"Poeta maledetto" per antonomasia, Arthur Rimbaud fece a pezzi tutte le convenzioni sociali e letterarie del tardo Ottocento. Anima sovversiva ed 'enfant prodige', attraversò come una meteora decadentismo, simbolismo e surrealismo contribuendo a produrne le espressioni più nobili e rivoluzionarie. Scrisse poesie dai 15 ai 19 anni anni, denigrò il perbenismo del suo paese natale, scappò di casa, sfidò le istituzioni, indignò e sconvolse gli ambienti letterari del tempo, sbeffeggiò la borghesia, attaccò la religione, sconfessò la morale, instaurò una relazione scandalosa col poeta Verlaine, ripudiò i canoni formali della poesia, partecipò (forse) alla Comune parigina, vagabondò per mezza Europa e teorizzò la funzione sociale del 'poeta veggente'. All'improvviso abbandonò la poesia e gli ideali di «cambiare la vita» rinnegandoli per sempre e s'imbarcò per l'Africa dove la dura vita da commerciante lo portò a una morte prematura. Nacque così la Leggenda. Sconosciuto ai più, noto soltanto a ristrette élite di intellettuali, la fama di Rimbaud prese ad ingigantirsi a dismisura in una marcia travolgente che arriva fino ai giorni nostri, nume tutelare di avanguardie, intellettuali e artisti ribelli. Agli albori del terzo millennio l'astro di Arthur Rimbaud continua ad avvampare imperioso, tuonando furiosamente, non scalfito dalla patina del tempo, monito e speranza per chi ancora è in cerca di una inimmaginabile alternativa.
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