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Analisi del comportamento fascista PDF

130 Pages·1975·4.041 MB·Italian
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Analisi del comportamento fascista Copertina di Roberto Redaelli © 1975 Moizzi Editore - Sede di Milano -Via Fiori Chiari, 12 Antonio Santangelo Analisi del comportamento fascista Moizzi Editore ANALISI DEL COMPORTAMENTO FASCISTA PREMESSA Questo libro sull’analisi del comportamento fascista si riallaccia a una mia precedente pubblicazione De-stratificazio- ne della società. Prospettive biologiche 1. In questa formulavo e svolgevo una tesi fondamentalmente critica degli stati di conservazione sociale. Questa nuova pubblicazione, che si presenta come « Analisi del comportamento fascista », costi­ tuisce una focalizzazione del tema di una struttura regressiva della società, quale è presentata da una struttura di tipo fascista. Il cittadino non si sente più libero e teme anche per la propria incolumità fisica. A queste condizioni di disagio e di grave crisi e che sono percepite anche da chi non è diretta- mente coinvolto, subentra necessariamente una forma di an­ goscioso orientamento. Lo scopo di questo libro è quello appunto di fornire un tema di riflessione e di verifica, che permetta di inquadrare e valutare il portato sostanziale dei movimenti fascisti. L'analisi del comportamento fascista parte dalla consta­ tazione che esso può essere accostato al comportamento so­ ciale in uso tra le scimmie catarrine2. Pertanto considera il comportamento fascista come riap- 7 propriazione, da parte dell’uomo, di abiti comportamentali che hanno in lui un effettivo addentellato genetico, ma che restano pur sempre modelli sub-umani3. Quanto detto può servire come forma di pre-compren- sione a quanto verrà svolto successivamente. Si darà quindi cenno ai caratteri dell'ideologia. Questo libro fa molte riserve suiroriginalità di una dot­ trina fascista espressa come sua propria. Una base com­ portamentale non può esprimere ideologie, può tutt’al più regalarci un'etica, con i relativi valori di comportamento. In sé analisi del comportamento fascista è già analisi dell’etica fascista. Si potrà dimostrare che non vi è una par­ ticolare filosofia a mediare le due forme, ma che anzi la tran­ sizione dal comportamento all'etica è conseguente e immedia­ ta alle espressioni di comportamento. E altrettanto dovrebbe dirsi per una ideologia fascista, se proprio la si vuole tale essa non è in contraddizione con la norma di comportamento. Per quanto vero che ideologia, come ogni manifesta­ zione culturale, è una questione assai complessa che non può essere riassunta in termini di modelli comportamentali, tut­ tavia — come apparirà più oltre — il campo comportamen­ tale è qui sempre alla base delle espressioni culturali che ven­ gono ora svolte, ora appropriate dalla cultura esistente. Nor­ me e valori della cultura esistente vengono appropriati, tra­ sformati come ideologia, come tali giustificati e conservati sulla scorta di modelli comportamentali. Il popolo è dato come una comunità, di razza, di terra, di tradizioni, di valori eterni. Vi sono uomini « nati » per co­ mandare, « chiamati » a presiedere, a fondare, a guidare; le altre genti sono da essi « chiamate a collaborare ». La storia viene dissolta in un nulla di significato, ridotta a puri eventi temporali, così che non abbia a insegnare il suo pervenire dialettico (cioè il suo senso) nella integrazione strutturale delle forze economiche e sociali4. Nell'ambito di valori di conservazione, considerati natu­ rali e quindi eterni, vi è la convalida dell’organizzazione ge­ rarchica dell'uomo, la convalida dell’organizzazione capitalisti­ ca della produzione; di rivalsa si nega il suo superamento; anzi, la funzione, anti-marxista è una costante che non manca 8 mai, in nessuna forma di fascismo. Per il mantenimento di questi valori e di questi stati di conservazione sono giustifi­ cate la intimidazione e la violenza. Poiché le premesse che sono state date si preannunziano ricche di risultati, riteniamo cosa utile analizzare il comporta­ mento fascista come esso appare, e rintracciarne il meccani­ smo più profondo (istinto di dominazione). Questo è uno studio del comportamento fascista, e deve limitarsi ad essere tale. E’ chiaro che l’esame di comporta­ mento non può e neppure pretende di essere esaustivo nel considerare il fenomeno fascismo. Per una analisi e una va­ lutazione più completa sarebbe necessario un esame pluridi- rezionale storico, economico, sociale, che non rientra nel mio ambito di ricerche, né nel mio ambito di preparazione. Per sonalmente mi sono accontentato di delineare a brevi tratti l’impianto storico su cui hanno potuto attecchire movimenti fascisti nell’Europa Centrale. Ma si tratta pur sempre di brevi linee. Conformemente alla necessità di assumere una posizione di orientamento, ciò che è valido per l'avvicinamento scien­ tifico di ogni problema, i testi su cui mi sono basato sono quelli di Kuhnl, di De Felice, di Lukacs, di Mannheim, di Horkheimer e Adorno. Per quanto riguarda il contributo del comportamento so­ ciale dei primati, i dati in mio possesso sono quasi tutti do­ vuti alle ricerche della Antropologia e della Psicologia a- mericana. L’esame comparato del comportamento sociale dei pri­ mati catarrini e dell’etica fascista, permette di avanzare l’ipo­ tesi che lo studio del comportamento è un contributo ulterio­ re, e non di breve conto, per la comprensione dei fenomeni fascisti nel loro fondamento fondante. E' indubbio che in questo esame vi è del vero, vi è compreso molto di vero. E’ un’altra maniera di vedere un fenomeno sociale (un compor­ tamento sociale); e con essa il fascismo risulta inquadrato sotto altra prospettiva, ne riesce con un altro aspetto. I feno­ meni di dominazione, repressione, intimidamento, paura e quindi acquiescenza, appartengono costitutivamente all'ope­ rato e agli esiti del comportamento dei primati, come dtl comportamento fascista; e non affondano affatto le loro ra- 9 dici entro processi storici, economici, sociali particolari. Que­ sti sono soltanto fattori predisponenti, sono il dato sociale su cui i movimenti fascisti possono realizzarsi. ' Questa affermazione, non è in linea con il metodo sto­ rico, meglio storico-dialettico, di interpretare la realtà sociale. Il metodo storico-dialettico permette di intravvedere il supe­ ramento del fascismo, e quindi di lasciarlo alle spalle. Per­ mette di intravvedere il superamento del fascismo come forma estrema di dominio imperialistico, sulla base delle contraddi­ zioni economiche e di classe, le quali tendono ad accentuarsi per propria dinamica interna, e che, chiaramente, non posso­ no espandersi all’infinito. Il metodo comportamentale non ha questa ricchezza di movimento. Il suo momento di debolezza è anzi il riconosci­ mento implicito di una certa staticità. Ma pensiamo che puntualizzare le manifestazioni del comportamento fascista abbia ugualmente una sua portata trasformatrice sull’uomo, se non proprio direttamente sulla società. Si tratta di assumere questo metodo per quello che di valido può denunciare, senza disancorarsi dalle prospettive del metodo storico, che sono state menzionate. Seguendo l’impostazione comportamentale, che è la no­ stra, la definizione di fascismo può essere posta così: esso è l’applicazione di un comportamento catarrino, coscientemente predeterminata, allo scopo di ostacolare il movimento reale della storia, da parte delle classi dominanti, a vantaggio dei propri privilegi. Questa definizione può considerarsi « a latere », nei ri­ guardi dell'impostazione storico-dialettica tradizionale. Può risultare sfocata quanto a capacità di individuare, e conseguentemente denunciare, le forze reazionarie attuali che sono essenzialmente borghesi. In compenso si adatta bene a smascherare come fasciste, tante altre forme di reazione che fasciste non si chiamano di nome, ma che sono fasciste, reazionarie e aggressive di fatto, nei riguardi delle classi sfruttate. Quando il fascismo venga considerato l’erede della strut­ turazione catarrina sub-umana, la sua interpretazione porta ad aperture differenti. La dominazione e la gerarchizzazione restano l’impianto fondamentale. 10

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