo dirigente, allo scopo di sfruttare a proprio vantaggio il lavoro degli altri. E l’oppressione millenaria delle masse dapartediunpiccolonumerodiprivilegiatièstatasemprelaconseguenzadell’incapacità dellamaggiorpartedegliindividuidiaccordarsi,diorganizzarsiconglialtrilavoratoriper la produzione, per il godimento e per la eventuale difesa contro chi volesse sfruttarli ed opprimerli».(“L’organizzazione”,in“IlRisveglio”,15ottobre1927). In Malatesta la preoccupazione organizzativa non è finalizzata a se stessa, ma è vista comeunicomezzopercostruireconchiarezzaunmovimentodibasecapacediscuotereil potere. Abbiamoquindiunaconcezioneindividualistacheproponel’assenzadell’organizzazio- ne–dentrocertilimiti–eunaconcezioneorganizzativacheinvecelaricercaenedesigna le caratteristiche. In definitiva, tra le due concezioni non esiste, da questo punto di vista, molta differenza in quanto, come abbiamo detto, anche l’individuo è un’organizzazione. Risulta poi naturale che gli individualisti parlino di associazione ispirandosi a Stirner e alla sua società di egoisti. Partendo da questa prospettiva molte cose risultano chiare ri- guardoallafiguradelribelle.Vediamodiaccennarealcuniproblemistoriciprecisiecome siapossibilerisolverli. Prendiamo l’uccisione di Umberto I. Il problema tanto dibattuto se Bresci era solo o aveva un preciso mandato da parte dei compagni di Paterson, non ha ragione di esiste- re. Un infelice librettucolo di cui non vale la pena nemmeno di citare la fonte, dovuto al pennivendoloPetacco(lostessocheharealizzatoperN.S.latelevisioneunserviziosuPe- trosinoelamafiasiciliana),pubblicatodaMondadori,indicaconunasicurezzainfondata cheBrescierastatoinviatodaglianarchiciitalianiresidentiinAmericapervendicarel’ec- cidio di Bava Beccaris. Tutte chiacchiere inutili. Ammettiamo che l’individualista Bresci, contatiisuoirisparmi,acquistiunbiglietto(sibadibenedisolaandata)perl’Italiae,insie- mealbiglietto,unabellapistola.Operaiointegerrimoeamatissimofiglio,ilnostroBresci compietranquillamentelatraversataecogliendol’occasionedeigiuochiginnici,uccidea rivoltellate il mostro sanguinario che si fregiava del titolo di re buono e che aveva addi- ritturapromossogeneraleBavaBeccarisperl’eccidiodiMilano.Ineffettil’analisipolitica checondusseBresciall’attentatoeall’uccisionedelreeraesatta.Potevabenissimoessere formulataeattuatadaun’organizzazionepiùcomplessa,comeilmovimentoanarchico,in- vece di essere pensata, oltre che realizzata, da un solo individuo. Il momento psicologico epoliticoerabencolto:lemassepopolarireagironopositivamente,inmododiversodalla borghesia, e al processo si dovette ricorrere a misure di grande emergenza per impedire sommosse e sollevazioni. In carcere, dopo appena un anno Bresci venne soppresso allo scopodinonalimentaretentazionidinessungenerenelpopolo.Nell’uccisionedelrebuo- 9 no, quindi, nessuna differenza tra l’azione di un movimento organizzato e l’azione di un singoloanarchicochesiprofessiomenoindividualista. Puòaccaderecertochel’attodelsingolosiacontroproducente–aifinidellapropagan- da e della penetrazione dell’idea nelle masse – perché l’analisi politica che condusse al compimentodiquell’attoerainsufficienteoperchésceltomaleerailmomento.Machici garantiscecheunsimileerrorenonpuòessereanchefattodaunmovimentoodalrappre- sentante di un movimento? Forse che l’accettazione della guerra, da parte di Kropotkin, Graveealtrinotissimicompagni,inoccasionedelloscoppiodelprimoconflittomondiale non fu un grave errore teorico e tattico? (Cfr. J. Maitron, “P. Kropotkine et le manifeste des Seize”, “Actes du soixantesezième congrès des Sociétés savantes”, Rennes 1951, Paris 1951). Vediamounaltroesempio,moltoindicativo.L’attivitàdiSeverinoDiGiovanninell’Ar- gentina degli anni Venti fu segnata da una serie di atti che comunemente vengono defi- niti banditeschi e terroristici: rapine, esplosioni, ecc. Contro la ribellione di Di Giovanni si schierarono i compagni organizzati raggruppati attorno al giornale “La Protesta”. Così scrivevalostessoDiGiovanni:«IneternalottacontroloStatoeisuoipuntelli,l’anarchico chesentesusestessotuttoilpesodellasuafunzioneedeisuoiscopiemanantidall’ideale cheprofessaedellaconcezionechehadell’azione,nonpuòmoltevolteprevederechequel- la valanga che fra poco andrà a far rotolare per la china dovrà necessariamente urtare il gomitodelvicinoinastrattivacontemplazionedellestelleocalpestareuncallodiunaltro ches’impuntainnonsmuoversiavvengaquellocheavvengaintornoalui.Èl’inevitabile della lotta che lui non cerca a bella posta, ma che per un cumulo di casualità attraver- sa il suo cammino e fa succedere la nota violenta. Non valgono a riparare l’inevitabile le soliterecriminazioni,i“distinguo”,leserenatealpianto,lealambiccazionid’azzeccagarbu- gli,lesolitemaledizionieiripudi:sesulcamminodobbiamocorrere,nonpossiamofarlo sorrettieintralciatidaunfalsosentimentalismoimproduttivosenzaostacolareciòchesi vuolecondurreaterminedell’energicarivolta».(CitatoinO.Bayer,SeverinoDiGiovanni. L’idealista della violenza, tr. it. Pistoia 1973, p. 81). E l’azione di Di Giovanni, per quanto terribileesanguinosa,nonfumaidirettaacolpireciecamentequalsiasipersonaalloscopo dideterminareunatensionefavorevolesoltantoalpotereeallasuapoliticaterroristicadi consolidamento.L’azionediDiGiovannifuguidatadaunprecisoragionamento:attaccare i centri nevralgici del potere onde spingere la massa a prendere l’iniziativa e a orientarsi versol’obiettivorivoluzionario.InquesteazioniDiGiovannitennesemprepresentelasi- tuazionegeneraledellemasse,mentrespessolosiaccusòdinonavernetenutocontoedi avere contribuito a giustificare l’attacco del potere contro il movimento. In effetti non si può ragionare in questo modo: la repressione annienta un movimento rivoluzionario so- lo quando quest’ultimo è già morto in quanto gli è venuta a mancare la sua componente essenziale,quelladell’attaccodirettoalpotere;alcontrario,quandoquestaesiste,larepres- sionenonpuòuccidereilmovimento,puòsolovivificarloespronarloadazionisemprepiù consequenzialiemassicce. 10

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