La Cultura 957 DELLO STESSO AUTORE Tristi Tropici Il pensiero selvaggio Il crudo e il cotto Dal miele alle ceneri L’origine delle buone maniere a tavola L’uomo nudo Mito e significato Guardare ascoltare leggere Saudades do Brasil Lo sguardo da lontano Claude Lévi-Strauss Antropologia strutturale Traduzione di Paolo Caruso © Plon, Paris 1964 © il Saggiatore S.r.l., Milano 2015 Prima edizione il Saggiatore: Milano 1966 Titolo originale: Anthropologie structurale Antropologia strutturale Di questo libro che appare nel 1958, centenario di Emile Durkheim, sia permesso a un discepolo incostante far omaggio alla memoria del fondatore dell’«Année sociologique»: prestigiosa fucina in cui l’etnologia contemporanea ricevette una parte delle sue armi, e che abbiamo lasciato nel silenzio e nell’abbandono, non tanto per ingratitudine quanto nella triste persuasione che l’impresa andrebbe oggi al di là delle nostre forze Xρύσεον μέν πρώτιστα γένος. Prefazione In uno studio recente, Jean Pouillon ha scritto una frase che egli mi consentirà, spero, di citare all’inizio di quest’opera, perché risponde alla perfezione a tutto ciò che ho desiderato compiere sul piano scientifico, spesso dubitando di esserci riuscito: «Lévi-Strauss non è certo il primo, né il solo, a sottolineare il carattere strutturale dei fenomeni sociali, ma la sua originalità sta nel prenderlo sul serio e nel trarne imperturbabilmente tutte le conseguenze».1 Mi sentirei pago se questo libro potesse indurre altri lettori a condividere questo giudizio. Sono qui raccolti diciassette dei cento testi circa che ho scritto in quasi trent’anni. Alcuni sono andati perduti; altri possono benissimo rimanere nell’oblio. Tra quelli che mi sono apparsi meno indegni di sussistere, ho fatto una scelta, scartando i lavori il cui carattere è puramente etnografico e descrittivo, e anche altri, di portata teorica, ma la cui sostanza è incorporata nel mio libro Tristi tropici. Pubblico qui per la prima volta due testi (i capitoli V e XVI), che, uniti ad altri quindici, mi sembrano adatti a chiarire il metodo strutturale in antropologia. Per formare questa raccolta ho incontrato una difficoltà su cui devo richiamare l’attenzione del lettore. Molti miei articoli sono stati scritti direttamente in inglese, e bisognava dunque tradurli. Ora, nel corso del lavoro, sono rimasto colpito dalla differenza di tono e di composizione tra i testi concepiti nell’una o nell’altra lingua. Ne risulta una eterogeneità che, temo, compromette l’equilibrio e l’unità dell’opera. Questa differenza si può spiegare, in parte, con cause sociologiche; non si pensa né si espone nello stesso modo, quando ci si rivolge a un pubblico francese o anglosassone. Ma vi sono anche ragioni personali. Qualunque sia la mia pratica nella lingua inglese, in cui ho insegnato per parecchi anni, la adopero però in modo scorretto e in un registro limitato. Io penso in inglese quello che scrivo in questa lingua, ma, senza rendermene sempre conto, dico quello che posso con i mezzi linguistici di cui dispongo, non quello che voglio. Di qui il sentimento di estraneità che provo di fronte ai miei testi, quando cerco di trascriverli in francese. E siccome è possibilissimo che questa insoddisfazione sia condivisa dal lettore, era necessario che ne dessi la ragione. Ho tentato di rimediare alla difficoltà adottando una traduzione molto libera, riassumendo alcuni passi e sviluppandone altri. Anche alcuni articoli francesi sono stati leggermente riveduti. Infine, ho aggiunto qua e là delle note, per rispondere a critiche, correggere errori, o tener conto di fatti nuovi. Parigi, 1° novembre 1957 1. Introduzione. Storia ed etnologia1 È trascorso più di mezzo secolo da quando Hauser e Simiand esposero e contrapposero gli elementi di principio e di metodo che, secondo loro, distinguevano l’una dall’altra storia e sociologia. Ricordiamo che queste differenze consistevano essenzialmente nel carattere comparativo del metodo sociologico, e in quello monografico e funzionale del metodo storico.2 D’accordo su questa contrapposizione, i due autori divergevano solo sul valore rispettivo di ciascun metodo. Che cosa è accaduto da allora? È giocoforza constatare che la storia si è attenuta al programma modesto e lucido che le veniva proposto, e ha prosperato secondo le sue linee. Dal punto di vista della storia i problemi di principio e di metodo sembrano definitivamente risolti. In quanto alla sociologia, è un’altra questione; non si può certo dire che non si sia sviluppata; le branche di cui ci occuperemo più particolarmente qui, l’etnografia e l’etnologia, hanno dato luogo, negli ultimi trent’anni, a una prodigiosa fioritura di studi teorici e descrittivi; ma a prezzo di conflitti, di fratture e di confusioni, in cui si riconosce, trasposto nel seno stesso dell’etnologia, il dibattito tradizionale – e quanto più semplice in quella forma! – che sembrava opporre l’etnologia nel suo insieme a un’altra disciplina, la storia, pure considerata nel suo insieme. E, cosa ancor più paradossale, vedremo che la tesi degli storici è ripresa testualmente, tra gli etnologi, proprio da quelli che si proclamano avversati del metodo storico. Questa situazione sarebbe incomprensibile se non se ne delineasse rapidamente l’origine, e se, per maggior chiarezza, non si stabilissero alcune definizioni preliminari. Lasceremo da parte, nel corso di questo capitolo, il termine sociologia, che non è riuscito ancora a meritare, dall’inizio del nostro secolo a oggi, quel significato generale di corpus dell’insieme delle scienze sociali che Durkheim e Simiand