ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITA’ DI BOLOGNA Dipartimento di Discipline Storiche Dottorato di ricerca in Storia e informatica – XVIII ciclo Un lungo viaggio nelle Marche Scritti di storia sociale e appunti iconografici dal web Dottorando: Luca Gorgolini Coordinatore: prof.ssa Francesca Bocchi Relatore: prof. Paolo Sorcinelli M-STO/04 – Storia contemporanea anno accademico 2005-2006 0 INDICE Nota Introduttiva p. 3 Cap. 1: Tra Otto e Novecento p. 5 (cid:1) “Le Marche. L’Italia in una regione” p. 5 (cid:1) I caratteri della struttura economica p. 17 (cid:1) Modello insediativo e territoriale, dimensioni e struttura familiare, istruzione p. 26 (cid:1) Condizioni di vita e identità sociali p. 36 (cid:1) Movimenti migratori p. 54 Cap. 2: Negli anni della Grande Guerra p. 65 (cid:1) Alcuni dati p. 65 (cid:1) “Quest’orribile Carso”. I luoghi delle battaglie p. 72 (cid:1) “Mi era passato quel capriccio per la testa”. La fuga dalla guerra p. 87 (cid:1) “Fui fatto prigioniero e sono salvo”. L’esperienza della prigionia p. 102 (cid:1) “Il nostro comandante ci fece una morale”. Patria e famiglia p. 111 (cid:1) “Io qui non resto del certo”. Donne sole p. 125 CAP. 3: Tra le due guerre p. 142 (cid:1) Evoluzione dei caratteri economici e demografici p. 142 (cid:1) Crisi economica e disagio sociale negli anni Trenta p. 153 (cid:1) Emarginazione sociale e arretratezza culturale della popolazione culturale p. 166 1 CAP. 4: Durante la seconda guerra mondiale p. 183 (cid:1) “Ora però la guerra batte alle porte”. La “guerra totale” p. 183 (cid:1) Emozioni e vita quotidiana in una regione in guerra p. 194 (cid:1) La guerra nelle campagne p. 212 CAP. 5: Dalla ricostruzione al miracolo economico p. 231 (cid:1) La “grande trasformazione” p. 231 (cid:1) Tra Ricostruzione e sviluppo economico p. 242 (cid:1) “Hanno abbassato la cresta i padroni ed anche i capifamiglia”. Il tramonto della società contadina p. 260 (cid:1) La rincorsa al benessere: alcuni dati p. 273 Appendice statistica p. 286 Appendice iconografica p. 295 Riferimenti bibliografici p. 325 2 NOTA INTRODUTTIVA La ricerca di cui si presentano qui i risultati, costituisce un tentativo di indagine storica finalizzata a comprendere come i processi economici e sociali, le dinamiche politiche e gli eventi bellici verificatesi durante il Novecento abbiano influito e, in buona sostanza, condizionato, l’esperienza biografica delle diverse generazioni che hanno vissuto in un territorio circoscritto, quale quello rappresentato dalle Marche. Una regione che si è definita, per buona parte del Novecento, come una delle aree più rurali d’Italia, con una forte presenza dell’istituto mezzadrile che ha marcatamente plasmato non solo l’impianto economico, ma anche la realtà sociale e culturale dell’intera comunità regionale. La studio è stato condotto, raccogliendo e analizzando la bibliografia esistente e una variegata documentazione proveniente da numerosi archivi pubblici e privati, tra i quali: archivio biblioteca “V. Bobbato” (Pesaro); Istituto regionale per la storia del movimento di Liberazione delle Marche (Ancona); Archivio storico dell’emigrazione marchigiana (Ancona); Istituto Gramsci Marche (Ancona); Archivio Diaristico Nazionale (Pieve S. Stefano, Arezzo); Archivio Biblioteca Pedagogica nazionale – Istituto nazionale di documentazione per l’innovazione e la ricerca educativa (Firenze); Istituto Ernesto De Martino (Sesto Fiorentino, Firenze); Archivio Museo storico in Trento; archivi della Prefetture di Pesaro e di Ancona. Accanto al reperimento del materiale documentario-statistico utile ad indagare l’evoluzione delle condizioni economiche e sociali, si è proceduto ad una raccolta il più possibile puntuale e organica di testimonianze autobiografiche (in gran parte inedite), allo scopo di comprendere più in profondità i significativi mutamenti verificatisi a livello della cultura e della mentalità collettive (gli abiti mentali che hanno contraddistinto le varie generazioni) e capire meglio le trasformazioni 3 avvenute, spesso in maniera traumatica e repentina, nell’arco dello scorso secolo, negli stili di vita, nei modi di partecipare alla vita collettiva così come a quella privata-familiare. Per quello che attiene all’utilizzo di strumenti informatici, una parte del lavoro di indagine è stata riservata alla digitalizzazione e all’archiviazione del materiale iconografico selezionato nel corso della ricerca. Operazioni condotte all’interno di “Imago on line. Laboratorio di ricerca storica e di documentazione iconografica sulla memoria del quotidiano™” (Università di Bologna, Polo Scientifico-Didattico di Rimini), lavorando all’implementazione del database Zeus che presenta attualmente oltre 15.000 immagini inedite (è aggiornato in progress), di cui circa 2000 riguardanti la comunità marchigiana (www.imago.rimini.unibo.it). 4 CAP. 1 TRA OTTO E NOVECENTO “Le Marche. L’Italia in una regione” Un campo di grano appena raccolto, sullo sfondo una casa padronale, il “casone” come veniva definita nel pesarese l’abitazione dei proprietari terrieri. In alto lo slogan “Le Marche. L’Italia in una regione” che taglia il cielo terso di una giornata estiva, in basso la scritta in corsivo “tranquillamente Marche”. Questa l’immagine raffigurata in uno dei tanti manifesti affissi dalla Regione Marche nelle maggiori stazioni ferroviarie italiane, allo scopo di promuovere il territorio regionale. Forzando (o forse no) le intenzioni dei curatori della campagna pubblicitaria, si può affermare che il contenuto della fotografia riprodotta e le parole appena ricordate, forniscono un’involontaria ma efficacissima riproposizione di uno dei luoghi comuni più fortunati e più radicati nell’immaginario collettivo nazionale e regionale sulle Marche e sui marchigiani. Un’”immagine riflessa” per cosi dire, che opera una riuscita sintesi dei caratteri identitari della comunità marchigiana così come questi si sono stratificati e sono stati mediati sia all’esterno sia all’interno della realtà locale e/o nazionale. Allo slogan principale che ricorda in modo esplicito la mediètà virtuosa delle Marche, tanto cara ai sostenitori della “teoria dei climi”, tra cui Giacomo Leopardi, l’espressione “tranquillamente Marche”, soprascritta al campo di grano e al sobrio “casone” che su di esso si affaccia, riconducono al rassicurante stereotipo del pacato ambiente rurale marchigiano, fino alla metà del secolo scorso dominatore e regolatore dell’assetto economico, sociale e culturale di questa terra, e della gente che lo popolava, anch’essa, nelle note di molti osservatori, sobria e infaticabile lavoratrice. 5 I “caratteri originali” che ancora oggi vengono chiamati in causa per definire l’indole, la mentalità dei marchigiani – citiamo la laboriosità, l’etica del lavoro e del risparmio, l’individualismo ostinato e, insieme, l’acuta sensazione di appartenenza al “clan” familiare, al cui interno si concretizza un salo sistema di cooperazione, la scarsa conflittualità sociale1 – sono, in linea di massima, accomunati da un’origine rurale, da un legame con l’istituto mezzadrile che qui non ha rappresentato solo un sistema di conduzione della terra, ma un vero e proprio modello di vita che ha pervaso l’intero territorio regionale e che ha trovato riscontro in un precipuo assetto demografico. Se la mezzadria, come rapporto di produzione, inizia il suo declino e il suo esaurimento nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, lo spirito e le “virtù” ad essa connesse sembrano, seguendo le riflessioni di una certa storiografia attenta all’evoluzione dell’impianto economico regionale, essere sopravvissute, fornendo alcuni dei prerequisiti fondamentali all’industrializzazione “diffusa” e “senza fratture” che hanno caratterizzato lo sviluppo economico marchigiano a partire proprio dal secondo dopoguerra. Gli stereotipi correnti nella regione e al di fuori di essa, si reggono così sulla solidità di alcune “persistenze culturali”, la cui definizione e il cui rafforzamento vanno ricercati essenzialmente nel periodo a cavallo tra Otto e Novecento quando questi caratteri vengono rintracciati ed evidenziati sotto l’influenza di un’impronta ideologica fortemente conservatrice e poi fortificati nel corso del Ventennio. Tutto questo, nonostante la loro momentanea messa in discussione da parte degli animatori dell’agitazione “pro Marche” di inizio Novecento. Procedendo per ordine. Il primo studio post unitario che assume come base territoriale la regione è l’Inchiesta agraria 1 P. Magnarelli, Società e politica dal 1860 a oggi, in S. Anselmi (a cura di), Le Marche, in Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a oggi, Torino, Einaudi 1987, p. 124, P. Sabbatucci Severini, L’aurea mediocritas, in S. Anselmi, Le Marche, cit., pp. 238-239. 6 Jacini del 1880. Pur caratterizzandosi come “un’inchiesta a misura di classe dirigente”2, questa fornisce un ampio ed articolato quadro di informazioni sul mondo rurale italiano sul finire del XIX secolo che nel caso marchigiano verrà utilizzata come punto di riferimento irrinunciabile per tutti gli studi e le analisi successivi fino a fornire un sistema di rappresentazioni della regione, destinato a sedimentarsi nell’immaginario collettivo regionale e nazionale. Benché nella monografia relativa al territorio regionale, curata da Ghino Valenti, si trovino puntuali riferimenti alle debolezze e alle criticità che rendono fragile il sistema agricolo marchigiano e l’impianto sociale che su di esso si articola – disboscamenti dissennati, coltura cerealicola praticata contro ogni logica agronomica, arretratezza delle rotazioni e delle tecniche agrarie che privilegiano ancora l’uso dell’aratro in legno, nell’introduzione di strumenti meccanici e nell’impiego di concimi chimici, crescita demografica che conduce ad una dissennata colonizzazione del territorio con progressiva riduzione di boschi e pascoli, ma anche con l’inasprimento dei patti colonici e l’ingrossamento delle fila dei braccianti -, le immagini della comunità marchigiana che l’Inchiesta Jacini, consegnerà ai posteri sono altre: una regione dove non solo l’agricoltura predomina su ogni altra forma di attività economica, occupando mediamente i tre quarti delle famiglie e più dei due terzi della popolazione e dove, dunque solo un terzo della popolazione vive in città, ma soprattutto dove risulta prevalente la conduzione a mezzadria3. Quest’ultima sembra rivestire una funzione positiva, poiché se ne sottolinea ed enfatizza il ruolo economico, equilibratore e di grande rilevanza sociale. La richiesta di introduzione di rotazioni più razionali o di colture specializzate nei terreni di pianura, l’aumento 2 G. Nenci, Introduzione, a S. Jacini, I risultati della inchiesta agraria. Relazione pubblicata negli Atti della Giunta per la Inchiesta agraria, Torino, Einaudi 1976, p. XIII. 3 P. Magnarelli, Società e politica dal 1860 a oggi, cit., p. 139. 7 dell’allevamento bovino, la formazione di cantine sociali, la riforma del sistema di istruzione che valorizzi la preparazione tecnica-agraria, un deciso impegno finanziario da parte dello Stato per il rimboschimento dell’area Appenninica, per un miglioramento della viabilità ordinaria e per la costruzione di linee ferroviarie, premesse indispensabili per uno sviluppo della struttura manifatturiera in grado di assorbire la manodopera in eccedenza nelle campagne, costituiscono tutti elementi che non vengono presentati come sintomi evidenti di un’arretratezza economica e sociale, quanto piuttosto come azioni auspicabili, in grado di rafforzare quello stato di ”equilibrio” dei rapporti produttivi e sociali che trova fondamento nel sistema mezzadrile e che viene sintetizzato nella nota espressione di “aurea mediocritas”, “dove il secondo termine si riferisce al grado intermedio di intensità delle colture e il primo alla condizione “relativamente felice della grande maggioranza dei coltivatori””4. Come detto, l’indagine risente pesantemente dell’impronta politica della committenza. Essa delinea il volto delle Italie agricole per come sono e per come devono essere Così come viene descritto, il rapporto di mezzadria appare di per se stesso armonico e quasi consociativo: l’agiatezza dei proprietari è, secondo l’analisi dei curatori dell’Inchiesta, controbilanciata da una situazione non certo florida dei contadini, ma comunque, di fatto sempre migliore, per stabilità e qualità delle condizioni, di quella dei braccianti e del proletariato agricolo5. Già alcuni anni prima dello svolgimento dell’Inchiesta e della pubblicazione degli Atti, rifacendosi alla posizione geografica della Regione, con caratteri intermedi fra le esasperazioni e contrapposizioni del Nord e del Sud, Ivo Ciavarini Doni, deputato provinciale di Pesaro e Urbino, aveva codificato lo statuto dei caratteri originali dei marchigiani in alcuni elementi ben definiti: modestia e moderazione dei sentimenti, tolleranza 4 P. Sabbatucci Severini, L’aurea mediocritas, cit., p. 215. 5 P. Magnarelli, Società e politica dal 1860 a oggi, cit., pp. 140-141. 8 religiosa e politica, scarsa capacità di coesione sociale finalizzata ad obbiettivi collettivi, un accentuato individualismo6. Successivamente, in seguito al dibattito suscitato dalle idee e dalle scuola lombrosiana circa le caratteristiche fisiche e le conseguenze razziali e di temperamento delle differenze regionali, i concetti di “medietà” ed “equilibrio” vengono codificati anche per mezzo di studi e analisi che si rifanno a parametri psichiatrici e antropometrici: “quello che può essere stabilito con sicurezza, anche per la rarità con la quale si osservano anomalie degenerative, è che i Marchigiani presentano una fusione armonica ed estetica dei caratteri antropologici degli Italiani del nord e del sud”7. Ingredienti del discorso del carattere del marchigiano che torneranno nella quasi totalità dei giudizi espressi successivamente da osservatori e studiosi interni e esterni alla contesto regionale. Alla vigilia della guerra, il medico maceratese Vincenzo Cento, pubblica un pamphlet sulle Condizioni morali delle Marche, in cui esorta la classe politica regionale ad un maggiore protagonismo sulla scena politica nazionale per una maggiore tutela degli interessi locali. Nelle conclusioni riprende le parole di Arturo Vecchini, anch’egli marchigiano, per il quale i marchigiani “hanno così delicata e squisita la facoltà e il senso dell’equilibrio [e] da questo senso deriva in essi il sentimento e l’abito della dignità, deriva quello che per gli intelletti è “il buon senso””8. Si tratta di giudizi, affermazioni, conclusioni che estrapolati dal loro contesto originario, finiscono per essere strumentalizzati per fini politici, allo scopo di legittimare il disegno della grande borghesia regionale che punta a salvaguardare gli assetti 6 G. Mangani, Il carattere delle Marche. Genesi di un’identità regionale, in G. Mangani (a cura di), L’idea delle Marche. Come nasce il carattere di una regione nella società dell’Italia moderna, Ancona, Il lavoro editoriale 1989, p. 54. 7 A. Peri, I caratteri antropologici dei Marchigiani, (estratto da “Rivista Marchigiana illustrata”, a. I, n. 7), p. 15. 8 V. Cento, Condizioni morali delle Marche, Macerata, Stab. tip. A. Affede 1914, p. 43. 9
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