"Di una cosa sono sicuro: tutta la gente della mia vita di scrittore, tutti i miei personaggi si ritrovano in questa mia prima opera. Di me non c'è piú niente, solo il ricordo di vecchie camere da letto, e il ciabattare di mia madre verso la cucina". Cosí John Fante, poco prima di morire, scrive del suo primo romanzo "Aspetta primavera, Bandini", il libro che dava inizio alla saga di Arturo, e forse il piú struggente ritratto familiare della letteratura americana.
Arturo Bandini ha 14 anni, abita in America, in uno sperduto paesino sulle montagne e possiede una slitta. Per il resto avrebbe preferito chiamarsi John, e di cognome, al posto di Bandini, Jones. Sua madre e suo padre sono italiani immigrati, ma lui avrebbe preferito essere americano. Poi c'è nonna Toscana che considera il genero Svevo, padre di Arturo, un mezzo fallito e la figlia Maria una povera pazza perché lo ha sposato. I Bandini non se la passano bene, anzi: non c'è proprio nulla di quel che accade sotto gli occhi sognanti del piccolo Arturo che non porti il segno di un'atavica, metafisica, inguaribile fame italiana. Tanto che nel mazzetto di parole americane che circolano in famiglia, l'espressione 'chiedi se ti fa credito' è di gran lunga la piú usata. Tragedia, o ancor meglio, commedia dell'immigrazione e dello spaesamento, delle radici e della smania di libertà, "Aspetta primavera" è il romanzo della riconciliazione col mondo delle proprie tradizioni e, al tempo stesso, l'eroico tentativo di congedarsene.