ebook img

Arendt Hannah Sulla Rivoluzione 1963 PDF

412 Pages·2016·2.13 MB·Italian
Save to my drive
Quick download
Download
Most books are stored in the elastic cloud where traffic is expensive. For this reason, we have a limit on daily download.

Preview Arendt Hannah Sulla Rivoluzione 1963

Libreremo Questo libro è il frutto di un percorso di lotta per l’accesso alle conoscenze e alla formazione promosso dal CSOA Terra Terra, CSOA Officina 99, Get Up Kids!, Neapolis Hacklab. Questo libro è solo uno dei tanti messi a disposizione da LIBREREMO, un portale finalizzato alla condivisione e alla libera circolazione di materiali di studio universitario (e non solo!). Pensiamo che in un’università dai costi e dai ritmi sempre più escludenti, sempre più subordinata agli interessi delle aziende, LIBREREMO possa essere uno strumento nelle mani degli studenti per riappropriarsi, attraverso la collaborazione reciproca, del proprio diritto allo studio e per stimolare, attraverso la diffusione di materiale controinformativo, una critica della proprietà intellettuale al fine di smascherarne i reali interessi. I diritti di proprietà intellettuale (che siano brevetti o copyright) sono da sempre – e soprattutto oggi - grosse fonti di profitto per multinazionali e grandi gruppi economici, che pur di tutelare i loro guadagni sono disposti a privatizzare le idee, a impedire l’accesso alla ricerca e a qualsiasi contenuto, tagliando fuori dalla cultura e dallo sviluppo la stragrande maggioranza delle persone. Inoltre impedire l’accesso ai saperi, renderlo possibile solo ad una ristretta minoranza, reprimere i contenuti culturali dal carattere emancipatorio e proporre solo contenuti inoffensivi o di intrattenimento sono da sempre i mezzi del capitale per garantirsi un controllo massiccio sulle classi sociali subalterne. L’ignoranza, la mancanza di un pensiero critico rende succubi e sottomette alle logiche di profitto e di oppressione: per questo riappropriarsi della cultura – che sia un disco, un libro, un film o altro – è un atto cosciente caratterizzato da un preciso significato e peso politico. Condividere e cercare canali alternativi per la circolazione dei saperi significa combattere tale situazione, apportando benefici per tutti. Abbiamo scelto di mettere in condivisione proprio i libri di testo perché i primi ad essere colpiti dall’attuale repressione di qualsiasi tipo di copia privata messa in atto da SIAE, governi e multinazionali, sono la gran parte degli studenti che, considerati gli alti costi che hanno attualmente i libri, non possono affrontare spese eccessive, costretti già a fare i conti con affitti elevati, mancanza di strutture, carenza di servizi e borse di studio etc... Questo va evidentemente a ledere il nostro diritto allo studio: le università dovrebbero fornire libri di testo gratuiti o quanto meno strutture e biblioteche attrezzate, invece di creare di fatto uno sbarramento per chi non ha la possibilità di spendere migliaia di euro fra tasse e libri originali... Proprio per reagire a tale situazione, senza stare ad aspettare nulla dall’alto, invitiamo tutt* a far circolare il più possibile i libri, approfittando delle enormi possibilità che ci offrono al momento attuale internet e le nuove tecnologie, appropriandocene, liberandole e liberandoci dai limiti imposti dal controllo repressivo di tali mezzi da parte del capitale. Facciamo fronte comune davanti ad un problema che coinvolge tutt* noi! Riappropriamoci di ciò che è un nostro inviolabile diritto! csoa a Terra Terra Get Up Kids! Neapolis Hacklab csoa Terra Terra csoa Officina 99 www.getupkids.org www.neapolishacklab.org www.csoaterraterra.org www.officina99.org www.libreremo.org Hannah Arendt Sulla rivoluzione con una nota di Renzo Zorzi Edizioni di Comunità Titolo dell'opera originale On Revolution Copyright © Hannah Arendt, 1963, 1965 (Published by arrangement with The Viking Press) Traduzione dall'inglese di Maria Magrini Copyright © 1983, Edizioni di Comunità, Milano Indice A Gertrud e Karl Jaspers con reverenza, amicizia, amore Nota su Hannah Arendt 1. Hannover, 14 ottobre 1906 - New York, 4 dicembre 1975. Non aveva ancora ventisette anni quando, nel 1933, Hitler prese il potere. Arrivò avventurosamente negli Stati Uniti nel 1941, im barcata a Lisbona con una pattuglia di profughi, alla quale avrebbe dovuto unirsi Walter Benjamin, uccisosi per scoramento alla fron tiera spagnola (ma le aveva in precedenza consegnato la valigia contenente tutti i suoi manoscritti, perché li portasse in salvo), e, come Marcuse o Gropius o Albers, come Fritz Lang o Mies van der Rohe o Grosz, non rivide più l'Europa, se non per brevi, o brevissimi soggiorni. Appartiene dunque interamente alla genera zione dei trapiantati, che non hanno più fatto ritorno. Mai prima di quegli anni era accaduto — il caso della Russia del quindicennio precedente è, almeno in parte, diverso — che un paese di grandi tradizioni intellettuali, come la Germania, si autodecapitasse di quasi tutta la sua intellighenzia, ossessionato da fobie razzistiche e da una così radicale reazione di rigetto per tutto ciò che non fosse irreg- gimentabile e funzionale ai suoi scopi da regalarlo al nemico. Per duto per sempre. Il solo legame non spezzato con gli anni della giovinezza è stato per la Arendt la lingua materna, mai abbando nata, mentre alla Germania ha poi sempre guardato senza indulgen za: "Non posso dire di avere alcuna nostalgia. Di essa non mi resta che la lingua. Ho sempre rifiutato, coscientemente, di per dere là mia lingua materna, e ho sempre mantenuto una certa di stanza sia nei riguardi del francese, che una volta parlavo molto bene, sia in quelli dell'inglese in cui ora scrivo". E altra volta, con una più pungente amarezza: "Non è la lingua tedesca che è impaz zita". E ancora, ripensando sempre alla lingua: "L'unico ritorno dall'esilio che non si riesce a bandire del tutto dai propri sogni". Appena una fitta di rimpianto. Famiglia di borghesia ebraica (poiché si tratta di un autore IX che ha avuto in Italia così scarsa risonanza, forse per la sua so stanziale distanza dal pensiero marxista in anni in cui esso mono polizzava, almeno come etichetta e lasciapassare, discussioni e in teressi, o perché non si era mai fatta illusioni sulP"umanesimo" di Stalin, qualche ulteriore informazione potrebbe risultare non su perflua), insediatasi (provenendo dalla Lituania) a metà Ottocento a Konigsberg, dove il nonno fu consigliere municipale e figura pre minente dell'ebraismo liberale. Padre e madre di idee socialde mocratiche, più marcate nella madre, che aveva fatto parte della cerchia dei " Sozialistische Monatshefte", mantenendo anche suc cessivamente amicizie con personalità di rilievo del partito so cialdemocratico. Nessun particolare legame dei genitori col movi mento e le "idee" ebraici, se non per l'ambiente familiare e i nu merosi amici, completa indifferenza religiosa, nessuna consapevo lezza o sensazione infantile, fino ai primi contatti esterni, della propria ebraicità. La madre, intellettualmente molto vivace (da ra gazza era vissuta per tre anni a Parigi, studiandovi francese e pia noforte), era forse il carattere forte della famiglia e la sola per sona ad aver avuto un'influenza diretta sulla sua formazione. Il padre, appassionato dilettante di letteratura greca e latina, con una buona biblioteca classica nella quale per molti anni pescherà a piene mani la figlia, ingegnere in un'azienda elettrica e per questo trasferitosi ad Hannover, morirà presto (1913), quando lei è in età ancora tenera. (Aveva negli anni giovanili contratto la sifilide, da cui sembrava essersi ripreso. Ma, riuscito a sopravvivere ad una successiva recrudescenza del male, alla terza ricaduta non aveva più retto: trasferito da ultimo a Konigsberg, vi era morto deva stato nel corpo e nella mente, dopo due anni di internamento nel l'ospedale psichiatrico. Questa sarà per molto tempo la spina se greta della madre: il timore, alimentato anche da frequenti ma lattie infantili della figlia, tra cui una difterite con un lungo de corso, che il contagio potesse essersi trasmesso a lei e che infine si manifestasse. Di queste malattie infantili sappiamo tutto: Martha Arendt ha annotato in un quaderno, fino agli otto anni -di Hannah, ogni avvenimento che si riferisse alla salute e alla crescita della figlia.) x Che significato ebbe essere ebrea quando, con la scuola, co minciò ad uscire di casa ed a stare in mezzo agli altri? "Sapevo di avere un'aria da ebrea, e mi sentivo in qualcosa diversa dalle altre ragazze, l'ambiente me ne faceva cosciente. Ma ciò non mi dette mai alcun senso di inferiorità. Era così e basta". Solo non riu sciva ad afferrare in che cosà questa diversità consistesse e fino al l'inizio degli anni venti, quando le cose in Germania cominciarono a cambiare, non ne provò — a quel che rispose nel corso di un'am pia intervista-ritratto guidata da Gùnter Gaus e trasmessa dalla te levisione tedesca il 28 ottobre 1964 (riprodotta poi nel volume cu rato da Adalbert Reif, Qespràche mit Hannah Arendt, Piper, 1976) — particolare disagio. In casa vigeva una regola di comportamento: "non si doveva abbassare la testa, ci si doveva difendere". Quando accadeva qualcosa con i ragazzi della sua età, compagni o compagne di scuola, giacché non imbattersi in qualche forma anche soltanto verbale di antisemitismo non era possibile, doveva sbrigarsela da sola, senza ricorrere o parlarne alla madre; quando invece un inse gnante faceva un apprezzamento o esprimeva opinioni o giudizi antisemiti in classe, anche senza che vi fosse alcun riferimento à lei, doveva immediatamente alzarsi, abbandonare l'aula e, rientrata a casa, fare un rendiconto esatto di come erano andatele cose. La madre allora scriveva una lettera raccomandata alla scuola e per quel che riguardava la ragazza l'incidente era chiuso, non senza, a quel che più tardi ricordava, una sensazione non spiacevole di una vacanza regalata. Negli studi fu molto precoce. Finiti giovanissima quelli secon dari, si era iscritta alla facoltà di filosofia, folgorata dalla lettura di due libri che le dettero la sensazione che "se non avessi, potuto studiare filosofia, sarei stata per così dire perduta. Non che non amassi la vita, ma mi pareva di avere un bisogno assoluto di capi re". I libri erano la Critica della ragion pura di Kant e la Psicologia delle visioni del mondo di Jaspers, letto tre anni dopo la sua uscita (1919). A questi due autori (e a pochi altri) resterà fedele tutta la vita: il suo ultimo libro, rimasto incompiuto (la tèrza parte di The Life of the Mind, 1978), è ancora una riflessione sulla Critica del giudizio. XI Scorrono gli anni di università e di perfezionamento, con studi a Marburgo, Heidelberg, Friburgo, e insegnanti come Heidegger (di cui subirà il fascino e si innamorerà: la storia di questa vicenda è ora consegnata nell'epistolario Arendt-Heidegger, depositato al Deutscher Literaturarchiv di Marbach, assieme a quello Arendt-Ja spers), il teologo Bultmann, Husserl e Jaspers, con il quale ad Hei delberg nel 1928 conseguì il dottorato con una tesi sull'amore in sant' Agostino (Der Liebesbegriff bei Angustiti, 1929); lo studio del gre co che cominciò ad affiancare a quello della filosofia e teologia e che anch'esso durerà tutta la vita (Mary McCarthy ricorda che ancora negli ultimi anni di New York, ormai in età avanzata, riuniva a casa sua tutti i pomeriggi del mercoledì un piccolo gruppo di amici per leggere insieme e tradurre gli autori greci, Sofocle, Eschilo, Pin daro: qui è forse una prima chiave della sua "utopia della polis", quel perenne punto di riferimento che fu per lei la città greca, di cui parla Pier Paolo Portinaro in Hannah Arendt e l'utopia della polis, "Comunità", n. 183); le grandi amicizie della giovinezza (in particolare Annette Mendelssohn, cui era legata fin dagli anni del l'infanzia a Konigsberg, e che ritroverà poi a Parigi, e più tardi in America, moglie del filosofo Eric Weil); la devozione soprattutto per Jaspers ("dovunque egli arrivi e prenda la parola, ogni problema immediatamente si chiarisce. Egli possiede una franchezza, una ca pacità di ispirare fiducia, un'argomentazione così priva di conces sioni, che non mi è mai capitato di trovare in alcun altro... Egli ha saputo alleare alla ragione un concetto della libertà che, quando sono arrivata ad Heidelberg, mi era del tutto estraneo. Non ne avevo la minima idea, benché avessi già letto Kant. Attraverso di lui ho visto per così dire la ragione all'opera. Io sono cresciuta senza padre: se posso esprimermi in questo modo è stato nel suo pensiero che mi sono formata. Buon dio no, non pretendo di ren derlo responsabile di quel che sono diventata. Ma se un uomo ha contribuito a farmi arrivare alla ragione, è stato ben lui". E a Gertrud e Karl Jaspers "con reverenza, amicizia, amore" è dedi cato On Revolution). •* L'abbandono (abbandono?) della filosofia e l'inizio della rifles sione politica ("Io non faccio parte della cerchia dei filosofi. Il mio XII mestiere e il mio campo di interessi, per esprimermi in termini ge nerali, è la teoria politica. Non mi sento per nulla un filosofo, e nemmeno i filosofi mi hanno mai accolto nella loro cerchia") non furono una scelta: li imposero i fatti. Weimar consuma i suoi ul timi anni subendo una sconfitta dopo l'altra. I nazisti venivano avanti, sempre più impetuosamente. Ignorare l'antisemitismo, che cominciava a montare in modo ormai pericoloso, pur immersa negli studi sulla cultura greca e nella teologia agostiniana, non sarebbe stato possibile. Interrogarsi sulla propria identità era ormai un im perativo dell'istinto. Aveva cominciato a frequentare i gruppi sio nisti, senza tuttavia aderirvi. Non vi aderì in nessun momento, nem meno negli anni successivi, quando accettò di lavorare per loro ed era molto legata soprattutto a Kurt Blumenfeld, il presidente del l'organizzazione sionistica tedesca. Dal sionismo militante mantenne sempre una distanza critica, ma intanto cominciò ad avvicinarsi al problema. TChi erano gli ebrei in Germania, quelli senza più reli gione, che credevano di essersi assimilati, inseriti nelle professioni liberali e nella vita civile, che avevano consuetudini, pensieri, abi tudini di vita che non ricordavano più nemmeno in modo remoto ; le tradizioni dei ghetti, la morale e la cultura ebraiche? Percorrendo la storia dell'ebraismo tedesco di assimilazione in ? uno dei suoi momenti di maggior interesse, quello dei "salotti" filosofici, nati sulle fortune delle maggiori famiglie emancipatesi dal la tradizione, si imbatté in una figura drammatica, contrastata, sbat tuta e come riarsa da passioni divoranti, tipica espressione della Berlino romantica tra Sette e Ottocento, l'aspirazione centrale della cui vita "era stata quella di sbarazzarsi del proprio ebraismo"; nel cui salotto, divenuto ben presto il centro della vita culturale prus siana, era nato il culto di Goethe, e i giovani romantici che lo fre quentavano, tra cui vi erano, oltre a Luigi Ferdinando di Prussia, i fratelli Humboldt, Heinrich von Kleist, Adalbert Chamisso, Cle- mens Brentano, i fratelli Tieck, avevano emesso "la definitiva sen tenza di morte contro il culto della Ragione" (Poliakov, Storia del l'antisemitismo, volume terzo, La Nuova Italia, 1975). Si chiamava Rahel Levin (1771-1832), figlia di un gioielliere, convertitasi al cristianesimo nel 1814 ("mai, neanche per un attimo, dimentico XIII

See more

The list of books you might like

Most books are stored in the elastic cloud where traffic is expensive. For this reason, we have a limit on daily download.