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Anatomia 1 PDF

252 Pages·2017·3.16 MB·Italian
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M.C.A. Appunti di anatomia A.A. 2014/15 e 2015/16 Marcello Casuso Alvarez !1 www.hackmed.org M.C.A. SCHELETRO DEL TORACE Si compone di una colonna vertebrale, costituita dalla sequenza metamerica (fino a un certo punto) di vertebre impilate l’una sopra l’altra, analogamente alla sequenza dei gruppi fosfati in una singola elica di acido nucleico. Colonna vertebrale: La colonna vertebrale rappresenta l’asse portante dello scheletro, quindi del corpo umano, ed è disposta perpendicolarmente al piano terra. Essa viene suddivisa in regioni, dall’alto verso il basso si ha: - Regione Cervicale: 7 vertebre (C1,C2,…,C7) - Regione Toracica: 12 vertebre (T1,T2,…,T12) - Regione Lombare: 5 vertebre (L1,L2,….,L5) Fino a qui le vertebre (24) sono separate le une dalle altre, sono cioè individuabili. - Regione Sacrale: 5 vertebre (S1,S2,…,S5) fuse in un unico osso, l’osso sacro, che appare come un cono tronco con la base rivolta verso l’alto, molto appiattito in senso anteroposteriore (quasi un triangolo) - Regione Coccigea: 4 vertebre (Co1,Co2,Co3,Co4) fuse in un unico osso, il coccige Sacro e coccige sono associate in un’unica struttura anatomica, il sacrococcige. In totale le vertebre sono 33. Da notare che le 5 vertebre sacrali e le 4 vertebre coccigee sono fuse a formare due strutture ossee, che vengono comunemente assimilate in un’unica struttura anatomica: il sacrococcige. Colonna cervicale: La colonna vertebrale cranialmente, tramite la colonna cervicale, si continua con il cranio. La prima vertebra (C1), detta atlante, si articola con una coppia di processi ossei dell’osso occipitale del cranio, i condili, di forma semiovoide, per assicurare sostegno e mobilità al cranio, in particolare estensione, flessione, rotazione (movimento di un corpo attorno ad uno dei propri assi) e circumduzione (movimento di un corpo attorno ad un punto). La colonna cervicale, se non con la colonna toracica, non si articola con nient’altro. Colonna toracica: La colonna toracica da inserzione a 12 coppie di ossa piatte, le coste, arrangiate in maniera metamerica tale da congiungersi in avanti con lo sterno (tutte tranne le ultime 2), osso impari, mediano e anteriore, grazie al fatto che ciascuna costa descrive un segmento di ellisse. Questo determina 3 corollari: 1) le 12 vertebre toraciche servono a dare inserzione alle 12 coppie di coste; 2) dato che le coste convergono verso lo sterno, ne deriva che una funzione importante della colonna toracica è quella di contribuire alla formazione della gabbia toracica, scheletro del torace; 3) gabbia toracica e torace sono concetti differenti, così come parete toracica e torace: la gabbia toracica è lo scheletro della parete toracica, la parete toracica è l’insieme della gabbia toracica e dei tessuti molli che riempiono certi spazi, il torace è la cavità delimitata da gabbia e parete toracica. Colonna lombare: La colonna lombare non si articola con altre ossa, se non cranialmente con T12 e caudalmente con S1. In questa regione non ci sono coste, ma soltanto vestigia, indice che qualche nostro antenato le possedeva anche a questo livello. N.B.: Al di sotto del piano passante per la base del torace fino all’attacco degli arti inferiori lo scheletro è costituito soltanto da 5 vertebre lombari e dalla parte superiore della pelvi, la grande pelvi, per il resto la parete dell’addome è costituita principalmente da tessuto molle, composto da cute, sottocute, muscoli e fasce muscolari. Questo perché nell’uomo la cavità addominale viene invasa dall’utero durante la gravidanza, il quale ospita l’embrione prima e il feto poi e non può accrescersi né verso il basso né verso il dietro, ma soltanto verso l’alto e in avanti. Affinché questo accada è necessario che la parete dell’addome sia deformabile, per questo è composta da tessuto molle. Questa caratteristica inoltre consente tutta una serie di movimenti del tronco quali la flessione, la torsione e l’inclinazione. Inoltre la parete molle dell’addome consente di aumentare la pressione intraddominale allo scopo di tossire, starnutire, ridere, defecare, mingere, partorire, ecc.. !2 www.hackmed.org M.C.A. Bacino (o Pelvi): Lo scheletro dell’addome non è tuttavia composto soltanto dalla colonna lombare, esso comprende anche altre ossa: il sacrococcige e le 2 ossa dell’anca. Osso dell’anca: L’osso dell’anca è formato dalla fusione di 3 ossa distinte, l’ileo, l’ischio e anteriormente e medialmente il pube. Visto dall’alto somiglia ad un “8” la cui parte superiore è composta dall’ileo e la parte inferiore dal pube e dall’ischio, ma con delle particolarità: - la parte superiore dell’ “8” è più ampia di quella inferiore; - la parte inferiore è bucata (grande forame otturatorio), la parte superiore no; - la parte superiore e la parte inferiore sono torte l’una rispetto all’altra: la parte superiore è disposta a formare una conchetta aperta in avanti e medialmente, la parte inferiore volge medialmente, tanto che i due pubi si articolano tra loro al davanti e in basso in quella che si chiama sinfisi pubica. L’insieme del sacro e delle 2 ossa dell’anca descrive una bacinella con sezione ellittica che viene detta bacino o pelvi. La parte superiore della pelvi, la grande pelvi, concorre a costituire la parete dell’addome. Lo scheletro dell’addome quindi, oltre che dalle 5 vertebre lombari, è composto anche dalla parte superiore delle 2 ossa dell’anca (i 2 ilei) e dalla parte superiore dell’osso sacro (le prime 2-3 vertebre), che si articolano a formare due articolazioni, dette sacroiliache (di destra e di sinistra). L’osso dell’anca, nella regione di fusione delle 3 ossa (ileo, ischio e pube), sulla superficie esterna presenta una fossa, una emisfera vuota detta acetabolo, complementare all’estremo craniale, la testa, dell’osso della coscia, il femore, quindi alla testa del femore, che ha infatti forma di sfera. Si forma in questo modo l’articolazione coxofemorale o articolazione dell’anca (una a destra e una a sinistra) articolazione mobile che appartiene alla categoria delle enàrtrosi (quando un capo articolare osseo è sferico e l’altro è complementare) che assicura tutti i movimenti possibili: flessione, estensione, adduzione, abduzione, rotazione e circumduzione. Le articolazioni coxofemorali sono quelle che garantiscono la capacità di movimento camminando e la capacità di mantenimento dell’equilibrio eretto. L’osso dell’anca ha quindi 2 funzioni: concorrere alla composizione della parete della cavità addominale e costituire l’articolazione coxofemorale o articolazione dell’anca Bipedismo: L’uomo è l’unico vertebrato caratterizzato da bipedismo, condizione che antropologicamente nasce in seguito all’insorgere della necessità di portare il cibo a casa utilizzando gli arti superiori. Questo ha determinato nell’uomo una rivoluzione dello scheletro rispetto alle altre specie animali: - Il bacino, visto frontalmente, è di forma ellittica con l’asse trasversale maggiore dell’asse longitudinale, mentre nelle altre specie l’asse trasversale è minore dell’asse longitudinale: nell’uomo si è allargato; - Il grande trocantere, processo osseo del femore, si trova su un piano laterale rispetto a testa e collo del femore, mentre nelle altre specie si trova su un piano laterale, ruotato cioè di 90° verso il davanti; - La colonna vertebrale vista di profilo non è dritta, ma presenta convessità e concavità alternate: il tratto cervicale è convesso verso l’avanti (lordosi cervicale), il tratto toracico è convesso verso il dietro (cifosi toracica), il tratto lombare è convesso verso l’avanti (lordosi lombare) e il sacro coccige è convesso verso il dietro (cifosi sacrococcigea). Ciò è dovuto al fatto che l’assunzione della posizione bipede ha comportato una diversa distribuzione del peso a livello del cranio, posteriormente più pesante: a livello della prima vertebra, atlante, si genera uno squilibrio che viene bilanciato dalla lordosi cervicale, a sua volta compensata dalla cifosi toracica, e così via fino alla cifosi sacrococcigea. Il termine lordosi indica convessità anteriore, il termine cifosi indica convessità posteriore. - Le scapole, coppia di ossa dorsali, nell’uomo sono disposte più o meno su un piano frontale. Negli altri animali le scapole non sono orientate su un piano frontale, benché nemmeno su un piano sagittale, ma su un piano obliquo, che tuttavia è molto più sagittale di quanto non sia nell’uomo. Questa conformazione nell’uomo fa sì che l’omero sia anch’esso traslato di 90° verso l’esterno, per cui il diametro trasverso della parte superiore del tronco è molto maggiore del diametro anteroposteriore !3 www.hackmed.org M.C.A. Cingolo scapolare: C’è tuttavia una differenza tra arto superiore e arto inferiore: i movimenti che si possono compiere con arto superiore e inferiore sono qualitativamente gli stessi (flessione, estensione, adduzione, abduzione, rotazione, circumduzione), ma quantitativamente quelli dell’arto superiore sono molto maggiori. Ad esempio si può iperabdurre l’arto superiore ma non l’arto inferiore. L’estrema mobilità dell’arto superiore è dovuta al fatto che mentre inferiormente abbiamo una conformazione tale per cui 3 ossa (le 2 ossa dell’anca e il sacro) si articolano tra loro a formare un recinto, una bacinella estremamente rigida, e a questo livello si inseriscono i femori, a livello dell’arto superiore l’omero, l’osso del braccio, è appeso alla scapola. Scapola: Le scapole sono 2 ossa piatte, posteriori, disposte quasi sul piano frontale, a forma di triangolo rettangolo in cui i cateti maggiori sono paralleli tra loro e sono l’elemento più vicino alla colonna vertebrale (margine mediale o vertebrale della scapola); il cateto minore è parallelo al piano terra e guarda in alto; l’ipotenusa è il margine laterale o ascellare o brachiale perché più vicino all’ascella e all’omero. Posteriormente la scapola, in prossimità del margine superiore, presenta un’appendice, un processo osseo, la spina della scapola, che termina lateralmente con una protuberanza detta acròmion. Al suo estremo laterosuperiore la scapola presenta la cavità glenoidea, destinata ad accogliere la testa sferica dell’omero. La cavità glenoidea è appena accennata, molto meno profonda dell’acetabolo, ed è accentuata dal cercine fibroso, anello fibroso che ne aumenta la profondità. Proprio perché la cavità glenoidea è poco profonda i movimenti della testa dell’omero sono quantitativamente maggiori rispetto a quelli del femore nell’arto inferiore. Questa conformazione anatomica è la causa della maggiore probabilità di fuoriuscita della testa dell’omero dalla cavità glenoidea, rispetto a quella di fuoriuscita del femore dall’acetabolo, a parità di trauma. Questo evento è detto lussazione della spalla. Tramite l’acròmion la scapola si articola con la clavicola. Clavicola: E’ un osso piatto, non molto lungo, disposto a formare una “S” coricata vista dall’alto. Infatti essa presenta 2 convessità: nella metà laterale la convessità guarda indietro, nella metà mediale guarda in avanti. All’estremità laterale la clavicola si articola con la scapola, in particolare con la spina della scapola, in particolare con l’acròmion, mentre con la sua estremità mediale si articola con la parte superiore dello sterno. Non ci sono altre articolazioni, quindi è evidente come l’arto superiore sia appeso alla scapola, che a sua volta è appesa all’estremità superiore dello sterno. Questo permette l’ampia gamma di movimenti possibili, qualitativamente e quantitativamente, che si possono compiere con l’arto negativo. Oltre alla maggior facilità di lussazione della spalla, un altro punto debole è l’articolazione mediale della clavicola con la parte superiore dello sterno, che anch’essa può lussarsi, disarticolarsi. Gabbia toracica: Vertebre: Le vertebre non hanno tutte le stesse dimensioni, tendono a crescere procedendo verso il basso. Le vertebre lombari sono le più grandi. Anteriormente ogni vertebra rappresenta una sezione di cilindro, leggermente appiattito in senso anteroposteriore, le cui superfici superiore e inferiore sono incavate, pronte per accogliere il disco intervertebrale, che ha la forma di una lente biconvessa, quindi complementare. Questa parte prende il nome di corpo vertebrale. Dagli estremi della superficie posteriore del corpo si diparte, una a destra e una a sinistra, la radice o peduncolo della vertebra. La radice della vertebra, dopo un breve tragitto verso il dietro, da origine a 2 processi, come se si dividesse ad “Y”. L’estremità della Y che va verso l’esterno prende il nome di processo trasverso; l’altra estremità della Y, che va indietro e medialmente, prende il nome di lamina della vertebra. In tutte le vertebre le due lamine tendono a convergere posteriormente in un punto e a fondersi in un processo impari e mediano, il processo spinoso, che rappresenta la parte più dorsale delle vertebre. I processi spinosi hanno varie morfologie: via via che si scende da C1 a T12 i processi spinosi, inizialmente paralleli al piano terra, tendono a inclinarsi progressivamente, per tornare invece ad essere orizzontali a livello delle vertebre lombari. Dal confine tra il processo trasverso e la lamina, a destra e a sinistra, si dipartono altri 4 processi ossei, 2 superiori e 2 inferiori, che la vertebra usa per articolarsi con la vertebra soprastante e la vertebra sottostante. Infatti le vertebre sono articolate tra loro non soltanto tramite il disco intervertebrale ma anche attraverso una serie di faccette articolari che le tengono insieme, le une complementari alle altre. !4 www.hackmed.org M.C.A. Proprio perché le lamine convergono lungo la linea di centro per fondersi e formare il processo spinoso, si viene a creare uno spazio, che in sezione è vagamente triangolare, delimitato anteriormente dal corpo della vertebra e posterolateralmente e posteriormente dalle lamine ossee, che prende il nome di foro vertebrale. Dalla disposizione in serie delle vertebre si ottiene un canale, il canale vertebrale, formato dai singoli fori vertebrali, destinato ad ospitare il midollo spinale e un involucro del midollo spinale, le meningi (plurale). Tra una vertebra e l’altra, per il contributo delle radici della vertebra soprastante e di quella sottostante, si viene a creare una coppia di spazi, uno a destra e uno a sinistra, che prendono il nome di fori intervertebrali o fori di coniugazione. Questi fori sono importanti perché rappresentano l’unica porta di entrata e uscita tra il canale vertebrale e ciò che sta attorno. Questa via di comunicazione è fondamentale per l’ingresso delle arterie che devono irrorare il contenuto del canale vertebrale e per l’uscita delle vene che devono portare via sostanze di rifiuto. Inoltre attraverso i fori di coniugazione emergono i nervi, composti da fibre in uscita e in entrata dal midollo spinale. Le vertebre sono disposte in serie, in modo segmentario, ma sono tenute insieme da strutture quali i dischi intervertebrali. Disco intervertebrale: A livello del tratto cervicale, toracico e lombare della colonna vertebrale, tra una vertebra e l’altra sono presenti i dischi intervertebrali. Il disco intervertebrale è composto da tessuto connettivo che forma vari strati concentrici con all’interno una parte centrale, molto idratata alla nascita, il nucleo polposo, di consistenza più molle rispetto all’anello fibroso che lo circonda. Le vertebre quindi, nei tratti cervicale, toracico e lombare, si articolano tra loro tramite il disco intervertebrale. Questo tipo di articolazione è qualitativamente identico all’articolazione tra le 2 ossa del pube. Anche queste infatti sono sinfisi, un tipo di articolazione semi-mobile. Proprio perché il foro di comunicazione dà passaggio al nervo periferico, e proprio perché il foro si trova immediatamente tra la radice della vertebra soprastante e la radice della vertebra sottostante, il disco intervertebrale concorre a formare la parete di questo foro di coniugazione. E’ importante perché se si riduce la lordosi lombare, ad esempio tra L4 e L5, punto critico, la parte anteriore del disco intervertebrale comincia ad essere compressa, e di conseguenza a lungo andare il nucleo polposo, che è molto idratato, si sposta posteriormente e lateralmente: si ha ernia discale. Questo comporta che il nucleo polposo va a comprimere il nervo che sta uscendo a livello del foro di coniugazione, a destra o a sinistra, e quando un nervo periferico viene compresso meccanicamente si ha il fenomeno della parestesia, il cosiddetto formicolio, che rientra nella categoria del dolore (si può avere dolore anche più intenso). A lungo andare anche le fibre motrici sono coinvolte, con conseguente disturbo motorio: impotenza muscolare. Se viene coinvolto il nervo sciatico si parla di sciatalgia. Nell’osso sacro non ci sono dischi intervertebrali, le ossa sono fuse tra loro, ma anche qui ci sono fori di coniugazione, il che significa che anche a questo livello entrano ed escono vasi ed entrano ed escono fibre sensitive e motrici, che vanno ad innervare l’arto inferiore e il perineo. E dato che la compressione di un nervo può essere anche il risultato di un tumore o di una rarefazione ossea causata da osteoporosi, e che nella regione sacrale non ci sono dischi intervertebrali, se il paziente riferisce dolore al perineo non si può pensare sia discopatia o ernia discale, ma qualcosa di più grave. Legamenti vertebrali: Esistono altre strutture che tengono insieme le vertebre tra loro. 1) Legamento longitudinale anteriore: fettuccia (2 cm ca.) continua di tessuto fibroso continuo, al davanti dei corpi vertebrali, incollato alla faccia anteriore dei corpi vertebrali, si estende da C1 a L5. 2) Legamento longitudinale posteriore: si trova posteriormente ai corpi vertebrali, continuo ma più stretto dell’anteriore; da questo periodicamente si diparte tessuto fibroso a destra e a sinistra, come le spine di una lisca di pesce, che va a rinforzare posteriormente e lateralmente il disco intervertebrale a cui si attacca. 3) Legamento sopraspinoso: si trova lungo gli apici dei processi spinosi, continuo, simile ad una corda. 4) Legamenti interspinosi: da un processo spinoso soprastante al processo spinoso sottostante si trovano i legamenti interspinosi, periodici, non continui. 5) Legamenti gialli: (gialli a causa del loro colore) tra una lamina ossea e l’altra, a destra e a sinistra, periodici, ma diversamente dai legamenti interspinosi si trovano in coppia tra una vertebra e l’altra. Tutti questi legamenti hanno il compito di tenere insieme la colonna vertebrale e, per le sue parti semimobili, dare una certa rigidità senza interferire con la mobilità necessaria. !5 www.hackmed.org M.C.A. Coste: Eccezion fatta per T1 e T2, laddove questa articolazione si trova tra una vertebra soprastante e quella vertebra sottostante, a livello del tratto toracico si articolano, a destra e a sinistra, coppie di coste con le vertebre. La costa è un osso piatto, una sezione di ellisse, che posteriormente e medialmente si articola con la corrispondente vertebra e vi si articola con un processo, più largo rispetto al resto, come l’estremo di una bacchetta di tamburo, la testa della costa, seguito da un collo che va indietro e lateralmente per un breve tragitto, poi improvvisamente l’andamento della costa inverte il suo tragitto, per continuarsi nel corpo della costa che raggiunge lo sterno. Le coste nascono dietro e medialmente e terminano avanti e medialmente. Esse sono in numero di 12 paia e si distinguono in coste vere e coste false: le prime 7 coppie di coste sono vere, le ultime 5 coppie sono false. Le coste vere sono chiamate così perché ad un certo punto cessano di essere composte da tessuto osseo e si continuano con un tratto di tessuto cartilagineo che va ad articolarsi con lo sterno in maniera indipendente l’una dall’altra, sia a destra che a sinistra: lungo il margine laterale dello sterno ci sono dei punti precisi destinati a ricevere la cartilagine costale di ogni costa, fino alla 7°. Le coste false si dividono a loro volta in 2 gruppi: il primo gruppo è composto da 8°, 9° e 10° costa, le quali presentano sempre tratti finali di tessuto cartilagineo, ma convergono in un unico processo cartilagineo che raggiunge lo sterno; il secondo gruppo è composto da 11° e 12° costa, dette fluttuanti o libere perché sono prive di elementi cartilaginei: si interrompono e non si articolano con lo sterno, né direttamente, né indirettamente. Le cartilagini costali devono percorrere un tragitto verso l’alto e medialmente per raggiungere la loro destinazione finale che è lo sterno. Si viene a costituire una coppia di arcate o archi condrocostali, con cui si intende il profilo delle cartilagini costali, sostanzialmente della 10°,9° e 8° costa, che si uniscono e raggiungono la parte inferiore dello sterno. Viste del davanti le arcate condrocostali determinano un angolo acuto aperto in basso. Sterno: Le coste raggiungono lo sterno, osso piatto, impari, mediano e anteriore, che consta di 3 ossa fuse tra loro. I margini superiore e laterali dello sterno non sono linee rette ma presentano incisure. La parte superiore, più larga, è detta manubrio dello sterno; a questa segue una parte più sottile e lunga, il corpo dello sterno, ed infine la parte inferiore, il processo xifoideo. - Manubrio: E’ un poligono il cui lato superiore è una linea concava verso l’alto e prende il nome di incisura giugulare dello sterno, anche nota come giugulo. Questa è un’incisura libera, che non si articola con nessun osso. L’incisura giugulare dello sterno proietta tra la 2° e la 3° vertebra toracica, T2 e T3. Il profilo del manubrio dello sterno presenta un’altra incisura, una coppia, che non è libera perché in questa regione si inserisce il capo mediale della clavicola, a destra e a sinistra. A seguire si trova un’altra coppia di incisure, che servono ad accogliere la cartilagine della 1° costa. In seguito il profilo del manubrio dello sterno scende in basso e medialmente a formare un’altra coppia di incisure libere e all’estremo inferiore di queste due linee comincia il corpo dello sterno. - Corpo: Comincia in maniera visibile e apprezzabile alla digitopressione perché esiste una linea di demarcazione netta che segna il passaggio dal manubrio al corpo dello sterno, dovuta al fatto che le 2 ossa sono articolate in una sinartrosi, in cui i 2 capi articolari si uniscono incollandosi, a livello della quale si forma un angolo ottuso indietro, detto angolo sternale o angolo di Louis, importante perché all’altezza di q u e s t o a n g o l o c o n f l u i s c o n o l e c a r t i l a g i n i d e l l a 2 ° c o s t a . Al di sotto dell’angolo sternale, il corpo dello sterno prosegue per alcuni cm e si articola con le cartilagini costali alternandosi a spazi, fino ad arrivare all’estremo inferiore del corpo dove un’altra linea, questa volta non apprezzabile, marca il passaggio tra corpo e processo xifoideo dello sterno. Nel punto di passaggio da corpo e processo xifoideo arriva la cartilagine costale che media il rapporto dell’8°, 9° e 10° costa con lo sterno. - Processo xifoideo: Non riceve coste, non si articola con nessun osso se non con il soprastante corpo, e proietta posteriormente alla 9° vertebra toracica, T9. L’insieme di questi elementi delimita lo spazio del torace. Nel suo complesso la gabbia toracica, vista dal davanti o dal dietro, appare come un cono con la base rivolta verso il basso e l’apice verso l’alto, appiattito in senso anteroposteriore e con l’apice tronco. L’apice è tronco perché è formato da T1, la prima coppia di coste e la parte superiore dello sterno (come un albero tronco). La lunghezza tra T1 e T12, corrispondente a circa 30 cm, è molto maggiore della lunghezza dello sterno, che è circa la metà. Questo impone come conseguenza che le coste risalgano in alto e medialmente per raggiungere lo sterno via via che si passa dalla prima alla 10° coppia di coste (11° e 12° non lo raggiungono). Di conseguenza l’aspetto del cono che rappresenta la gabbia toracica è asimmetrico, poiché davanti è incompleto. Questa caratteristica è funzionale. !6 www.hackmed.org M.C.A. I piani immaginari poggiati sulle coste aumentano l’inclinazione in basso e in avanti via via che si procede dalla prima all’ultima coppia. Questa morfologia è funzionale perché è alterabile: dato che i polmoni sono solidali con la parete toracica, se si trova il modo di modificare in maniera transitoria la morfologia della parete toracica, per esempio aumentando i diametri anteroposteriore, trasverso e verticale, si trova il modo di ampliare il volume interno del torace. Se si aumenta il volume del torace la pressione diminuisce e viceversa. L’aria entra nelle vie aeree grazie ad una diminuzione della pressione endotoracica. La morfologia della gabbia toracica è funzionale a fare in modo che durante l’inspirazione questa si alteri: le coste non sono continue l’una con l’altra, tra una costa e l’altra ci sono 11 spazi intercostali, pieni di tessuto molle, composto prevalentemente da muscolatura scheletrica, i muscoli intercostali, orientati in maniera tale che con la loro contrazione durante l’inspirazione le coste vengano tirate verso l’alto, quindi ruotate in avanti e verso l’alto con il loro margine inferiore. Il movimento della singola costa in queste 2 direzioni, moltiplicato per 12 e per 2, determina un valore che va considerato al cubo e rappresenta la variazione di volume, che corrisponde a circa +300 ml, esattamente la quantità di aria che introduciamo nei polmoni in un ordine di respirazione tranquilla. Affinché questo accada è tuttavia necessaria anche l’azione di un muscolo, il diaframma. Questo progressivo aumento di inclinazione del piano delle coste, di fatto, è funzionale a fare in modo che durante l’inspirazione le coste possano essere tirate su e possano ruotare: ruotando, proprio perché sono inclinate, spingono in avanti lo sterno, e siccome ogni minima variazione va considerata al cubo, questo è un modo efficace di fare aumentare il volume interno del torace e quindi diminuire la pressione, utile per risucchiare aria. !7 www.hackmed.org M.C.A. CAVITA’ TORACICA Struttura e generalità: La maggior parte del torace, circa i ¾, è occupata dai polmoni. Se vengono tagliate le coste toraciche e non viene spostato nulla si vedono i 2 polmoni, coperti dalle pleure, e si intravede un’enorme formazione più o meno centrale nella parte inferiore del torace, di colore grigio. Questa formazione è il cuore. Il colore grigio è dato dal fatto che il cuore è avvolto da un involucro, il pericardio, di cui si vede il foglietto più esterno (pericardio fibroso) composto da tessuto connettivo, che essendo poco vascolarizzato appare grigio. Il cuore diventa visibile se si spostano leggermente verso destra e verso sinistra i 2 polmoni, che altrimenti lo coprono parzialmente. Per comodità si attribuisce un nome allo spazio della cavità toracica non occupato dai polmoni: mediastino. Se si fa la stessa cosa in un neonato si osservano qualitativamente le stesse cose che si osservano in un soggetto giovane, ma non si ha necessità di spostare i polmoni, in quanto il soggetto non ha mai respirato e di conseguenza hanno un volume complessivo minore, non c’è aria all’interno (“è la funzione che fa l’organo”). Quindi i polmoni appaiono retratti e gran parte del mediastino è occupato dal cuore, che invece è un organo che funziona da subito. Il cuore è un organo che si accresce in proporzione enormemente rispetto al suo proprietario, per questo occupa gran parte del mediastino e del torace. In un neonato, ma anche in un bambino e in un adolescente, fino a circa 23 anni, la parte superiore del mediastino (ciò che sta sopra il cuore) è occupata da un altro organo, grigiastro e bilobato, il timo. Timo: E’ un organo molto grande alla nascita, se pur più piccolo del cuore, tanto grande che con qualche suo lobo sconfina nel collo. E’ un organo linfoide, appartiene al sistema immunitario di cui rappresenta un organo centrale. Qui infatti i linfociti acquisiscono la maturità funzionale immunologica. Il timo è un organo vitale: se esso manca il proprietario è destinato a vivere in maniera del tutto isolata perché qualora si esponesse all’ambiente naturale verrebbe investito da virus e batteri contro cui non ha armi, quindi soccomberebbe per malattia infettiva. Il timo è un organo a termine: vive meno di quanto non viva il suo proprietario. Cresce insieme al proprietario fino circa alla pubertà; per tutta l’adolescenza (periodo che va dalla pubertà ai 18-23 anni) il timo cresce molto meno del suo proprietario, quindi in proporzione si rimpicciolisce; dopo l’adolescenza progressivamente regredisce, perché una volta svolto il suo compito non serve più. Rimane solo qualche tralcio fibroso del timo, sopra il cuore al davanti di alcuni vasi, che ne rappresenta le vestigia. E’ importante che il timo venga eliminato, perché la sua persistenza nel soggetto dopo l’adolescenza è epidemiologicamente (epidemiologia = scienza che studia l’andamento statistico delle malattie) correlata a una grave malattia neuromuscolare, la miastenìa grave, malattia autoimmune della placca motrice (il luogo in cui assoni motori fanno sinapsi con le miofibre scheletriche). E’ una malattia grave perché può colpire le placche motrici di muscoli respiratori. Esiste una correlazione positiva: la rimozione del timo in un soggetto con miastenìa grave migliora notevolmente la sintomatologia del paziente. !8 www.hackmed.org M.C.A. CUORE: Struttura e generalità: Il cuore è una pompa elettromeccanica propellente e aspirante. Organo vitale, deputato a spingere sangue nel circolo per assicurare ossigenazione dei tessuti. In un soggetto adulto il cuore ha un asse maggiore lungo 13 cm circa, orientato in basso, in avanti e a sinistra. Il cuore ha la forma di una piramide, con apice che guarda in basso, in avanti e a sinistra, arrotondato, e base rivolta in alto, indietro e a destra. E’ una piramide in cui si distinguono, oltre alla base, 3 facce: 1) Faccia sternocostale: guarda verso lo sterno e verso le coste, in particolare le coste di sinistra, ma soltanto una piccola regione vi è a contatto. E’ una faccia complessivamente convessa verso l’avanti e verso l’alto. 2) Faccia diaframmatica: così chiamata perché poggia sul diaframma, ma di fatto è la faccia inferiore, che guarda in basso e leggermente indietro. E’ una faccia relativamente piatta. 3) Margine ottuso: faccia che guarda verso sinistra, complessivamente convessa, con dimensioni molto minori rispetto alla faccia sternocostale e alla faccia diaframmatica, per questo non nota come “faccia” ma come “margine”. Si usa il termine margine ottuso, nonostante sia una faccia, per assonanza con un altro margine, invece ben visibile, il margine acuto, che limita anteriormente il cuore e che segna il passaggio dalla faccia sternocostale alla faccia diaframmatica andando dall’alto in basso lungo la faccia sternocostale (il margine in anatomia corrisponde a ciò che in geometria solida è lo spigolo). Il margine acuto è molto meno arrotondato del margine ottuso e se si taglia trasversalmente la parte di cuore prospiciente l’apice, la sezione mostra un angolo acuto. Il margine acuto da destra a sinistra è quasi parallelo al piano terra. Può venir chiamato anche “margine di destra”, ma non è corretto, perché non si trova a destra. Osservando il cuore isolato, se lo si guarda dal davanti e da sotto, si nota che lontano dall’apice, verso la base, in superficie è percorso da un solco che lo avvolge pressoché completamente, il solco coronario (ricorda una corona). Il solco coronario definisce sulla superficie esterna del cuore il passaggio tra la regione ventricolare, anteriore e inferiore, la più grande, la più ricca di muscolatura e che va dal piano immaginario del solco coronario all’apice, da tutto il resto, cioè la regione atriale, superiore, posteriore e rivolta a destra, che sta dietro questo piano immaginario. Secondo alcuni anatomici si può identificare la base del cuore con l’insieme dei 2 atri, cioè tutto ciò che sta dietro al piano immaginario passante per il solco coronario. Secondo altri, correttamente, ciò non è vero, perché ad esempio parte degli atri costituisce la faccia sternocostale e la faccia diaframmatica, e si identifica con la base del cuore la parte più alta, che volge in alto, indietro e a destra, laddove il cuore finisce dietro, cioè una parte della regione atriale (non tutta la regione atriale, ma soltanto l’estremo dorsale, craniale e che guarda verso destra). Questa parte, posteriore al piano passante per il solco coronario, è la più complessa, perché vi si trovano tante formazioni, quali la regione atriale e un certo numero di vasi, arteriosi e venosi, che nell’insieme rappresentano il peduncolo del cuore (peduncolo è in anatomia ciò che in botanica è il picciolo). L’asse maggiore del cuore è volto in avanti, in basso e a sinistra e il solco coronario insiste su un piano grossolanamente perpendicolare ad esso. Dato che il solco coronario definisce il passaggio tra regione ventricolare e regione atriale, la parte del cuore ad esempio situata posteriormente al solco coronario e a destra non può appartenere alla regione ventricolare, ma rappresenta l’atrio di destra, di cui, visto dal davanti, si vede il profilo laterale e una parte della faccia anteriore; non si vede bene l’atrio di sinistra perché essendo l’asse del cuore orientato in avanti, in basso e a sinistra, la parte ventricolare del cuore copre gran parte dell’atrio sinistro quando il cuore è visto dal davanti. Per osservare la regione atriale si guarda il cuore da dietro. Si intravede la faccia di sinistra del cuore, il margine ottuso, e principalmente si vedono gli atri. Questa regione, come quella ventricolare, va suddivisa in 2 parti, atrio di destra e atrio di sinistra. La parte di sinistra ricorda una struttura ovoidale il cui asse maggiore è parallelo al piano terra. L’atrio di sinistra è affiancato dall’atrio di destra, la cui forma ricorda sempre una struttura ovoidale, ma il cui asse maggiore è verticale. Quindi complessivamente la regione degli atri è un insieme di 2 formazioni ovoidali di cui la metà di sinistra ha un asse maggiore parallelo al piano terra e la metà di destra ha un asse maggiore ortogonale al piano terra. Non ci sono vasi che si dipartono dagli atri e vanno in periferia. I vasi che fanno capo ai 2 atri sono centripeti: vanno verso gli atri. In particolare all’atrio di destra fanno capo 2 grossi vasi, 2 grosse vene, uno !9 www.hackmed.org M.C.A. che viene dall’alto, la vena cava superiore, e un altro che viene dal basso, la vena cava inferiore, che insistono, in questo loro tragitto finale presso l’atrio, sullo stesso piano: sono coassiali (se infilo una penna nella cava superiore questa fuoriesce dalla cava inferiore). Si può dire che l’atrio di destra rappresenta la regione di arrivo di questi 2 grossi vasi. Allora l’asse verticale dell’atrio di destra è spiegato dal fatto che quest’atrio nasce dalla convergenza di 2 vasi provenienti dall’alto e dal basso e coassiali. Al contrario, che l’asse maggiore dell’atrio di sinistra sia orizzontale è dato dal fatto che, applicando lo stesso ragionamento, l’atrio sinistro rappresenta la regione di arrivo questa volta di 4 vasi, una coppia che viene da destra e una da sinistra, le 4 vene polmonari. Questi elementi permettono di definire anatomicamente la base del cuore, che sarà l’insieme del profilo di sinistra dell’atrio di sinistra, del profilo di destra dell’atrio di destra e lo spazio racchiuso tra queste 2 linee, non comprendendo la base del cuore né la cava superiore, né la cava inferiore, né le 4 vene polmonari, al massimo bisogna inserire il piano di arrivo di queste 6 vene. La base del cuore rappresenta anche una parte dorsale del cuore. In questa parte dorsale del cuore, siccome l’asse del cuore è orientato in avanti, in basso e a sinistra, i 2 atri, destro e sinistro, non possono insistere sullo stesso piano frontale, cosa che sarebbe se l’asse del cuore fosse orientato in basso, in avanti e sulla linea di mezzo. Quindi il piano complessivo che contiene l’atrio di destra è spostato leggermente più in avanti rispetto al piano complessivo che contiene l’atrio di sinistra. La parte più dorsale del cuore in assoluto è l’atrio di sinistra (questo concetto è molto importante per le implicazioni che ha nella medicina pratica). Atri e Ventricoli: Il cuore è una pompa elettromeccanica propellente ed aspirante. Siccome al cuore fanno capo vasi (le 2 vene cave e le 4 vene polmonari) e i vasi portano sangue, bisogna immaginare che il cuore non può essere un organo pieno, dev’essere un organo cavo: quello che si vede in superficie non è altro che pareti che delimitano cavità. Nel cuore ci sono 4 cavità: 2 sono gli atri, comunemente noti come cavità superiori, e 2 sono i ventricoli, noti come cavità inferiori. Siccome queste sono cavità, esse devono essere delimitate non soltanto in superficie, ma anche all’interno, devono essere cioè sepimentate, quindi devono essere presenti pareti divisorie. A separare i 2 atri di trova il setto interatriale, a separare i 2 ventricoli si trova il setto interventricolare. Dopo la chiusura del cordone ombelicale, alla nascita, i 2 atri non devono comunicare tra loro e i 2 ventricoli non devono comunicare tra loro. Esiste anche una sepimentazione che separa le cavità atriali dalle cavità ventricolari, che tuttavia non è continua: a livello del piano che passa per il solco coronario, che coincide con il piano della sepimentazione, si trovano 4 aperture o osti (plurale di ostio), di cui 2, gli osti atrioventricolari, i più grandi, permettono il passaggio del sangue dall’atrio al ventricolo sottostante, ma non viceversa, per ogni lato, e gli altri 2, osti arteriosi, permettono al sangue che è arrivato agli atri (dagli atri arriva sangue ma non parte) e poi ai ventricoli di abbandonare queste strutture, posto che non deve tornare agli atri (cosa che determinerebbe inefficienza della funzione cardiaca e problemi di natura medica). Osservando il cuore dall’alto, nella parte superiore e dorsale, al confine tra la regione dei ventricoli e la regione degli atri, si trovano 2 cerchi, ottenuti recidendo i due vasi uscenti dal cuore. Si tratta di 2 arterie in uscita a parete elastica: una in uscita dal ventricolo di destra, la più ventrale, l’arteria polmonare, l’altra in uscita dal ventricolo sinistro, più dorsalmente e più a destra rispetto alla precedente, l’arteria aorta. L’arteria polmonare si chiama così perché il sangue che vi scorre è diretto ai polmoni, mentre l’aorta prende questo nome dal significato greco di questa parola: “ciò che va in alto” o “ciò che è appeso”. Tutti i vasi arteriosi del corpo sono parenti dell’aorta: tutte le arterie dirette dal cuore a tutti i tessuti sono rami dell’aorta, o diretti o indiretti. L’aorta da quindi origine al grande circolo: non c’è distretto, anche il più periferico, che non riceva sangue ossigenato proveniente dall’aorta e dai suoi rami. Il sangue che proviene dai polmoni è sangue ossigenato, che raggiunge l’atrio di sinistra, che lo passa al ventricolo di sinistra, che lo passa a tutti i tessuti. Alla periferia del sistema il sangue ossigenato cede gran parte del suo ossigeno, prende il prodotto di rifiuto, CO2, e la portano nel luogo dove dev’essere eliminata, i polmoni, grazie alla confluenza dei capillari in venule e poi vene, di calibro sempre maggiore, fino a diventare vena cava inferiore o superiore, che finiscono all’atrio di destra, da cui il sangue passa poi al ventricolo di destra e tramite il tronco polmonare ai polmoni, dove compie un nuovo ciclo do ossigenazione. Ma siccome il circolo polmonare è piccolo, si dice che il ventricolo di destra pompa sangue nel piccolo circolo, mentre il ventricolo di sinistra pompa sangue nel grande circolo. Questo processo si ripete nella vita di un uomo circa 3 miliardi e 300 milioni di volte. !10 www.hackmed.org

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Da notare che le 5 vertebre sacrali e le 4 vertebre coccigee sono fuse a formare Stomaco - Anatomia descrittiva, topografica e funzionale:.
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