Moretti &V itali editori Cras iterabimus aequor -----"-=~--- "'---~=- 5 "Atque" Materiali tra filosofia e psicoterapia Rivista semestrale 3 Maggio 1991 Redazione: R. Bodei, M. Ferrara, A.M. Iacono, P.F. Pieri, G. Trip pi, S. Vitale. Direzione: Via del Loretino, 27 - 50135 Firenze - Tel. 055/690923 (il giovedl, ore 9 - 13). Collaborano l tra gli altri: L. Aversa, A. Barchiesi, M. Bianca, M. Ce ruti, U. Galimberti, A.G. Gargani, E. Ghidetti, M. La Forgia, M. Lavagetto, L. Lentini, G. Maffei, S. Moravia, S. Natoli, F. Petrella, M. Rossi Monti, A. Ruberto, C. Sini, E.V. Trapanese, M. Trevi, D. Zolo. Segreteria l di redazione: Piero Fidanza. Registr. del Tribunale di Firenze n. 3944 in data 28-2-1990. Direttore responsabile: Paolo Francesco Pieri. Progetto grafico: Barbara Vitali. 6 abbonamento 1991: Italia L. 25.000, Estero $ 25; c/c postale n. 111962 43 intestato a Moretti & Vitali Editori, viale Vittorio Emanuele 67, 24100 Bergamo. ··---~~~~----··~------~--~-- --------·------- -----~------- 7 INDICE Nota editoriale, LA MISURA DELLA DIFFERENZA p. 9 Carlo Sini, LA QUARTA CASELLA p. 11 Carlo Tullio-Altan, DELIRIO E ESPERIENZA SIMBOLICA p. 23 Sergio Vitale, LA COSCIENZA DELLA SIMULTANEITÀ p. 33 Eugenio Borgna, I CONFINI IO-MONDO NELLA WHANSTIM- MUNG p. 43 Mario Rossi Monti, IL DELIRIO TRA SCOPERTA E RIVELA- ZIONE p. 55 Maurizio Ferrara, LA TRAMA p. 67 Gianfranco Trippi, PERDITA DI SÉ E PERDITA DEL MONDO NELL'ESPERIENZA PSICOTICA p. 81 Giuseppe Maffei, FONDAMENTI DELL'APPARATO PER PEN- SARE I PENSIERI p. 105 Salvatore Natali, LO SPAZIO DELLA FILOSOFIA p. 125 Indice degli autori p. 143 9 LA MISURA DELLA DIFFERENZA Pensare la conoscenza, per indagarne le forme, i processi, i limiti; riflet tere criticamente sui suoi presupposti, le finalità, gli esiti; attraversare i domi nii entro cui si esercita, per svelare le trame delle implicazioni, dei rimandi e delle contraddizioni che va inevitabilmente costruendo. Questo il compito che non può venire mai meno se vogliamo che la conoscenza non si trasformi nella parodia di se stessa, chiudendosi - mentre celebra in apparenza i suoi trionfi - nel cieco universo dell'ovvio e delle certezze. Opponendosi all'idea, per lunghi tratti dominante nella cultura filosofi ca e scientifica dell'Ottocento, del sapere inteso come rispecchiamento di un ordine costituito a priori, il pensiero contemporaneo, attraverso le voci di alcuni dei suoi maggiori protagonisti (si pensi ad autori come Wittgenstein, Musi!, SchOnberg, Kafka) ha ribadito con forza la necessità di tenere conti nuamente in scacco la conoscenza, per intralciarne il cammino verso il sogno rassicurante di una verità già data, che si lascia svelare progressivamente. Ai nostri giorni, quella che si presenta come il /rutto di questa tensione non può essere certo definita nel giro di poche frasi; ciò che comunque si può dire con una certa "sicurezza" è che appare dotato sempre di minor sen so il parlare, almeno per quel che riguarda l'ambito delle cosiddette scienze umane, di verità valide al di fuori del discorso che le ha enunciate, trasferibi li in qualità di certezze all'esterno del programma entro cui sono state conce- 1 pite, per rischiarare i più disparati angoli di quanto chiamiamo realtà. L'idea della conoscenza come espressione di una legalità naturale trova sempre più spesso a fronteggiarla l'idea della conoscenza come costruzione, in grado di condurre al sapere di un oggetto nel momento stesso in cui si di mostra capace di procedere al suo allestimento. Liberata dalle ipoteche di un pensiero scientifista e logicizzante, la no- 10 zione di verità non può essere tematizzata in modo disgiunto dall'idea di fin zione. Non perché la verità sia la negazione o l'opposto della finzione; ma proprio perché-è stato "osseroato" - al concetto di verità si intreccia in dissolubilmente l'atto della finzione che accompagna alla base qualsiasi atti vità immaginativa. In questo senso, ogni acquisizione del sapere costituisce in sé un falso, non tanto in relazione allo specifico programma di ricerca di quel sapere (immune per definizione dalla propria falsità), quanto rispetto a programmi di verità di quegli altri saperi concomitanti e concorrenti che vengono contemporaneamente a dischiudersi ed a cui la stessa acquisizione è legata in varie forme. Se de-lirio è il venir ad essere di un sistema coerente ed organizzato ed insieme di un uomo e di un mondo assolutamente conosciuti, lo stato d'ani mo delirante - che possiamo cogliere precedentemente e successivamente al delirio - è emblematico dell'assenza di un sistema (la designazione di un ''nulla'') insieme all'estraneità da sé e dal mondo. Massimo grado di conosci bilità nel primo caso e massimo grado di inconoscibilità nel secondo. Discende da queste considerazioni il problema dell'incontro colla que stione della misura dell'alterità. Pacifica nientificazione dell'alterità nel de lirio, attraverso il venirsi ad insediare di una conoscenza assoluta, e pertur bante centralità di "altro" nell'accadimento del non-sapere. In entrambe le condizioni non si fa esperienza del conflitto con l'alteri tà ma si confligge con l'alterità stessa. Paradossalmente, inquesti due modi di essere totalmente calati nella situazione, si assiste al farsi di una guerra distruttice dell'alterità nel primo caso, e ad un fare "nulla" che, però, vuol dirsi "paci-fico". Sul venire ad essere di questo "nulla" ed alla misura di tolleranza della "differenza" e dell"'alterità" è dedicato questo fascicolo. 11 LA QUARTA CASELLA Carlo Sini C'è il delirio; c'è la conoscenza; e c'è la conoscen za del delirio. È tutto? non c'è altro? Manca qualco sa. Una casella è rimasta vuota. Sta ll sotto gli occhi, nella più palese evidenza, ma - strano - non ci si fa caso, nessuno ci bada e, nessuno ne parla: manca il delirio della conoscenza. E di questa casella dimen ticata e, per cosl dire, rimossa che vorrei occuparmi qui. A che gioverà questo proposito? Al delirio, alla conoscenza, alloro rapporto, o a un'altra cosa anco ra? Ma si dovrebbe allora domandare: giova poi assu mere sin dall'inizio la prospettiva di questo mondo? La prospettiva non ha già deciso troppo e non è ma gari proprio a essa che risale quell'oblio dal quale sia mo partiti? Sospendiamo dunque ogni domanda per concentrarci su quest'unica: che può voler dire "de lirio della conoscenza?'' A che allude l'espressione che completa la combinatoria formale dei quattro termi ni in gioco, disponendoli in questo modo nella quar ta casella, solitamente trascurata? Delirio e conoscenza sono ovviamente cose di verse. Anzitutto perché delirare non è propriamente conoscere, anche se il delirante fa certamente espe rienza di qualcosa. Tanto bene i greci lo sapevano, che essi distinguevano l'esercizio di due funzioni, con nesse e però differenti: un conto è la mania in cui ca de l'oracolo o il sacerdote e l' officiante del Dio; un 12 altro è l'interpretazione, l'esegesi, che spiega (o cerca di spiegare) ciò che la delirante mania ha visto, ha enunciato e ha reso palese. Solitamente queste due funzioni, che si susseguono, sono assunte da differenti persone. Colui che incontra il Dio, che si fa vaso del la sua parousia e presta la lingua alla sua parola (per es. il sacerdote di Apollo e, in senso originario, il poe ta), non sa quel che dice, non ne ha giudizio, talora neppure ricordo, cioè non ne possiede il significato e, in questo senso, non lo conosce. A conoscerlo è l'al tro, l'esegeta, che arrischia l'interpretazione. Egli tra sferisce sul piano della conoscenza il vissuto non co noscitivo della mania (e proprio per ciò può cadere in errore). Ma anche il vissuto è un trasferimento, poi ché traduce in segni umani il divino. Trasferimento, si potrebbe dire, che non è, o non rischia, l'errore (il quale compete solo al giudizio, alla congruità dei si gnificati), ma che incarna costitutivamente un erra re, un andar vano o vaneggiante. Il Dio infatti non ha bisogno di parole e di mania pro/etica. Lo sguardo di Apollo tutto vede in un istante; non possiede ma è la verità. Questo sguardo che abbacina, atterrisce e fa impazzire il mortale non è per l'uomo sopporta bile. Non può comprenderlo, una volta che ne sia com preso, investito. Per questo Apollo è anche munito di arco, di frecce e di faretra. Egli cioè manda segni ai mortali, in forma di parole, pronunciate in condi zione di delirante mania, e poi interpretate e cioè tra dotte in significati conoscibili 1. Doppio trasferimen to, doppio trans/ert della verità. Il delirio è (appare, phainetai); la conoscenza co nosce (il delirio). Che qualcosa è, accade, è il presup posto perché possa esercitarsi il conoscere: nessuna conoscenza senza l'incomprensibile, enigmatico, de lirante esser-ci. Il delirio contorna la conoscenza, la delimita come l'inquieto oceano circonda minaccioso l'isola precaria della terra ferma; insieme poi la moti-