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Artemis Fowl: Il Codice Eternity PDF

185 Pages·2003·0.74 MB·Italian
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EOIN COLFER ARTEMIS FOWL IL CODICE ETERNITY (Artemis Fowl. The Eternity Code, 2003) Alla famiglia Power con sincero affetto. PROLOGO ESTRATTO DAL DIARIO DI ARTEMIS FOWL. DISCHETTO 2. IN CODICE. Nel corso degli ultimi due anni gli affari da me intrapresi hanno prospe- rato senza interferenze da parte dei miei genitori. In questo periodo ho venduto le Piramidi a un magnate occidentale, falsato e messo all'asta i diari perduti di Leonardo da Vinci, e sottratto al Popolo un consistente quantitativo d'oro. Ma la mia libertà d'azione è ormai agli sgoccioli. Men- tre scrivo, mio padre si trova in un ospedale di Helsinki, in convalescenza dopo due anni di prigionia nelle mani della Mafia russa. In seguito alle dure prove subite non ha ancora ripreso conoscenza, ma presto si sveglie- rà e tornerà a dirigere l'impero criminale Fowl. La presenza in casa dei miei genitori mi renderà impossibile proseguire apertamente le mie varie imprese illegali. In precedenza questo non sa- rebbe stato un problema, poiché mio padre era perfino più criminale di me, ma ora mia madre è decisa a rimettere i Fowl sulla retta via. Comunque ho ancora tempo per un ultimo lavoretto. Qualcosa che mia madre non approverebbe. E neanche il Popolo, credo. Ragion per cui evi- terò di parlargliene. PARTE PRIMA ATTACCO CAPITOLO I IL CUBO EN FIN, KNIGHTSBRIDGE, LONDRA Artemis Fowl era quasi soddisfatto. Da un giorno all'altro suo padre sarebbe stato dimesso dall'ospedale di Helsinki. Quanto a lui, già pregustava un pranzo sopraffino da En Fin, il miglior ristorante di pesce di Londra, e il suo contatto d'affari sarebbe arrivato a momenti. Tutto secon- do il piano. Il suo guardaspalle, Leale, non era altrettanto rilassato. Come al solito, del resto: non si diventa uno degli uomini più pericolosi del mondo la- sciando la guardia abbassata. Il robusto eurasiatico si mosse rapido fra i tavoli del ristorante, sistemando gli abituali congegni di sicurezza e con- trollando le vie di fuga. «Hai messo i tappi nelle orecchie?» chiese al suo datore di lavoro. Artemis sospirò, paziente. «Sì, Leale. Anche se difficilmente potremmo correre pericoli qua dentro. Si tratta di una riunione di lavoro perfettamen- te legale, e per giunta in pieno giorno.» I tappi per le orecchie erano in realtà filtri sonici spugnosi, smontati da- gli elmetti della Libera Eroica Polizia, la LEE Leale si era procurato gli elmetti, un vero capolavoro di tecnologia elfica, poco più di un anno pri- ma, quando uno dei piani di Artemis lo aveva costretto a scontrarsi con una squadra della LEPrecupero. Le spugne erano allevate nei laboratori della LEP ed erano dotate di piccole membrane porose che si autosigilla- vano appena i decibel superavano il livello di sicurezza. «Forse hai ragione, Artemis, ma gli assassini sono specializzati negli at- tacchi a sorpresa.» «Forse» replicò Artemis, studiando il menu. «Ma chi potrebbe avere un motivo per ucciderci?» Leale scrutò con aria feroce, come per accertarsi che non stessero com- plottando qualcosa, i commensali seduti agli altri tavoli del ristorante. Una doveva avere minimo ottant'anni. «Potrebbero non avercela con noi. Jon Spiro è un uomo potente. Ha già mandato in bancarotta parecchie compagnie concorrenti. Potremmo essere semplici vittime occasionali.» Artemis annuì. Come sempre Leale aveva ragione... il che spiegava co- me mai erano ancora vivi. Jon Spiro, l'uomo d'affari americano che stava per incontrare, era il tipo d'uomo che attira i proiettili. Un miliardario dal passato oscuro e presunti collegamenti col crimine organizzato. Correva voce che la scalata al vertice della sua compagnia, la Fission Chips, fosse avvenuta rubando ad altri i risultati delle loro ricerche. Nessuna prova, naturalmente... non che il procuratore distrettuale di Chicago non ci avesse provato. E a più riprese. Una cameriera si fermò accanto al loro tavolo con un sorriso smagliante. «Buongiorno, giovanotto. Vuoi che ti porti il Menu dei Piccoli?» Una vena cominciò a pulsare sulla tempia di Artemis. «No, mademoiselle, non voglio affatto il Menu dei Piccoli. Anche se non ho dubbio che la carta su cui è scritto abbia un sapore migliore dei piatti proposti. Quel che vorrei è ordinare à la carte. O non servite pesce ai mi- norenni?» Il sorriso della cameriera si restrinse di un paio di molari. Il vocabolario di Artemis faceva quell'effetto alla maggior parte delle persone. Leale chiuse gli occhi. E poi il ragazzo si chiedeva chi avrebbe voluto ucciderlo? Tanto per cominciare, la maggior parte dei camerieri e dei sarti d'Europa. «Sì, signore» balbettò la sfortunata ragazza. «Come preferisce.» «Quello che preferirei è una frittura di squalo e pesce spada, con un con- torno di verdure e patate novelle.» «E da bere?» «Acqua sorgiva. Irlandese, se l'avete. E senza ghiaccio, dal momento che il vostro ghiaccio sarà senza dubbio acqua di rubinetto congelata, il che farebbe venir meno lo scopo dell'acqua sorgiva.» La cameriera si affrettò a tornare in cucina, ansiosa di sfuggire al ragaz- zino pallido del tavolo sei. Una volta aveva visto un film sui vampiri, e il non-morto aveva lo stesso sguardo ipnotico. Forse il ragazzo parlava come un adulto perché in realtà aveva cinquecento anni. Felicemente ignaro dello sgomento causato, Artemis sorrise pregustando il pranzo. «Avrai un successone, ai balli della scuola» commentò Leale. «Prego?» «Quella povera ragazza era quasi in lacrime. Un po' di gentilezza non guasterebbe, di tanto in tanto.» Artemis lo fissò stupito. Di rado Leale esprimeva la sua opinione su fac- cende personali. «Non mi ci vedo, ai balli della scuola.» «Non è questo il punto. Mi riferivo alle tue capacità di comunicazione.» «Comunicazione?» sbuffò il giovane Fowl. «Dubito che esista un adole- scente con un vocabolario all'altezza del mio.» Leale stava per spiegargli la differenza fra parlare e comunicare quando la porta del ristorante si aprì. Ed entrò un ometto abbronzato, affiancato da un vero e proprio gigante. Jon Spiro, completo di guardia del corpo. Leale si chinò sul suo principale. «Attento, Artemis» gli sussurrò all'o- recchio. «Conosco di fama quello grosso.» Spiro si fece strada fra i tavoli a braccia tese. Era un americano di mezza età, magro come uno stecco e di poco più alto di Artemis. Negli anni Ot- tanta si era occupato di compagnie di navigazione; negli anni Novanta a- veva accumulato una fortuna in Borsa. E adesso si occupava di telecomu- nicazioni. Come sempre indossava un completo di lino bianco, e fra polsi e dita aveva abbastanza gioielli da ricoprire d'oro il Taj Mahal. Artemis si alzò in piedi per accoglierlo. «Bene arrivato, signor Spiro.» «Salute a te, Artemis Fowl Junior. Come te la passi?» Quando Artemis gli strinse la mano, i gioielli rumoreggiarono come la coda di un serpente a sonagli. «Bene. Sono lieto che sia potuto venire.» Spiro s'impossessò di una sedia. «Se Artemis Fowl mi telefona per farmi una proposta, corro a vedere di che si tratta anche dovessi camminare sul fuoco.» I due guardaspalle si squadrarono apertamente. L'unica cosa che aveva- no in comune era la mole. Leale era l'immagine stessa dell'efficienza a basso profilo: completo nero, cranio rasato, il meno appariscente possibile per un omone di due metri e passa. Il nuovo arrivato aveva i capelli deco- lorati, una maglietta corta all'ombelico e pirateschi cerchi d'argento a en- trambe le orecchie. Di sicuro non voleva essere dimenticato, né ignorato. «Arno Tozz» disse Leale. «Ho sentito parlare di te.» Tozz prese posizione alle spalle di Jon Spiro. «Leale. Uno dei Leale» disse con strascicato accento neozelandese. «I migliori in assoluto, a quanto pare. O così si dice. Auguriamoci di non doverlo mai scoprire.» Spiro rise. Una risata che ricordava una scatola di grilli. «Arno, ti prego. Siamo fra amici. Non è il momento di fare minacce.» Leale non ne era altrettanto sicuro. Il suo sesto senso, localizzato esatta- mente alla base del cranio, ronzava come un nido di vespe. Pericolo in vista. «Allora, mio giovane amico. Passiamo agli affari.» Gli occhi scuri di Spiro erano fissi su Artemis. «In pratica ho sbavato su tutto l'Atlantico. Di cosa vuoi parlarmi?» Artemis aggrottò la fronte. Aveva sperato che gli affari potessero aspet- tare fin dopo pranzo. «Non vorrebbe ordinare, prima?» «No. Ormai non mangio più granché. Pillole e liquidi, soprattutto. Pro- blemi alle budella.» «E va bene.» Artemis piazzò sul tavolo una valigetta di alluminio. «Pas- siamo agli affari.» Aprì la valigetta, rivelando un cubo rosso delle dimensioni di un piccolo giradischi, annidato in un giaciglio di gommapiuma azzurrina. Spiro usò la punta della cravatta per pulirsi gli occhiali. «Che roba è, ragazzo?» Artemis prese il cubo e lo poggiò sul tavolo. «Il futuro, signor Spiro. E con grande anticipo sui tempi.» Jon Spiro si chinò a scrutare il cubo. «A me sembra un fermacarte.» Sogghignando, Arno Tozz lanciò a Leale un'occhiata di sfida. «Le darò una piccola dimostrazione.» Artemis premette un pulsante e il cubo cominciò a ronzare, mentre un paio di lati si ritraevano per mostrare altoparlanti e uno schermo. «Carino» mormorò Spiro. «Mi sono fatto cinquemila chilometri per un minitelevisore?» Artemis annui. «Un minitelevisore, sì. Nonché computer a controllo vo- cale, telefono e pronto soccorso virtuale. Questa scatoletta può leggere videocassette, dischi laser e DVD; andare on line, usare la posta elettroni- ca, inserirsi nei sistemi operativi di qualunque computer. Può perfino ese- guire un'ecografia per controllare il battito cardiaco. Ovviamente è wire- less, e la batteria funziona per due anni.» Fece una pausa perché il suo interlocutore assimilasse l'informazione. Dietro le lenti, gli occhi di Spiro erano grandi come piattini. «Vuoi dire che questa scatoletta...» «... renderà obsoleta qualunque tecnologia esistente. Le sue fabbriche di computer non varranno un soldo.» L'americano respirò a fondo, parecchie volte. «Ma come...?» Artemis rigirò la scatola. Un sensore a infrarossi pulsava lentamente sul retro. «Ecco il segreto. Un Omnisensore. Capace di leggere qualsiasi cosa. E se la fonte è inserita nel suo programma, può anche attaccarsi a qualunque satellite.» Spiro agitò un dito con aria di rimprovero. «Ma questo non è illegale?» «No.» Artemis sorrise. «Non esistono leggi contro una cosa del genere. E non ci saranno per almeno due anni dopo la sua uscita sul mercato. Basta vedere quanto c'è voluto per chiudere Napster.» Sopraffatto, l'americano si prese la faccia tra le mani. «Non capisco. Questo anticipa di anni, no, di decenni la tecnologia at- tuale. E tu hai appena tredici anni. Come hai fatto?» Artemis esitò. Che poteva rispondere? Che sedici mesi prima Leale ave- va sgominato una squadra di agenti LEP e si era impossessato dei loro strumenti di lavoro? E che lui, Artemis, li aveva smontati per costruire quella fantastica scatoletta? Fuori discussione. «Diciamo che sono un ragazzo sveglio, signor Spiro.» Spiro socchiuse le palpebre. «Forse non così sveglio come vorresti farmi credere. Voglio una dimostrazione.» «Mi sembra giusto. Ha un cellulare?» «Certo.» Spiro piazzò il telefonino sul tavolo: l'ultimo modello sfornato dalla Fission Chips. «Presumo che abbia un codice d'accesso?» Spiro annuì con arroganza. «Di cinquecento bit. Il massimo nel suo ge- nere. Non t'inserisci in un Fission 400 senza il codice.» «Vedremo.» Artemis puntò il sensore verso il telefono, e subito sullo schermo appar- vero le interiora del cellulare. «Trasferimento dati?» chiese una voce metallica. «Affermativo.» Il lavoro fu portato a termine in meno di un secondo. «Trasferimento completato» annunciò la voce con una sfumatura compiaciuta. Spiro trattenne il fiato. «Non ci credo. Quel sistema costa venti milioni di dollari.» «Gettati al vento» replicò Artemis, accennando allo schermo. «Vuole chiamare casa sua? Spostare un po' di fondi? Dovrebbe tenere in un posto più sicuro i numeri dei suoi conti correnti.» L'americano rifletté a lungo. «È un trucco» affermò alla fine. «Dovevi già sapere tutto del cellulare. In qualche modo, non chiedermi come, eri già riuscito a introdurti nel si- stema.» «Una conclusione logica» ammise Artemis. «È esattamente quello che sospetterei anch'io. Proponga qualcos'altro.» Gli occhi di Spiro percorsero il ristorante mentre le sue dita tamburella- vano sul tavolo. «Laggiù» disse infine, indicando uno scaffale di videocassette sopra il bar. «Fammi vedere una di quelle.» «Tutto qui?» «Per cominciare basta e avanza.» Arno Tozz frugò con ostentata sollecitudine fra le cassette, e alla fine ne scelse una senza etichetta e la sbatté sul tavolo facendo fare un salto alle posate d'argento. Soffocando l'impulso di sbuffare, Artemis vi poggiò sopra il cubo. Sullo schermo comparve l'interno della videocassetta. «Trasferimento?» chiese la solita voce. Artemis annuì. «Trasferisci, ripulisci e trasmetti.» Ancora una volta, l'operazione fu completata in meno di un secondo. Un vecchio episodio di una serie televisiva inglese comparve sullo schermo. «Qualità DVD» commentò Artemis. «Il Cubo è in grado di eliminare qualunque difetto preesistente.» «Il cosa?» «Il Cubo» ripeté Artemis. «È così che ho chiamato la mia creazione. Piuttosto ovvio, lo ammetto, però appropriato.» Spiro agguantò la videocassetta e la lanciò ad Arno Tozz. «Controlla» ordinò. La guardia del corpo accese il televisore sul bar e inserì la cassetta. Co- ronation Street comparve tremolando sullo schermo: lo stesso telefilm, ma non la stessa qualità di trasmissione. «Convinto?» chiese Artemis. L'americano giocherellò con uno dei molti braccialetti. «Quasi. Ancora una prova. Ho la sensazione che il governo mi tenga d'occhio. Potresti con- trollare?» Dopo una rapida riflessione, Artemis sollevò il Cubo e avvicinò alle lab- bra l'Omnisensore. «Cubo, individua eventuali raggi concentrati su quest'edificio.» La macchina ronzò. «La scia ionica più forte è ottanta chilometri a ovest e proviene da un sa- tellite USA, codice ST1132P, registrato presso la CIA. Tempo di arrivo stimato, otto minuti. Ci sono anche diverse sonde LEP collegate a...» Artemis lo zittì prima che potesse continuare. A quanto pareva, le com- ponenti elfiche del computer erano in grado di rilevare anche la tecnologia del Popolo. Avrebbe dovuto provvedere. Nelle mani sbagliate, quell'in- formazione avrebbe messo in pericolo un'intera civiltà. «Che c'è, ragazzo? Non aveva ancora finito. Cos'è questa LEP?» Artemis scrollò le spalle. «Niente grana, niente informazioni. Un esem- pio è più che sufficiente. Nientemeno che la CIA.» «La CIA, già... Sospettano che venda segreti militari. Hanno modificato l'orbita di uno dei loro uccellini solo per tenermi d'occhio.» «O per tenere d'occhio me» osservò Artemis. «Forse.» Spiro annuì. «Sembri più pericoloso di secondo in secondo.» Arno Tozz ridacchiò sprezzante. Leale lo ignorò. Almeno uno di loro doveva comportarsi da professioni- sta. Spiro fece crocchiare le nocche, un'abitudine che Artemis trovava rivol- tante. «Abbiamo otto minuti, perciò sbrighiamoci a parlare di soldi, ragazzo. Quanto vuoi per la scatola?» Ma Artemis non lo ascoltava, troppo turbato dal fatto che il Cubo avesse individuato le sonde della LEP. Un momento di distrazione, e aveva quasi rivelato l'esistenza dei suoi magici amici esattamente al tipo d'uomo che li avrebbe sfruttati senza pietà. «Prego?» «Ho detto: quanto vuoi per la scatola?» «Per prima cosa, si chiama Cubo. E per seconda, non è in vendita.» Jon Spiro prese fiato. «Non è in vendita? Mi hai fatto attraversare l'A- tlantico per mostrarmi qualcosa che non hai intenzione di vendermi? Si può sapere cos'hai in mente?» Le dita di Leale si curvarono attorno al calcio della pistola infilata nella cintura. La mano di Arno Tozz sparì dietro la schiena. La tensione salì di un altro paio di gradi. Artemis unì la punta delle dita. «Signor Spiro. Jon. Non sono un idiota. Mi rendo conto del valore del Cubo. E so che non ha prezzo. Qualunque cifra possa offrirmi, varrebbe il mille per cento in più nel giro di una setti- mana.» «Allora cosa vuoi, Fowl?» sibilò Spiro. «Cos'è che vuoi vendermi?» «Voglio venderle dodici mesi. Per un prezzo equo, terrò il Cubo fuori del mercato ancora per un anno.» Jon Spiro giocherellò col braccialetto formato dalle lettere del suo nome. Un regalo di compleanno che aveva fatto a se stesso. «Lo terrai fuori del mercato per un anno?» «Esatto. Questo le concederà tempo sufficiente a vendere le sue azioni prima che crollino, e usare i profitti per comprare quelle delle Industrie Fowl.» «Non ci sono Industrie Fowl.» Artemis sogghignò. «Ci saranno.» Leale gli strinse una spalla. Non era una buona idea punzecchiare un uomo come Jon Spiro. Ma Spiro era troppo impegnato a fare calcoli, torcendo il braccialetto come un filo di perline, per fare caso alla frecciata. «Quanto?» chiese alla fine. «Oro. Una tonnellata» replicò l'erede dei Fowl. «È un bel po'.» Artemis scrollò le spalle. «Ho un debole per l'oro. Non si svaluta. Ed è comunque una bazzecola rispetto a quanto potrebbe rimetterci.» Spiro rifletté. Alle sue spalle, Arno Tozz continuò a guardare fisso Lea- le, che dal canto suo continuò a battere le palpebre normalmente: se si fos- se arrivati a uno scontro, avere le pupille secche sarebbe stato uno svan- taggio. Fare a gara di sguardi feroci andava bene per i dilettanti. «Diciamo che le tue condizioni non mi piacciono» disse Jon Spiro. «Di- ciamo che adesso mi prendo questo giocattolino e festa finita.» Il petto di Arno Tozz si gonfiò di un altro centimetro. «Anche se s'impadronisse del Cubo» replicò Artemis sorridendo «non le servirebbe. La tecnologia usata supera di gran lunga le capacità dei suoi specialisti.» Spiro gli rivolse un sorriso truce. «Sono sicuro che prima o poi riusci- ranno a capirla. E anche se ci volessero un paio d'anni, per te non avrà im- portanza. Non dove andrai ora.» «Se andassi da qualunque parte, i segreti del Cubo svanirebbero con me. Tutte le sue funzioni sono codificate sul mio schema vocale. Ed è un codi- ce piuttosto complicato.» Leale fletté le ginocchia, tenendosi pronto a scattare. «Scommetto che i miei uomini riusciranno a decifrarlo. Alla Fission Chips ho radunato una squadra di capoccioni.» «Chiedo scusa se non sono troppo impressionato dalla sua squadra di capoccioni» replicò Artemis. «Finora la Phonetix vi ha sempre battuto.» Spiro scattò in piedi, furibondo. Nel settore telecomunicazioni, la Phonetix era l'unica compagnia le cui azioni fossero regolarmente quotate più di quelle della Fission Chips. «D'accordo, ragazzino, ti sei divertito a sufficienza. Adesso tocca a me. Devo andarmene prima che quel satellite mi localizzi, ma il signor Tozz rimarrà qui.» Diede una pacca alla sua guardia del corpo. «Sai cosa fare.» Tozz annuì. Lo sapeva. E non vedeva l'ora di farlo. Per la prima volta dall'inizio dell'incontro, Artemis si scordò del pranzo e si concentrò totalmente sulla situazione attuale. Le cose non stavano an- dando secondo i piani. «Non dirà sul serio, signor Spiro. Siamo in un luogo pubblico, in mezzo a dozzine di persone. Il suo uomo non può competere con Leale. Se insiste con queste ridicole minacce, sarò costretto a ritirare l'offerta e a mettere subito il Cubo sul mercato.» Spiro piantò le mani sul tavolo. «Ascolta, ragazzino» bisbigliò. «Mi stai simpatico. Ancora un paio d'anni, e potevi diventare uguale a me. Ma ti è mai capitato di puntare un'arma alla testa di qualcuno e premere il grillet- to?» Artemis rimase in silenzio. «No? Come pensavo. Certe volte è solo questione di pelo sullo stomaco. E tu non ce l'hai.» Per la terza volta dal suo quinto compleanno, Artemis si trovò a corto di parole. Fu Leale a rispondere. Le minacce aperte erano il suo campo. «Non tenti di bluffare con noi, signor Spiro. Tozz sarà anche grosso, ma posso comunque spezzarlo come un fuscello. Dopodiché fra lei e me non ci sarà nessuno. E, mi creda, non le piacerebbe.» Il sorriso di Spiro si allargò sui denti macchiati di nicotina. «Quanto a questo, non direi che non ci sarà nessuno.» Leale provò la sensazione di sprofondare. La stessa che si prova quando si hanno una dozzina di armi puntate addosso. Erano caduti in trappola. Incredibile ma vero, Spiro aveva battuto Artemis in astuzia. «Ehi, Fowl» disse l'americano «com'è che il tuo pranzo non è ancora ar- rivato?» Soltanto allora Artemis si rese conto di quanto fossero nei guai. Successe tutto in un baleno. Spiro schioccò le dita, e ogni singolo cliente dell'En Fin estrasse un'arma dalla giacca o dalla borsetta. La vecchietta ottantenne sembrava molto più minacciosa con un revolver stretto nella mano ossuta. Due camerieri armati di mitragliette emersero dalla cucina. Leale neanche ebbe il tempo di tirare il fiato. Le dita di Spiro picchiettarono sulla saliera. «Scacco matto, ragazzino. La partita è mia.» Artemis si sforzò di concentrarsi. Doveva esserci una soluzione. C'era

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