ALLA CORTE DEGLI EROI (1980) a cura di GIANNI MONTANARI INDICE Presentazione Gianni Montanari Karl Edward Wagner La crociata nera Norvell W. Page Venti di fuoco John Jakes Sangue di strega PRESENTAZIONE Per questo secondo appuntamento con la fantasy, come promesso, dob- biamo prepararci ad un'intrusione nel campo specifico della sword and sorcery, ossia nel regno in cui dominano appunto incontrastate la spada e la stregoneria. Lasciando per il momento le dolenti o satiriche connota- zioni dell'ottica fantastica che affonda le radici fra le mitologie mediterra- nee, prepariamoci ai gelidi furori delle divinità di nordica ascendenza che abbondano in questo settore che è forse il più violento - e truce - dell'inte- ra fantasy: i mondi sui quali spazieremo, infatti, sono soggetti al capriccio degli dèi e della magia (quale più nera non si saprebbe immaginare), e le loro strade sono percorse da eroi il cui peso medio si aggira fra i 100 e i 130 chili (ovvero, secondo canoni più adeguati, fra le 280 libbre inglesi e le 400 libbre italiane antiche). I tre eroi prescelti per l'occasione posseggono, è vero, alcune caratteri- stiche comuni - l'audacia, la mole e l'abilità con le armi - ma al tempo stesso ostentano voci indiscutibilmente individuali. Kane, il gigante fulvo e spietato che dal 1970 (sebbene nato nel 1960, con l'inizio del romanzo Bloodstone) imperversa sulle pagine firmate da Karl Edward Wagner, è nientemeno che la reincarnazione del biblico Caino condannata a vagare per secoli in un mondo ignaro della perenne lotta fra la staticità dell'Or- dine e il violento mutare del Caos: Kane, il cui nome in inglese possiede lo stesso suono di Cain, rappresenta naturalmente una versione lievemente diversa del personaggio biblico in quanto, se il Genesi costituisce la ver- sione 'ufficiale' dell'intera storia, il peregrinare di Kane offre invece la versione 'ufficiosa', quella vista dalla parte del primo grande ribelle del- l'umanità. Il secondo personaggio, Prester John, alias John degli Uragani o Wan Tengri, è invece la reinterpretazione di quel mitico Prete Gianni che nu- merose cronache medievali (prima fra tutte il Chronicon del vescovo Otto di Freising, nel 1045) vollero vedere come un prete-sovrano del lontano oriente. Dominatore di un enorme impero individuato dapprima oltre la Persia e l'Armenia, e in seguito nell'Etiopia o nell'Abissinia, il Prete Gianni era ritenuto discendente di uno dei Magi che visitarono la culla di Betlemme, un possente monarca guerriero cristiano con l'unico difetto di essere Nestoriano, ovvero appartenente ad una chiesa cristiana scismati- ca, ma Norvell Page ci spiega diffusamente come 'potrebbe' essere andata la storia con un briciolo in più di fantasia, e con una più concreta inter- pretazione del termine latino Prester, ovvero turbine. Un particolare inte- ressante in merito a questo romanzo, che risale al 1939 e costituisce la prima delle due avventure di Prester John: la stessa storia è stata uti- lizzata, agli inizi degli anni '70, come sceneggiatura di base per un'avven- tura a fumetti avente come personaggio non più Prester John, ma bensì il Conan di R. E. Howard. Come terzo ed ultimo eroe, Brak il Barbaro, creato da John Jakes nel 1963 e qui colto nella sua seconda avventura, forse la migliore: Brak non può vantare come nei due casi precedenti ispirazioni illustri, ma non per questo va trascurato. È infatti il prototipo perfetto di tanti altri eroi suc- cessivi che hanno avuto a loro disposizione soltanto un coraggio indomito e una tempra d'acciaio, senza poter usufruire direttamente di ausili magici o stregoneschi. Anche in questa storia, come già nelle due precedenti, sarà interessante notare la comparsa non certo fugace di un elemento che di solito è assente nel campo della fantasy e della sword and sorcery in parti- colare: il cristianesimo. Con i Nestoriani che adorano il loro Dio Senza Nome e una 'croce dai bracci uguali' nella vicenda di Brak, con il 'Chri- stos' e il frammento della 'vera croce' che Prester John porta superstizio- samente al collo, e con la matrice biblica di Kane, abbiamo in questi tre romanzi altrettante testimonianze di una contaminazione i cui esempi si possono davvero contare su una mano. Altro elemento comune a queste opere è il tema del viaggio che sottende ogni sviluppo narrativo: Kane è diventato generale di Sandotneri durante una pausa del suo secolare vagabondaggio, e alla fine dovrà riprendere la sua strada; Prester John vaga in cerca di ricchezze provenendo dalle are- ne di Alessandria, e a sua volta dovrà poi proseguire il suo pericoloso iti- nerario; Brak il Barbaro è addirittura in fuga dalla sua terra natale, e spera di potersi arricchire in una favoleggiata landa del sud. Tutti e tre, dapprima, sembrano in grado di lottare vittoriosamente contro i pericoli del mondo violento e subdolo che li ospita, e perfino di scalfire gli ordi- namenti dello statu quo che li circonda, ma ecco che infine ce li ritroviamo dinanzi senza troppi risultati concreti fra le mani. Merito della fantasia? O del mondo moderno che si rispecchia perfino in questi splendidi eroi? Gianni Montanari LA CROCIATA NERA (Dark Crusade, 1976) di Karl Edward Wagner Karl Edward Wagner è nato a Knoxville (Tennessee) il 12 dicem- bre 1945. Ha iniziato a scrivere le avventure di Kane nel 1960, ma il suo debutto è avvenuto soltanto nel 1970 con il romanzo Dar- kness Weaves (ampiamente mutilato in questa edizione, e ri- stampato fedelmente solo nel 1978). Da allora ha pubblicato altri tre romanzi del ciclo di Kane - Death Angel's Shadow (1973), Bloodstone (1975) e Dark Crusade (1976) - e un'antologia di rac- conti, Night Winds (1978). Accanto ad un'altra trentina di raccon- ti, ha poi proseguito le avventure di un eroe creato da R. E. Ho- ward - Bran Mak Morn - con due romanzi, e insieme a due amici ha fondato la casa editrice Carcosa con l'intenzione di ristampare e di far conoscere i classici perduti della fantasy. Prologo «Non c'è scampo laggiù.» «Come?» L'inseguito si girò, studiando a fatica le ombre. Là, nell'angolo più scuro dell'arco di sostegno, una figura vestita di nero che non aveva visto pri- ma... quando con gambe malferme si era trascinato verso le pareti scure della vecchia torre. Dalle strade buie lungo le quali era fuggito giungevano le urla e i rumori degli inseguitori armati. Nel silenzio nero ai piedi della torre si udiva solo il suo ansimare rauco e lo sgocciolìo soffice del sangue che gli colava dal braccio. La sua spada si levò goffamente in direzione della voce. «Non c'è scampo per te, laggiù» ripeté la sagoma vestita di nero. «Non nella Tana di Yslsl.» Una mano secca sgusciò dal mantello scuro e indicò la torre di pietra ne- ra che si levava nel cielo senza stelle. Il guerriero ferito seguì con gli occhi quel gesto, alzando il capo verso la massa scura della torre abbandonata. Si diceva che fosse più vecchia della città di Ingoldi. Perfino più antica di Ceddi, la fortezza le cui strutture si univano un tempo alla torre scura. Or- mai abbandonata, la torre era diventata soggetto di innumerevoli leggende sinistre. Ma quella notte le guardie munite di torce e spade facevano appa- rire un rifugio ben gradito perfino la bocca spalancata del suo portone e la sua scala a chiocciola zeppa di ragnatele. «Che ne sai tu, vecchio?» ringhiò l'inseguito. «So solo che le guardie che seguono le tue traccie di sangue non esite- ranno a frugare nella torre. Non c'è scampo nella Tana di Yslsl... e il co- raggioso Orted farà la sua ultima battaglia guardato alle spalle solo da pi- pistrelli e ragni.» Il guerriero allargò le spalle taurine. «Dunque mi conosci, vecchio?» «Per tutta Shapeli è nota la fama di Orted. E tutta Ingoldi parla della trappola che oggi si è chiusa su te e i tuoi lupi, quando hai osato entrare in città per depredare la Fiera delle Corporazioni.» Il bandito sghignazzò, amaro. «Non uno degli abitanti di Shapeli alze- rebbe una mano contro di noi... uno dei miei uomini mi ha tradito.» Si avvicinò alla figura vestita di nero. «Io ti conosco, vecchio... dalla to- naca nera e il medaglione d'oro, sei un sacerdote di Sataki. Pensavo che i Sataki se ne stessero nelle sale polverose di Ceddi, lontano dal mondo co- mune.» «Non abbiamo dimenticato il mondo fuori di Ceddi» rispose il sacerdo- te. «E non siamo neppure amici di coloro che opprimono i poveri per co- struire le loro ricchezze terrene.» Le dita ossute tirarono la manica sporca di sangue con forza sorprenden- te. «Vieni. Ti daremo rifugio a Ceddi.» «È forse un altro tranello? Ti avverto... non vivrai abbastanza per spen- dere la taglia che cerchi di guadagnarti!» «Non essere sciocco. Se ti avessi voluto morto avrei potuto dare subito l'allarme. Andiamo. Stanno arrivando. Poco lontano c'è un passaggio tra le mura.» Non avendo nulla da perdere, Orted cedette al vecchio che lo tirava per la manica. Il sacerdote scivolò attraverso le ombre della torre facendo stra- da nello spiazzo coperto di ciottoli fino a una parete crollata. Una lastra di pietra ruotò all'interno nei pressi dell'angolo della parete, scoprendo alcuni scalini che scendevano verso il basso. Il sacerdote li percorse con sicurez- za. Leggermente a disagio, il capo dei banditi lo seguì. Si sapeva molto poco dei Sataki, ma quello che si sentiva dire dell'antico culto non era mol- to piacevole. Tuttavia, le torce erano ormai vicine e le frecce conficcate nella schiena e nel fianco stavano esaurendo le sue forze. Appena fu all'interno dell'oscuro passaggio, l'apertura si richiuse silen- ziosamente. Orted si voltò per vedere chi l'avesse chiusa. Dietro di sé av- vertì il movimento rapido del sacerdote. Poi nient'altro. Qualche tempo dopo riprese i sensi. Gli doleva la nuca. La pietra gelida premeva contro la sua carne nuda. Le sue membra erano allargate, immo- bili. Aprì gli occhi. Sopra di lui era appeso un uomo nudo, con le braccia e le gambe aperte nel buio. Orted scosse il capo, lottando contro il dolore e la nausea. La vista gli si schiarì. Stava guardando in uno specchio nero appeso al soffitto sopra di lui. L'uomo nudo era lui stesso. Era steso con le membra allargate su un cerchio di pietra nera, tenuto fermo da cinghie assicurate ai polsi e alle caviglie. Le braccia e le gambe erano allineate lungo solchi scavati nella pietra, e nello specchio Orted ri- conobbe l'anello di glifi scolpiti sul cerchio. Era lo stesso che aveva visto sul medaglione d'oro del sacerdote... la croce avellana circondata da un a- nello di antichi glifi. Ma sulla croce c'era lui, e quello era l'altare di Sataki. Orted grugnì una maledizione e tese le cinghie che lo legavano. Anche se non fosse stato ferito, sarebbe stato uno sforzo inutile. Le figure in nero che circondavano l'altare lo guardavano con volti ine- spressivi che emergevano come chiazze dalle ombre dei cappucci. Orted si infuriò. «Dove sei, maledetto bastardo mentitore! È questo il ri- fugio che mi avevi promesso? Perché non hai lasciato che affrontassi le guardie... almeno sarebbe stata una morte onorata!» «Sarebbe stata una morte inutile» sibilò la voce che ben conosceva. «In questi tempi tristi è raro trovare vittime per i sacrifici, e i miei fratelli sono troppo pochi e troppo vecchi. Sono passati mesi dall'ultima volta che sia- mo riusciti ad attirare a Ceddi qualche sciocco la cui scomparsa non venis- se notata. Nonostante la tua vita di malvagità e saccheggi, audace Orted, il tuo ultimo atto servirà a qualcosa. Da tanti anni non abbiamo offerto a Sa- taki un'anima forte come la tua!» I sacerdoti ignorarono le sue imprecazioni e diedero inizio alla loro evo- cazione. Il bandito urlava di rabbia e si contorceva nei vincoli, ma le sue grida non riuscivano ad aver ragione del loro canto profondo così come le sue membra non riuscivano a spezzare le cinghie che le trattenevano. Or- ted, un uomo che non aveva dio, invocava ora Thoem, Vaul, e tutte le altre divinità di cui conosceva il nome. Poiché queste lo ignoravano, il fuorileg- ge supplicò l'aiuto di Thro'ellet dai Sette Occhi, del Signore Tloluvin, di Sathonys e altre entità demoniache di cui non è bene pronunciare il nome. Se anche quelle lo udirono, non furono certo smosse dalle sue invocazioni. «Il nostro dio è molto più antico di quelli che tu hai invocato invano!» sussurrò sarcastico un sacerdote che gli stava dipingendo sul petto il sim- bolo di Sataki con un pennello intinto nelle sue ferite sanguinanti. Un profumo agrodolce di incenso si levò nell'aria, offuscandogli i sensi e placando i suoi sforzi convulsi per liberarsi. Il canto, monotono e incom- prensibile alle orecchie del bandito, si fece vago e lontano. Nello specchio nero appeso al soffitto, la sua immagine riflessa si oscurò... No. Dallo specchio sopra di lui stava prendendo forma una foschia nera che nascondeva la sua immagine in una cortina di sostanza nebulosa. Allora Orted urlò... inarcando il corpo sull'altare, noncurante del dolore delle ferite. Stavano strappandogli qualcosa di dosso... Il cerchio di sacerdoti interruppe il canto e si ritrasse nell'anticipazione... Ma ciò che si attendevano non accadde... e neppure gli annali più vetusti del loro culto antichissimo avevano previsto ciò che avvenne in seguito. Migliaia di volute nebbiose scesero dal cerchio di vetro nero sopra di lui. Simili a ragnatele di vapore calarono roteando fino ad avvolgere la figura che si contorceva sull'altare. E tra spirali scure, l'ombra appena visibile di qualcosa strisciò verso il basso per inghiottire l'uomo sconvolto dal terro- re. L'altare e la vittima vennero completamente coperti da una massa scura ondeggiante. Coloro tra i presenti che non erano fuggiti o morti di paura non poterono sapere quanto a lungo quell'ombra si fosse trattenuta. Addossati uno all'al- tro nell'implorazione si coprirono il viso con i mantelli. Come c'erano no- mi che non era saggio pronunciare, c'erano anche visioni che era bene non guardare. Dopo qualche istante di terrore una voce si rivolse loro in tono imperio- so: «Alzatevi in piedi davanti a me!» Sollevando i volti sconvolti dal panico, i sacerdoti di Sataki contempla- rono un prodigio di cui non riuscivano a darsi spiegazione. I L'uomo che non faceva ombra La Fiera delle Corporazioni a Ingoldi era al suo terzo giorno. Situata centralmente rispetto alle vie commerciali che attraversavano quella regio- ne della foresta tropicale, la città era la sede più adatta alla manifestazione annuale. Da tutta Shapeli gli artigiani giungevano per esporre i loro lavori sotto gli occhi attenti dei mercanti e dei commercianti che venivano dalla foresta e da ancora più lontano... marinai bruciati dal vento le cui navi mercantili solcavano il Mare Interno verso ovest, cavalieri abbronzati le cui carovane attraversavano le pianure erbose dei regni meridionali, dove la foresta diventava savana al confine sud di Shapeli. Anche per coloro che non erano artigiani o mercanti la Fiera delle Corporazioni era un grande avvenimento... una vacanza in un'esistenza condotta lavorando faticosa- mente nei campi. Da innumerevoli città e paesi, coloro che erano in grado di viaggiare si recavano a Ingoldi per una settimana di baldoria. Sui banchi e nei padiglioni, da carri e tendoni eretti in fretta, per tutta la Piazza delle Corporazioni e lungo le strade che la imboccavano, compratori e venditori schiamazzavano mercanteggiando sui prezzi dei prodotti della foresta. Pel- li e pellicce, vesti di cotone e lino intessute finemente. Robuste casse di le- gno tropicale per proteggere le mercanzie acquistate durante il viaggio di ritorno, oppure pettini delicati di ebano e pelle di vipera per la bellezza dei capelli femminili. Posate di stagno e rame, stoviglie e bicchieri soffiati, ta- glieri di legno e piatti d'argento. Gioielli meravigliosi in argento e oro, smeraldo e opalina... e per proteggerli, archi di legno duro e frecce dalla punta di ferro ricurva, pugnali e spade con lame di puro acciaio di Carsul- tyal... Taverne e osterie improvvisate servivano birra e vino alla folla assetata, oppure acquavite o bevande alcoliche ancora più strane. Ambulanti distri- buivano frutta fresca e verdura, o stufato alle spezie, o carne marinata cotta alle braci davanti agli occhi dei passanti. Sotto lo sguardo tollerante delle guardie della città, tagliaborse e truffatori si aggiravano tra la folla in cerca di prede. Prostitute intraprendenti con sorrisi automatici e risate aspre cer- cavano di distogliere i commercianti dai loro affari. Acrobati, mimi e can- tanti di strada aggiungevano alla folla immensa le loro frenetiche esibizio- ni. La fiera delle Corporazioni era un intrico di colori vistosi, odori esotici, suoni stridenti e corpi che si spingevano. Tutta Ingoldi era pervasa da u- n'atmosfera di festa, e il tentativo fallito di Orted e del suo branco di fuori- legge di depredare la Fiera il giorno prima era già diventato privo di inte- resse come argomento di conversazione. Per il Capitano Fordheir, che comandava la guardia cittadina, l'argomen- to era però strettamente attuale. Erano stati gli arcieri di Fordheir che il giorno precedente avevano trasformato in una carneficina l'incursione che Orted aveva preparato con cura. Tentato dalla taglia posta sul capo del fa- moso fuorilegge, uno della sua banda aveva rivelato al capitano delle guardie i piani che Orted aveva meticolosamente disposto. Ingoldi era una città pigra che stava allargandosi lentamente: dopo secoli di pace le mura di cinta erano state oltrepassate e smantellate per trarne pietra da costruzione. Con la Fiera delle Corporazioni in pieno svolgimen- to, si concentravano immense quantità di denaro e merci di valore facil- mente trasportabili... protette solo da un esiguo corpo di guardia cittadino. Era un progetto rischioso, ma la gente comune guardava con ammirazione il bandito audace e coraggioso e non avrebbe aiutato le guardie mercenarie o i ricchi mercanti. Perché affrontare le armi dei fuorilegge per proteggere dell'oro che non sarebbe mai andato nelle loro mani? Orted aveva pensato di confondere tra la folla un centinaio dei suoi uo- mini mentre lui irrompeva a cavallo nella Piazza delle Corporazioni. L'oc- chio dell'informatore era stato però acuto come un dente di vipera, e solo meno della metà erano riusciti a farla franca quando Orted e il resto della banda avevano attaccato la stretta Via Commerciale. All'improvviso i carri dei mercanti si erano trasformati in barricate e dai negozi sovrastanti erano spuntati gli arcieri. Solo pochi si erano salvati dal macello. Con gran dispiacere di Fordhein tuttavia, Orted, fino a quel momento, era riuscito a sfuggirgli. Quando la trappola era scattata, il capitano aveva visto il bandito, colpito già due volte, infrangere con il cavallo la grata del- la finestra di un negozio. In qualche modo il fuorilegge ferito si era aperto un varco tra gli arcieri all'interno, dileguandosi nell'intricato labirinto di vicoletti e cortili nascosti e perdendosi tra la confusione della folla presa dal panico. Avevano continuato a cercarlo per tutto il pomeriggio e la sera, ma in qualche modo Orted era riuscito a svignarsela. Fordheir si rabbuiò pensando a come le tracce di sangue svanivano in- spiegabilmente nei pressi delle antiche mura di Ceddi. Il bandito era quasi tra le sue mani e qualcuno doveva averlo aiutato. Forse i suoi uomini, e in quel caso ora Orted si trovava sicuramente molto lontano da Ingoldi... o forse era stato qualcuno della città a offrirgli un rifugio. Fordheir aveva considerato a lungo l'assurda popolarità del bandito. Per la gente comune Orted era un eroe... un vagabondo coraggioso che rubava solo ai ricchi. Il capitano fece una smorfia: cosa ci avrebbe guadagnato a rubare ai poveri? Conosceva abbastanza il bandito e i lati crudeli e meno picareschi delle sue imprese criminose. Il capitano Fordheir e le sue guardie, invece, erano considerati solo mer- cenari degni di disprezzo... assoldati dai mercanti e dagli aristocratici per conservare l'ordine a Ingoldi. Per una paga da fame - che rendeva necessa- ria la corruzione per mantenersi ed equipaggiarsi - la guardia cittadina te- neva abbastanza al sicuro gli uni dagli altri gli abitanti di Ingoldi. La popo- lazione li scherniva e la borghesia sbraitava a gran voce per sapere come avesse fatto Orted ad eclissarsi. Ce n'era abbastanza, pensò il capitano, a cui i capelli biondi cominciavano a diradarsi e le giunture delle ossa a scricchiolare per l'età, per rimpiangere i giorni della giovinezza e le lun- ghissime guerre di confine dei regni meridionali. Ma un anziano merce- nario era costretto a campare come meglio poteva. Si stiracchiò a fatica sulla sella, muovendo le dita dei piedi negli stivali stretti. Insieme a venti guardie a cavallo stava tornando lentamente in città dopo alcune ore di ricognizione infruttuosa nei dintorni di Ingoldi. Uscen- do dalla foresta il profilo incerto della città con i suoi tetti a punta, i camini curvi e i palazzi a cupola dei ricchi, gli apparve come una visione gradita. Le mura scure di Ceddi facevano sembrare la tetra fortezza una cosa sepa- rata dalla città in festa. Era stato un lungo pomeriggio, preceduto da una notte insonne. Le giun- ture stanche cominciavano a dolergli e il ventre a bruciargli, ed inoltre a- veva il morale a pezzi. A malincuore riconobbe tra sé di essersi letteral- mente lasciato sfuggire dalle mani il capo dei banditi. Una buona cena, un boccale di birra e la sua cuccetta in caserma, avrebbero forse migliorato la situazione. Un uomo a cavallo gli si fece incontro al galoppo venendo dalla città. Dalla camicia e dai calzoni verdi, e dalla striscia rossa lungo le gambe, Fordheir comprese che si trattava di uno dei suoi. Si chiese cosa significas- se tutta quella fretta. «Il tenente Anchara mi ha ordinato di rintracciarvi, signore» disse ansi- mando il cavaliere quando lo raggiunse. «Un gruppo di sacerdoti di Sataki sta arringando la folla. Il tenente teme che succeda qualche guaio.» Fordheir bestemmiò. «Se quelle dannate facce raggrinzite non hanno ab- bastanza buon senso da starsene nascosti tra le loro rovine durante la Fiera delle Corporazioni, non possiamo certo impedire che la folla li faccia a pezzi!» «Non è questo» disse la guardia con un'espressione inquieta. «Il tenente Anchara pensa che la folla sia dalla loro parte.» «Per lo scroto di Thoem! Prima i banditi, ed ora un gruppo di dannati fanatici! Anchara pensa che sia il caso di dispederli? Ha i suoi uomini... perché non li usa?» «Non saprei, signore. Ma c'è qualcosa di strano nell'aria. Il tenente An- chara crede di aver individuato qualcuno degli uomini di Orted tra la folla che circonda i sacerdoti.» «Il tenente Anchara crede! Perché non lo chiede a Tapper, se sono uo- mini di Orted? L'abbiamo pagato per questo, quel serpente!» «L'informatore è scomparso, signore.» Il tono della guardia era piuttosto triste. Fordheir sputò, irritato. «Avanti, allora. Andiamo a vedere di che razza di assurdità si tratta!» Mentre guidava i suoi uomini verso la Piazza delle Corporazioni, For- dheir si sforzò di dare un senso a ciò che stava accadendo. Per quanto ne sapeva, i seguaci di Sataki se ne stavano nella loro cittadella in rovina e non si preoccupavano del mondo esterno. Di tanto in tanto la scomparsa di qualche ragazzo di strada o di un pezzente ubriaco veniva attribuita ai Sa- taki, ma nessuno era mai giunto al punto di andare a controllare all'interno della fortezza. Si diceva che adorassero divinità demoniache di qualche mondo antico e che Ceddi (che si diceva significasse "L'Altare") fosse stata costruita sulle rovine di una fortezza ancora più antica, di cui restava solo la Torre di Yslsl. Di certo il loro era un culto antichissimo, ma ormai quasi completa- mente scomparso. Il fanatismo religioso si era estinto qualche secolo pri- ma, quando l'eresia dei Dualisti aveva attizzato le fiamme che avevano ab- battuto il vasto Impero di Serranthon. Ormai nel Grande Continente Set- tentrionale coloro che si sentivano obbligati a seguire un dio adoravano Thoem o Vaul, o entrambi, e Sataki e Yslsl erano diventati nomi estranei a