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Analitici e continentali. Guida alla filosofia degli ultimi trent'anni PDF

560 Pages·1997·25.94 MB·Italian
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pre oe e continental ANALITICI E CONTINENTALI Una guida alla filosofia contemporanea dagli anni Sessanta a oggi: i tempi del dibattito filosofico attuale, gli autori, le principali scuole e correnti. Una messa a punto generale, che tiene conto tanto deila filosofia europea (“continentale”) quanto di quella angloamericano (“analitica”): due tradizioni di pensiero i cui esponenti, come osserva Karl Otto Apel negli anni Seitanta, “raramente hanno preso nota gli uni degli altri” e, se hanno fatto, 6 stato soprattutto per delegittimarsi a vicenda, per accusarsi reciprocamente di non essere “veri” filosofi. Nella prima parte del libro si propone un quadro tematico del pensiero contemporaneo: dal problema deila “fine della filosofia” alle varie ragioni e forme di relativismo; dalla questione del! soggetto al problema della metafisica; dalla svolta linguistica alla svolta cognitiva. Nella seconda parte vengono prese in esame le correnti che hanno determinato il dibattito degli ultimi trent’anni: Ja filosofia anaiitica, lermeneutica, il poststrutturalismo, il neostrutturalismo e il postmodernismo, il razionalismo critico, l'epistemologia postempiristica, la teoria della complessita, la teoria critica francofortese e habermasiana. Conclude i! volume una bibliografia ragionata su autori e correnti del pensiero contemporaneo. Franca D’ Agostini Analitici e continentali Guida alla filosofia degli ultimi trent’ anni Prefazione di Gianni Vattimo © 1997 Raffaello Cortina Editore Edizione CDE spa - Milano su licenza Raffaello Cortina Editore PREFAZIONE Gianni Vattimo Gli schemi, apparentemente neutrali e di comodo, che si adot- tano per presentare in modo ordinato la storia della filosofia nei suoi vari periodi, non sono mai davvero neutrali e puramente de- scrittivi; hanno sempre, come si sa, anche uno sfondo teorico, che fa della storiografia filosofica, pit ancora di qualunque altro gene- re di storiografia, una scrittura carica di teoria, caratterizzata pit o meno esplicitamente e consapevolmente da precise prese di posi- zione. Se un tale impegno teorico della descrizione storiografica ri- sulta poco marcato nelle storie della filosofia del passato meno vi- cino, é solo perché in questo caso gli schemi storiografici sono or- mai canonizzati, e hanno assunto una ovwvieta che li rende quasi in- visibili. Quando si tratta invece di periodi pid vicini a noi, la dove ancora non si sono stabiliti degli ordinamenti canonici, il coinvol- gimento teorico risulta pit evidente; anche pit discutibile ma, in- sieme, pitt ricco di stimoli e di indicazioni di sviluppo. E questo il caso dell’ipotesi di lavoro adottata da Franca D’ Agostini nella pre- sentazione della filosofia degli ultimi trent’ anni in base alla dicoto- mia tra “analitici” e “continentali”. Che non é una formulazione radicalmente nuova, perché si fonda su una contrapposizione con- cettuale largamente presente nel dibattito contemporaneo (anche se forse non é stata ancora adottata come base per una storia del pensiero degli ultimi decenni); ma rappresenta un approccio cari- co di implicazioni teoriche meritevoli di un’attenzione che va mol- to al di la dell’interesse puramente informativo. Intanto, la “semplificazione” del quadro che si opera con la de- cisione di assumere come base questa grande dicotomia non pud evitare di apparire anche come l’indicazione di una specie di pro- blema centrale e decisivo per il pensiero contemporaneo. In molti sensi, cioé, la separazione o l’opposizione tra queste due grandi li- XI PREFAZIONE nee e stili di pensiero é forse la questione in cui si riassume il pro- blema caratteristico a cui si trova di fronte la filosofia di oggi. Por- re la cosa in questi termini pud sembrare una decisione arbitraria, ma é anche, secondo noi, il punto di partenza per una lettura che solo in quanto é orientata da un interesse non panoramico pud affrontare il materiale del libro — le teorie, le vicende delle varie scuole e dei singoli pensatori — con l’atteggiamento giusto, adegua- to alla “cosa stessa”. Insomma, lo schema entro cui l’autrice colloca il lavoro filosofi- co degli ultimi tre decenni puo sia venire assunto come un puro principio di organizzazione esteriore del materiale, che si rivela co- munque utile per costruire un quadro non troppo frammentario e sufficientemente chiaro e informativo; sia, in un senso pit: impe- gnativo, pud venir preso come punto di partenza per una discus- sione dei risultati, dei problemi aperti, del “senso” complessivo da attribuire alla ricerca e al dibattito filosofico con cui ci mette in contatto. A mano a mano che si procede nella lettura del libro, ci si rende conto che l’utilita informativa e “organizzatrice” dello schema é segno della sua fecondita e appropriatezza teorica; che, cioé, il si- gnificato del lavoro consiste nel mettere in evidenza, nella filosofia pit recente, un tema ricorrente che ne costituisce anche il proble- ma centrale ancora aperto (quello appunto della contrapposizione individuata dal titolo) oltre che nel mostrare le linee di continuita e gli elementi di affinita teorica che legano, in alcuni aspetti e mo- menti, le ragioni rispettive dei due stili filosofici. La legittimita e la fecondita euristica della dicotomia scelta co- me filo conduttore da Franca D’Agostini si dispiega con evidenza quando si provi a esplicitare le tante dicotomie analoghe che, nel corso dell’esplorazione delle varie tematiche, opere ¢ autori, essa richiama spontaneamente. La prima a cui pensiamo, prima non necessariamente in ordine di importanza né in alcun senso crono- logico, é quella tra una linea kantiana e una linea hegeliana nel pensiero contemporaneo; vi ha alluso Richard Rorty in un suo scritto, e sebbene la distinzione non coincida completamente con quella tra analitici e continentali, ma abbia con essa (come del re- sto le altre distinzioni evocate nel libro) solo una rassomiglianza di famiglia, si pud a buon diritto pensare che indichi un aspetto filo- soficamente essenziale in quella prima coppia di concetti. La linea kantiana, interessata principalmente a cogliere le condizioni tra- XII PREFAZIONE scendentali di possibilita della conoscenza e in genere della razio- nalita, anche pratica, si incarna oggi in tutte le filosofie che con- centrano la loro attenzione sulla logica, ’epistemologia, le forme del sapere scientifico o anche dell’agire etico con l’intento di indi- viduarne i tratti universali e stabili. Chiamiamo invece linea hege- liana, secondo la proposta di Rorty, quella tendenza che si riscon- tra nelle filosofie che guardano principalmente alla concretezza storica delle forme di vita, dei linguaggi, dei paradigmi scientifici, e che dunque anche pongono al centro dell’attenzione il problema della storicita dei saperi e della stessa filosofia, fino agli esiti estre- mi del relativismo 0, all’opposto, all’ascolto di una storia-destino dell’essere, come é il caso di Heidegger e dei suoi discepoli. Gia il semplice fatto di porre accanto alla dicotomia analitici-continenta- li quest’altra, analoga ma non identica, tra linee kantiana e hegelia- na, suscita una quantita di problemi e suggerisce ampi rimescola- menti di carte: risulta per esempio evidente che non tutta la filoso- fia continentale é sulla linea hegeliana, mentre non pochi filosofi di formazione analitica, proprio attraverso la via del relativismo o, da ultimo, di una qualche forma di comunitarismo, sfuggono all’im- postazione prevalentemente kantiana della tradizione logico-epi- stemologica anglosassone. Ma questi scivolamenti e rimescolamenti del panorama, non che inficiare la validita dello schema di parten- za, mostrano quella che ho chiamato la sua fecondita euristica: fat- ta reagire con Ja distinzione tra kantiani e hegeliani, la dicotomia analitici-continentali si anima e da luogo a ulteriori articolazioni, lascia vedere pit specifiche differenze, indica pit varie e molteplici possibilita di soluzione dei problemi. Un altro modo di formulare I’antitesi pud essere quello che adot- ta, e adatta liberamente, un’espressione dell’ultimo Foucault! che contrappone alla filosofia come “analitica della verita” una filosofia intesa come “ontologia dell’attualita”, preferendo esplicitamente la seconda. Sebbene Foucault non elabori il significato del termine ontologia, la dicotomia che cosi, anche al di Ja delle sue intenzioni esplicite,.si delinea, apre nuove possibili distinzioni e articolazioni nello schema, e non solo per quanto riguarda la compattezza del cété continentale: se si tratta di parlare ancora dell’essere, la linea continentale si scinde piuttosto nettamente tra coloro che, pit fe- deli alle intenzioni di Heidegger, ritengono che comunque dell’es- sere si debba ancora cercare di parlare, e coloro che, come Derrida, pensano che cosi si rimarrebbe prigionieri di una prospettiva meta- fisica. Ma la messa da parte del problema dell’essere come proble- XII PREFAZIONE ma necessariamente metafisico avvicina anche sensibilmente Derri- da a certe posizioni anti-metafisiche di origine analitica, per esem- pio a Rorty, stabilendo dunque un altro possibile ponte tra filosofi analitici e filosofi continentali. Paradossalmente ma non tanto, la maggiore o minore disponibilita a parlare ancora dell’essere e a fa- re dell’ontologia finisce per stabilire anche un’ulteriore divisione tra diversi stili di scrittura filosofica, che non rispetta quella (gene- ralmente accettata, e anche sostanzialmente valida) tra uno stile pit argomentativo e definitorio proprio degli analitici e uno stile pit suggestivo, narrativo o addirittura poetico, dei continentali. Quan- to pid si cerca di fare una ontologia, tanto meno ci si pud permette- re di lasciar da parte l’argomentazione (cid anche contro gli esempi della meditazione ontologica del tardo Heidegger); dal che discen- de che certi testi continentali esplicitamente impegnati sul terreno dell’ontologia sono stilisticamente affini a scritti di autori di prove- nienza analitica molto pit che ai testi classici del decostruzionismo. Alla fine, ma é un tema che, per molte buone ragioni, appare solo marginalmente nel lavoro di Franca D’ Agostini, la dicotomia analitici-continentali, passando attraverso quelle tra linea kantiana e linea hegeliana, tra analitica della verita e ontologia dell’attualita, tra argomentazione e narrazione, finisce per condurre, mediante un ulteriore scivolamento, a quella che si pud caratterizzare con i nomi delle due grandi tradizioni religiose che hanno improntato l’Occidente moderno, ebraismo e cristianesimo. Ancora una volta, del tutto giustamente data l'importanza decisiva del pensatore, il discorso ruota qui intorno a Jacques Derrida, ma anche intorno al nome di quello che é stato forse il suo vero maestro, Emmanuel Lévinas. Fino a che punto Lévinas e Derrida si possono collocare entro la filosofia continentale quando questa sia caratterizzata spe- cificamente come hegeliana piuttosto che kantiana, come ontolo- gia dell’attualita piuttosto che come analitica della verita ecc.? Se si guarda al tema della storicita, é facile scoprire che la storicita di cui si pud parlare per Derrida e Lévinas equivale puramente e semplicemente alla finitezza. Per entrambi, storicita dell’esistenza’ significa che siamo “sempre” gettati in una condizione finita, spe- cifica ecc. Ma cid che importa alla filosofia, qui, é il “sempre”, e non i tratti determinati della concreta situazione. Non sembra ar- bitrario chiamare ebraico questo modo di considerare la storicita, almeno nel senso che l’attesa di colui (0 di cid) che ha da venire — che pure é una componente essenziale di molti scritti, soprattutto XIV PREFAZIONE recenti, di Derrida — non @ confortata da nessun evento storico specifico gia accaduto che articoli e dia un senso definito a tempi ed epoche. E possibile pensare autenticamente la temporalita e la storicita fuori dalla prospettiva della parusia come ritorno di un messia gia venuto e dunque riconoscibile anche nell’articolazione di momenti effettivamente diversi di una storia della salvezza (ma anche in una storia dell’essere)?? Un altro segno della fecondita della dicotomia da cui questo libro muove potrebbe essere pro- prio la sua capacita di condurre, attraverso vie che permettono di riarticolare in modi molteplici il panorama della filosofia odierna, all’estremo del ritrovamento della problematica relazione tra que- sta filosofia e la tradizione religiosa dell’Occidente. Che questa tra- dizione si presenti sotto forma di una alternativa, tra ebraismo e cristianesimo, che perd implica — nasconde, richiama, afferma — una profonda, decisiva continuita (si pensi, tra gli autori di cui qui si parla, a Franz Rosenzweig), potrebbe a buon diritto essere preso come un segno del fatto che, anche nel caso del problematico rap- porto tra filosofia analitica e filosofia continentale, o tra “verita” e “attualita”, tra struttura ed evento, cid che sta davanti alla filosofia come suo compito é, dopo la decostruzione, un lavoro di ricucitu- ra e di ricomposizione. NOTE 1. Vedi M. Foucault, “Che cos’é l’illuminismo? Che cos’é la rivoluzione?”, 1984, tr. it. di G, Marramao, in I/ Centauro, 11-12, maggio-dicembre 1984. 2. Si pensi qui all’importanza che ha l’attesa della parusia nel corso di le- zioni heideggeriane sulla Phenomenologie der Religion (1920-21) ora nel vol. 60, Il sez., della Gesamtausgabe, Klostermann, Frankfurt a.M. 1995, nel quale, con un serrato commento alle due lettere di Paolo ai Tessalonicesi, Heidegger raggiunge una prima definizione della nozione di temporalita autentica che svi- luppera in Essere e tempo. A mio padre in memoria

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