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Antonio Gramsci. La passione di essere nel mondo PDF

178 Pages·2015·5.045 MB·Italian
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Antonio Gramsci è, più di ogni altro, autore fecondamente "inattuale", dissonante rispetto allo spirito del nostro presente. A caratterizzare il rapporto che l'odierno tempo del fanatismo dell'economia intrattiene con Gramsci è, infatti, la volontà di rimuoverne la passione rivoluzionaria, l'ideale della creazione di una "città futura" sottratta all'incubo del capitalismo e della sua mercificazione universale. Risiede soprattutto neW'attuale inattualità della sua figura la difficoltà di ogni prospettiva che aspiri oggi a ereditare Gramscie ad assimilare il suo messaggio: ossia ad assumere come orientamento del pensiero e dell'azione la sua indocilità ragionata, fondata sulla filosofia della praxis dei Quaderni. Essa trova la sua espressione più magnifica nella condotta di vita gramsciana, nel suo impegno e nella sua coerenza - pagata con la vita - nella "lotta per una nuova cultura, cioè per un nuovo umanesimo". Critica glaciale delle contraddizioni che innervano il presente e ricerca appassionata di un'ulteriorità nobilitante costituiscono la cifra del messaggio dell'intellettuale sardo: l'ha condensato lui stesso nel noto binomio del "pessimismo dell'intelligenza" e delPottimismo della volontà". Ereditare Gramsci significa, di conseguenza, metabolizzare la sua coscienza infelice e non conciliata, la passione durevole della ricerca di una felicità più grande di quella disponibile. Vuol dire, in definitiva, farsi carico della forza appassionata del perseguimento di un futuro più giusto, in cui tutti siano ugualmente liberi. Art director: Cristiano Guerri. Eredi Collana diretta da Massimo Recalcati Feltrinelli © Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano Prima edizione in "Eredi" gennaio 2015 Stampa WÈ* Grafica Veneta S.p.A. di Trebaseleghe - ISBN 978-88-07-22701-1 www.feltrinellieditore.it Libri in uscita, interviste, reading, commenti e percorsi di lettura. Aggiornamenti quotidiani A tutti quelli in cui, nonostante il pessimismo dell'intelligenza, sopravvive ancora l'ottimismo della volontà Carissimo Delio, mi sento un po' stanco e non posso scriverti molto. Tu scrivimi sempre e di tutto ciò che ti interessa nella scuola. Io penso che la storia ti piace, come piaceva a me quando avevo la tua età, perché riguarda gli uomini viventi e tutto ciò che riguarda gli uomini, quanti più uomini è possibile, tutti gli uomini del mon do in quanto si uniscono fra loro in società e lavorano e lottano e migliorano se stessi, non può non piacerti più di ogni altra cosa. Ma è così? Ti abbraccio. Antonio A. GRAMSCI, lettera dal carcere al figlio Delio, 1937 1. Un'eredità difficile "Dire la verità, arrivare insieme alla verità, è compiere azione comunista e rivoluzionaria." A. GRAMSCI, "L'Ordine Nuovo", 21 giugno 1919 Nel 2014 si è diffusa la notizia che, in piazza Carlo Ema nuele, a Torino, sulle ceneri della casa in cui Antonio Gramsci abitò dal 1919 al 1921, fondando "L'Ordine Nuovo" e gettando le basi del futuro Partito comunista, sarebbe dovuto sorgere un albergo di lusso. Dotato di ogni comfort, ostentatamente sfarzoso, dislocato su cinque piani, il nuovo albergo si sareb be chiamato "Hotel Gramsci". Si tratta di un fatto degno di attenzione non soltanto per ché descrive in modo insuperabile la storia della sinistra, il suo transito dalla lotta in nome dell'emancipazione umana e dallo "spirito di scissione" di Gramsci alle confortevoli stanze del "Grand Hotel Abisso" di cui diceva Lukàcs,1 ossia alla cini ca accettazione dell'esistente colonizzato dalla forma merce e della felicità a buon mercato che esso rende disponibile, il gretto edonismo ritagliato su misura per gli "ultimi uomini" sazi e felici. Con T'Hotel Gramsci" la speranza sociale ha ce duto il passo al percorso di benessere individuale. Accanto a questo motivo (e indissolubilmente intrecciato a esso), ve ne è un altro. La vicenda dell'"Hotel Gramsci" testi monia nel modo più lampante di quella che potrebbe, con di ritto, essere qualificata come la difficoltà di ereditare Gramsci nell'odierna congiuntura,2 nel tempo della presunta "fine della storia", del trionfo planetario del fanatismo dell'economia e del compimento della "situazione di grande ipocrisia sociale totalitaria" (Q, i, 158, 139).3 Si tratta di una difficoltà duplice, dovuta al sinergico mo vimento di assolutizzazione in forma quasi monoteistica della religione del mercato e all'ingloriosa dissoluzione delle forze politiche che, nel nome di Marx e Gramsci, avevano varia mente cercato di contrastarla, per poi approdare, dopo il 1989, all'esiziale ondata di pentitismo e di riconversione all'integralismo dell'economia vissuto, con falsa coscienza ne cessaria, come il solo mondo possibile. 11 Si è, per questa via, determinata una generale espulsione di Gramsci dall'orizzonte di senso del nostro presente, non soltanto a opera delle forze "organiche" al capitale trionfante, ma anche a opera di quell'area politica che, fino a tempi rela tivamente recenti, aveva innalzato il pensatore sardo a pro pria icona di riferimento: e questo secondo quella duplice strategia deU'"auto-revisionismo comunista"4 che ora ha ab bandonato Gramsci nel cimitero della storia, nel "carcere idea le" dei pensatori definitivamente superati, ora ne ha ideologi camente riscritto il profilo, presentandolo in forma addome sticata e, per così dire, "decaffeinata" come liberale e social democratico, e dunque annichilendone l'espressività rivolu zionaria e anticapitalista. Per questa via, oltre al "doppio carcere"5 denunciato nella tragica lettera del 19 maggio 1930 (il carcere reale e quello della sofferenza causata dall'isolamento dagli affetti familia ri), Gramsci ha dovuto subire quella che potrebbe essere defi nita una "doppia morte": accanto a quella causata dall'impri gionamento a opera del regime fascista e dalle ambigue poli tiche del Pei nelle trattative per la sua liberazione, vi è la "morte simbolica" a cui l'ha condannato una sinistra il cui tratto essenziale è oggi la complicità oscena con il capitalismo vincente, ossia con ciò contro cui Gramsci lottò per tutta la vita.6 Per una spietata ironia della storia, in parallelo con la creazione dell'"Hotel Gramsci", nel luglio del 2014 ha anche chiuso definitivamente "l'Unità", il quotidiano comunista fon dato dall'intellettuale sardo nel 1924 e lasciato agonizzare dai suoi eredi irresponsabili. Anche a uno sguardo superficiale e approssimativo, la no stra epoca, comunque la si voglia definire, si caratterizza per essere un tempo strutturalmente "antigramsciano". Il "mon do grande e terribile", come Gramsci così spesso lo qualifica nelle sue lettere, è totalmente saturato dalle logiche illogiche di una produzione capitalistica che, dopo il 1989, sempre più mira a presentarsi come il solo modo possibile di produrre, esistere e pensare, delegittimando preventivamente ogni ten tativo di riprogrammare alternativamente, anzitutto nel pen siero, la sintassi dell'esistente. Su tutto il giro d'orizzonte sono oggi dominanti le passio ni e gli stati d'animo contro i quali Gramsci aveva lottato per l'intera sua esistenza: dopo il 1989, un groviglio di cinismo, avidità e di quell'indifferenza tanto avversata dal pensatore sardo si è impossessato dell'anima dell'uomo occidentale; trionfa ubiquitariamente il "cretinismo economico" (Q, vii, 12

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