Direttore editoriale: Roberto Finelli Vicedirettore: Francesco Toto Comitato scientiico: Riccardo Belloiore (Univ. Bergamo), Jose Manuel Bermudo (Univ. Barcelona), Jacques Bidet (Univ. Paris X), Laurent Bove (Univ. Amiens), Giovanni Bonacina (Univ. Urbino), Giorgio Cesarale (Univ. Venezia), Francesco Fistetti (Univ. Bari), Lars Lambrecht (Univ. Hamburg), Christian Lazzeri (Univ. Paris X) Mario Manfredi (Univ. Bari), Pierre-François Moreau (ENS Lyon), Stefano Petrucciani (Univ. Roma-La Sapienza), Pier Paolo Poggio (Fondazione Micheletti-Brescia), Emmanuel Renault (ENS Lyon), Massimiliano Tomba (Univ. Padova), Sebastian Torres (Univ. Cordoba). Redazione: Miriam Aiello, Sergio Alloggio, Valerio Carbone, Luca Cianca, Marta Libertà De Bastiani, Carla Fabiani, Pierluigi Marinucci, Jamila Mascat, Emanuele Martinelli, Luca Micaloni, Oscar Oddi, Giacomo Rughetti, Michela Russo, Laura Turano. Anno 1, n. 1, novembre 2016, Roma a cura di Roberto Finelli e Francesco Toto Progetto graico a cura di Laura Turano Immagine di copertina: K. S. Malevič - Suprematist Composition (1916) Rivista semestrale, con peer review ISSN: 2531-8934 www. consecutio.org Antropologia e politica a cura di Roberto Finelli e Franceso Toto Editoriale p. 5 Roberto Finelli, Un nuovo materialismo Monograica p. 9 Francesco Toto, Hobbes e il riconoscimento. Antropologia, morale e politica p. 33 Paolo Godani, Note su solitudine e politica in Spinoza p. 43 Roberto Finelli, Al di là della governance. La politica del riconoscimento p. 53 Vittorio Morino, La VI Tesi tra Gramsci e Althusser p. 77 Luca Basso, L’ambivalenza della «Gewalt» in Marx ed Engles. A partire dall’interpretazione di Balibar p. 93 Sergio Fabio Berardini, Massimo Marrafa, Presenza e crisi della presenza tra ilosoia e psicologia p. 113 Pierluigi Marinucci, Adelino Zanini, Antropologia, progettualità neo-liberale, Soggetto. Un dialogo con Adelino Zanini p. 121 André Tosel, L’immaginario neo-liberale p. 133 Nathanael Colin-Jaeger, L’anthropologie politique d’Adam Smith p. 151 Sergio Rojas Peralta, Peregrinos, territorio y potencia según Spinoza p. 169 Tomaso Cavallo, «Méconnaissance» et «reconnaissance» dans l’œuvre philosophique de d’Holbach p. 179 Laurent Bove, Misura e mostruosità in Albert Camus. Il tempo dell’antropogenesi p. 189 Miriam Aiello, Habitus. Per una stratigraia ilosoica 3 p. 215 Emanuele Martinelli, La presenza di Friedrich Nietzsche in Hannah Arendt p. 227 Pierre-Aurélien Delabre, Nature et praxis: l’antinaturalisme sartrien à l’épreuve de l’ontologie lukacsienne p. 239 Andrea Cengia, Le lotte operaie nello sviluppo capitalistico secondo Raniero Panzieri Recensioni e segnalazioni p. 251 Marta Libertà De Bastiani, Francesco Toto, L’individualità dei Corpi. Percorsi nell’Etica di Spinoza, Mimesis, 2014 p. 257 Saverio Mariani, Jonathan Crary, 24/7. Il capitalismo all’assalto del sonno, Einaudi, 2015 4 Editoriale Un nuovo materialismo Con il primo numero di «Consecutio rerum» proseguiamo e approfondiamo il progetto teorico-politico che ha caratterizzato i primi sette numeri della precedente rivista «Con- secutio temporum», da noi realizzata e diretta a partire dal 2001. Costretti a interrompere la pubblicazione della precedente rivista per la pretesa del- la proprietà della testata d’interferire con il nostro programma editoriale, diamo vita alla nuova «Consecutio rerum», con una variazione di titolo lieve, ma pure signiicativa nel verso di una radicalizzazione del nostro intento ilosoico ed etico-politico iniziale. Giacché il passaggio dalla connessione dei «tempi» a quella delle «cose» stringe il nostro percorso ancor più nella proposizione di un nuovo campo di ricerca e di critica quale vuole essere quello di un “nuovo materialismo”. Nuovo materialismo, perché riteniamo che il vecchio materialismo, quello più celebre d’ispirazione storica e marxista, sia un paradigma teorico ormai consumato e inutilizza- bile. Già lo stesso Marx, in alcune sue pagine, a dir il vero assai poco frequentate, sulle formazioni storiche precapitalistiche lo aveva messo, forse inavvertitamente, in discus- sione. Ma per noi è chiaro che la capacità delle relazioni economiche di farsi princìpi di totalizzazione dell’intera vita, individuale e sociale, vale solo nella modernità capitalistica e che dunque decade ogni pretesa, com’è accaduto con il materialismo storico, di gene- ralizzare la vecchia metafora di struttura materiale e sovrastruttura spirituale all’intero percorso della storia umana. Anche perché quel materialismo storico si iscriveva, a ben vedere, in una ilosoia non-materialistica della storia, che identiicava, con una forza- tura spiritualistica e greve di presupposti non esplicitati, assai semplicisticamente homo faber e soggettività dell’emancipazione. Ma per noi nuovo materialismo non si coniuga certo con nuovo realismo. Perché la nostra impostazione teorica è ben lontana dai tentativi recenti di riproporre, dopo l’e- saurimento dell’ermeneutica postmoderna, dopo cioè il dominio dell’interpretazione, un realismo del fatto, d’ispirazione analitica e scientistica, che vorrebbe tornare a riproporre una improponibile priorità della realtà oggettiva sulla realtà soggettiva, dimentica di quanto, al contrario, l’oggetto sia costruito e intessuto in nelle sue strutture più elemen- tari dal soggetto. Giacché per noi nuovo materialismo signiica, invece e proprio, approfondire e radi- calizzare la questione della soggettività. Signiica concepire la possibilità di un pensiero incarnato, che muova, nel suo indagare, dal corpo biologico-emozionale d’ognuno e, insieme, dal corpo sociale in cui quello s’iscrive. Vediamo infatti l’essenza della cultura, e in particolare della ilosoia, nell’essere teoria come terapia: cura cioè che vuole lenire e sanare scissioni, parzialità, limiti e povertà, sia dell’esistenza individuale che di quella collettiva. Al ine, utopico, ma non di meno di- rettivo dell’agire, di proporre universalizzazioni – qual è per noi il compito precipuo della ilosoia – che pure non muovano dalla totalizzazione di princìpi astratti e imperiali, Consecutio Rerum. Anno I, numero 1 Roberto Finelli quanto invece da una compresenza di istanze, psichiche come sociali, il cui riconosci- mento reciproco rigetti il dominio estremizzato di una sulle altre. Un nuovo materialismo che faccia centro gravitazionale del suo sapere la corporeità, individuale e sociale, rivendica come tesi antropologica di fondo che l’essere umano non sia interpretabile e risolvibile nei termini della sua attività linguistico-simbolica. Che non sia deinibile univocamente o prevalentemente come essere simbolico bensì, in primis, secondo una divaricazione funzionale (o disfunzionale e patologica) tra corpo e mente, che, seguendo la bella suggestione proposta anni fa da Emilio Garroni, fanno dell’essere umano qualcosa, insieme, di Uno e Bino. Ma dire che l’essere umano non si risolve nell’attività simbolica, nel legame con l’Al- tro, perché tutto il suo vivere rimanda, oltre che ai codici e ai dispositivi simbolici della socializzazione, al signiicato non verbale che muove dalla sua corporeità emozionale, signiica condurre ad estenuazione e superare sia il blocco heideggeriano che il blocco lacaniano. Entrambi, Heidegger e Lacan, a muovere dalla maestria indiscussa del primo, hanno infatti costretto l’antropologia e la ilosoia a sacriicare sul versante dell’interlo- cuzione linguistica e simbolica ogni riferimento ai dati sensoriali e corporei dell’esperire, promuovendo una cultura congelata su un panorama segnico-ermeneutico autistico ed autoreferenziale. Del resto ormai tutti constatano, a partire dal proprio esperire, che il postmoderni- smo, con la sua tesi principe che l’Essere sia null’altro che linguaggio, s’è deinitivamente concluso. Proprio perché, noi pensiamo, il realismo brutale dell’economico sia venuto mostrando sempre più il vero contenuto storico-sociale della indebita valorizzazione del linguaggio: la subalternità dell’umano a un passaggio tecnologico-epocale che ha messo al lavoro la mente calcolante e discorsiva, consegnandoci a una soggettività “comunica- tiva di massa”, astratta e priva d’interiorità. Vale a dire che mentre l’intellettualità del postmodernismo colto e rainato, lontana, come d’obbligo, da ogni vertice teorico d’approfondimento materialistico e dialettico, si consegnava alle virtuosità dell’ermeneutica e del decostruzionismo di ogni possibile iden- tità, la storia materiale dell’economia-mondo produceva, al contrario, un’identità econo- mico-sociale totalizzante che sembra non lasciare spazio alle diferenze e alle storie parti- colari, o, per meglio dire, che attraverso la segmentazione di culture e identità nazionali, diritti e costumi, tecnologie produttive e tipologie di uso della forza-lavoro profonda- mente diferenti, metteva in campo processi di accumulazione sostanzialmente omologhi, comandati ed obbligati da una ricchezza monetaria-astratta, e caratterizzati da dinamiche mondiali di diseguaglianza e di “espulsione” sempre più estreme e drammatiche. Ma è ben chiaro che Consecutio rerum, nel suo voler indagare e rilettere su un nuovo materialismo, non vuole certo riproporre il determinismo economico del vecchio marxi- smo e la riduttiva concezione, la vecchia e rigida articolazione di struttura e sovrastruttu- ra. Quanto invece considerare, in modo approfondito, come e perché le relazioni sociali di asimmetria e di diseguaglianza tra classi, si accompagnino strutturalmente a forme di consenso e di egemonia culturale, che vedono la produzione di soggettività astratte e, di volta in volta, di forme dell’autorappresentazione individuale e collettiva, subalterne e partecipi, invece che critiche ed oppositive, alle norme e alle pratiche di vita dell’econo- mia. Ma anche qui allontanandoci dal paradigma troppo consumato di una biopolitica che, estenuata tra foucaultismo e postoperaismo, ha trascurato di mettere a tema e di studiare tra i dispositivi “governa mentali” di comando sulla vita, in modo certo para- dossale, proprio quello che a noi continua ad apparire il luogo sociale per eccellenza di conigurazione dei corpi e delle menti e che continua a stringersi nel nesso, mutevole 6 Editoriale. Un nuovo materialismo ad ogni fase tecnologica, ma non meno centrale nella nostra vita sociale, di capitale-for- za lavoro-sistema di macchine. Ha rimosso cioè la biopolitica, distratta dall’attenzione foucoultiana per le istituzioni totali, quella istituzione totale per antonomasia che è la produzione di capitale, considerata nella messa in atto e nella difusione all’intero corpo sociale della sua tecno-antropologia. Di contro a ciò, per noi, obbligati come siamo, dal nuovo materialismo che perse- guiamo, a concepire nuove modalità di vita e nuove conigurazioni di valori, ripropor- re la critica dell’economia politica non può non signiicare, anche e insieme, coniugare una critica dell’economia libidica. La capacità di stringere le due critiche, in modo intrinseco e non esteriore, con la deinizione del nuovo concetto di ricchezza che ne consegue, è il compito infatti, teorico e pratico, da assegnare alle giovani generazioni. Consecutio rerum vuole provare a partecipare a tale formulazione di nuovi paradigmi, ilosoici e antropologici, convinti, come siamo, che di fronte al sistema del capitalismo globale non valgono né le rainatezze del decostruzionismo, né le declinazioni della bio- politica, né la ilantropia del multiculturalismo: quanto una teoria che sappia proporre una ilosoia antropologica, sia sul versante personale che su quello socio-politico, capace di una totalizzazione di relazioni di vita, sia interiore e personale che ecologica e sociale, ben superiore e ulteriore, al dolore e alla tristitia del vivere imposta oggi dall’egemonia del presente. (r.f.) 7 Hobbes e il riconoscimento Antropologia, morale, politica Francesco Toto Università degli Studi Roma Tre [email protected] 1. La speciicità dell’umano Nella rilessione hobbesiana la frontiera tra l’animale e l’umano è un conine poroso, che congiunge e separa. Da un lato, Hobbes prende le distanze da una visione dell’uma- no come una regione della natura separata dalle altre, e include tra i tratti che l’uomo condivide con gli altri animali non solo la sensazione indotta dall’azione dei corpi ester- ni, l’immaginazione o memoria derivante dall’attenuarsi della sensazione, il «discorso mentale» costituito dalla successione più o meno regolata delle immagini, l’esperienza accumulata attraverso la stratiicazione e la connessione delle memorie, ma anche la previsione del futuro a partire dall’esperienza passata, che chiamiamo prudenza, l’imma- ginazione occasionata da parole o altri segni volontari che chiamiamo intelligenza, e per- sino quell’avvicendamento di desideri e avversioni che termina nella volontà e determina l’azione, ricevendo perciò il nome di deliberazione1. Dall’altro lato, il ilosofo non manca di mettere in evidenza diferenze relative tanto alla sfera della natura quanto a quella dell’artiicio. Sul piano naturale la diversità principale è rappresentata da un particolare tipo di discorso mentale, che parte dall’immaginazione di una cosa per ricercare «tutti i possibili efetti che essa è in grado di produrre», e che a diferenza di quello che muove da un efetto dato o desiderato in direzione delle cause o dei mezzi in grado di produrlo non è «comune agli uomini e alle bestie»2. In primo luogo, questo percorso mentale che va dall’immaginazione delle cose a quella delle loro conseguenze possibili si collega alla «singolare passione» della curiosità, o «desiderio di conoscere il perché e il come» che distingue «l’uomo […] dagli altri animali»3. In secondo luogo, la ragione per la quale la «concupiscenza mentale» della curiosità è «diicilmente riscontrabile» in altri esseri viventi risiede nel fatto che questi ultimi, a diferenza dell’uomo, sono «dotati soltanto di passioni sensuali come la fame, la sete, […] l’ira», e «il predominio dell’appetito per il cibo e degli altri piaceri del senso toglie la cura di conoscere»4. La curiosità manifesta dunque uno iato: da una parte abbiamo gli animali, che proprio perché assorbiti nella ricerca dei «piaceri sensibili» suscitati dalla «sensazione di un oggetto presente» sono af- francati dalle ansie suscitate dalla previsione del futuro; dall’altra gli uomini, che proprio perché impegnati nell’esplorazione dei piaceri mentali suscitati dalla «preigurazione del 1 Cfr. Lev., pp. 19, 23, Hobbes (1841, p. 244). 2 Lev., pp. 21-22. 3 Lev., p. 46. 4 Lev., pp. 46, 22. Sulla curiosità e sulla sua capacità di rideinire la speciicità umana al di là del classico dualismo tra passione e ragione vedi Paganini (2012). Consecutio Rerum. Anno I, numero 1 Francesco Toto ine» e liberati dai conini del presente si trovano assoggettati alla paura e alla speranza, all’«ansietà» e alla progettualità, e non si accontentano perciò di godere degli oggetti desiderati «una sola volta e per un singolo istante», ma vogliono «assicurarsi per sempre l’accesso al desiderio futuro»5. In terzo luogo, la solidarietà tra il desiderio di conoscenza e l’inquietudine costituisce il «seme naturale» della religione, i cui «frutti», non a caso, «non si trovano che nell’uomo», e grazie ai quali l’uomo riesce a mitigare il perpetuo timore per le incognite della fortuna attraverso l’immaginazione di una «causa prima ed eterna di tutte le cose» in grado di piegare il corso della natura a favore di chi le testimo- nia un culto appropriato6. Questo primo insieme di proprietà distintive non è privo di rapporti con un secon- do, che appartiene questa volta all’ordine dell’artiicio ed articola assieme linguaggio, razionalità e istituzioni. Dopo aver ricordato che «l’uomo eccelle sugli altri animali» in virtù della sua attitudine a indagare le conseguenze delle cose, Hobbes fa riferimento alla ragione – in quanto facoltà di ridurre queste stesse conseguenze a regole generali – come a «un altro grado della stessa eccellenza»7. A diferenza di sensazione, memoria o prudenza, però, la ragione «non è […] nata con noi, né acquisita con la sola esperienza», ma acquisita e potenziata con «l’educazione e la disciplina», ed appartiene dunque non alle facoltà «inerenti» alla natura umana, ma alle facoltà artiiciali dalle quali le facoltà naturali possono essere «migliorate al punto di distinguere gli uomini da tutti gli altri es- seri viventi»: in quanto inestricabilmente connessa alla sfera convenzionale del linguag- gio8. «Se il discorso è peculiare dell’uomo», sostiene Hobbes, allora deve esserlo anche la ragione, perché non c’è «nessun ragionamento senza discorso», e una ragione «fondata sul retto uso del discorso» è dunque inseparabile tanto dalla deinizione consensuale dei nomi quanto dalla loro concatenazione discorsiva in afermazioni o argomentazioni capaci di trascendere la particolarità delle sensazioni9. A questo carattere artiiciale della razionalità e del linguaggio è inine circolarmente connessa la possibilità di colmare il deicit di socievolezza da cui il genere umano è alitto a diferenza di quella degli «ani- mali politici». «Il consenso di quelle creature animali è naturale, quello degli uomini solo per patto, cioè artiiciale»10, ma il linguaggio attraverso il quale gli uomini dovrebbero accordarsi sui loro diritti e i loro doveri dipende dalla deinizione consensuale e dunque convenzionale dei signiicati. La convivenza paciica tra gli uomini è vincolata all’osser- vanza delle leggi naturali pensate come «precett[i] o regol[e] general[i] scopert[e] dalla ragione», ma la validità di tutte queste leggi, e in particolare di quella che prescrive il ri- spetto dei patti, è a sua volta subordinata all’istituzione, attraverso un patto, di un potere in grado di determinarne il loro signiicato e farle rispettare11. Chiara nelle sue grandi linee, la rilessione hobbesiana sulle frontiere tra animale ed umano manifesta così alcune oscillazioni articolate attorno a un’indeterminazione prin- cipale. L’identiicazione della ragione con «un altro grado della stessa eccellenza» legata alla previdenza presuppone infatti che tra l’uomo e l’animale si dia una discontinuità e una cesura di ordine naturale. In questo senso l’artiicio del linguaggio e della ragione, come anche delle regole di condotta che essa consente di scoprire o delle istituzioni chiamate a custodire queste regole, si limita ad estendere e approfondire un solco che lo 5 Lev., pp. 44, 79, 87. 6 Lev., pp. 84-97. 7 Lev., p. 37. 8 Lev., pp. 24 e 38. 9 Lev., pp. 32, 31, 60. Sul nesso tra curiosità, linguaggio e razionalità vedi Marrama (2016). 10 DC, V, 6. 11 Lev., pp. 104, 103 e 111. 10
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