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Aforismi sulla filosofia della natura PDF

172 Pages·1992·2.934 MB·Italian
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EWJ. Schelling Aforismi sulla filosofia della natura A cura di Giampiero Moretti e Luigi Rustichelli Traduzione e note di Luigi Rustichelli EGEA EDIZIONI GIURIDICHE ECONOMICHE AZIENDALI DELL'UNIVERSITÀ BOCCONI E GIUFFRÈ EDITORI S.p.A. ISBN 88-238-0152-4 Tutte le copie detono recareil contrassegno della S.l.A.E. © Copyright 1992 E.G.E.A. S.p.A. Milano La traduzione, l'adattamento totale o parziale, la riproduzione con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm, i film, le fotocopie), nonché la memorizzazione elettronica, sono riservati per tutti i Paesi. E.G.E.A. - Edizioni Giuridiche Economiche Aziendali dell’università Bocconi e Giuffrè editori S.p.A. - Via Sarfatti, 25 - Milano - Tel. 5836.2031 INDICE GENERALE P“g- Prefazione. Trasparenza e trasfigurazione. Natura e Mondo degli Spiriti nel percorso schellin- ghiano (di Giampiero Moretti) 1 Nota introduttiva (di Luigi Rustiche Ili) ....1..3................. PARTE PRIMA AFORISMI INTRODUTTIVI ALLA FILOSOFIA DELLA NATURA a) Dell’unità e della totalità 31 £) Della ragione come conoscenza dell’assoluto 33 c) Dell’indivisibilità della conoscenza razionale ovvero dell’impossibilità di astrarre o derivare qualcosa dal­ l’idea dell’assoluto 37 d) Del modo in cui l’unità è totalità e la totalità unità, e dell’eterno non-essere del finito 47 e) Delle differenze di qualità nell’universo 67 Postilla generale sulla teoria del rapporto del finito con l’infinito 85 Note del traduttore 95 VI INDICE GENERALE PARTE SECONDA AFORISMI SULLA FILOSOFIA DELLA NATURA PARTE PRIMA (O GENERALE) DELLA FILOSOFIA DELLA NATURA Pdg. a) Dell’essenza della natura, della realtà delle cose; della materia e del movimento ............................................... 105 b) Dell’infinità e libertà della natura stessa nella singola­ rità e nel legame delle cose....................................... 133 Note del traduttore 165 Prefazione TRASPARENZA E TRASFIGURAZIONE Natura e Mondo degli Spiriti NEL PERCORSO SCHELLINGHIANO di Giampiero Moretti Gli Aforismi introduttivi alla filosofia della natura, su­ bito seguiti dagli Aforismi sulla filosofia della natura, vengono pubblicati da Schelling a più riprese intorno al 1806 all’interno degli «Jahrbucher der Medizin als Wissenschaft », rivista fondata dallo stesso Schelling nel periodo trascorso all’Università di Wùrzburg.1 Non in- 1 Possono essere letti nella versione riportata in Schriften von 1806- 1813, Darmstadt, WBG, 1968, pp. 127-231, ovvero in AusgewàhIte Schrif­ ten, Band 3, Frankfurt, Suhrkamp 1985, pp. 627-735. Come orientamen­ to generale, in lingua italiana, ci si può rifare a G. Semerari, Interpreta­ zione di Schelling, Napoli, LSE, 1958; D.S., Introduzione a Schelling, Bari, Laterza, 1971 (con bibliografie varie); A. Bausola, Lo svolgimento del pensiero di Schelling, Milano, VeP, 1969; A. Massolo, Il primo Schelling, Firenze, Sansoni, 1953; R. Assunto, Estetica dell'identità, Urbino, Arga- lìa, 1962; L. Pareyson, Schelling. Presentazione a antologia, Torino, Ma­ rietti, 1975; D.S., L’estetica di Schelling, Torino, Giappichelli, 1964; X. Tilliette, Attualità di Schelling, Milano, Mursia, 1972 (d.s., cfr. il fonda­ mentale studio Schelling. Une Philosophie en devenir, Paris, Vrin, 1970); F. Moiso, Vita, natura, libertà. Schelling (1793-1809), Milano, Mursia, 1990; in tedesco, oltre al recente, agile testo di M. Frank, Eine Einfiihrung in Schellings Philosophie, Frankfurt, Suhrkamp, 1985, rinviamo ai volumi se- 2 PREFAZIONE ganni il titolo. Se il termine Aforismi può infatti far pensare ad una meditazione più « libera » di quanto non fosse avvenuto in precedenza su tematiche di filosofia naturale, il lettore si avvede invece subito che, in queste pagine, Schelling procede con coerenza e lucidità estre­ me ad un colloquio che coinvolge, primi fra tutti, Spi­ noza, Fichte e Kant, e che, forse soltanto in seconda istanza, chiamando però in causa anche Leibniz, è poi diretto anche a quanti, attorno a lui, sembravano per­ correre il medesimo cammino.2 Il periodo di tempo in cui Schelling si occupa appro­ fonditamente di filosofia naturale viene generalmente ricompreso fra il 1796 ed il 1802.3 In effetti, un impor­ tante spartiacque nello sviluppo del pensiero schellin- ghiano sembra essere costituito da Filosofia e religione, guenti, estremamente ricchi di indicazioni particolari e generali: Schelling, Seine Bedeutung fiir eine Philosophie der Natur und der Geschichte, a cura di L. Hasler, Stuttgart-Bad Cannstatt, frommann-holzboog, 1981; Natur und geschichtlicher Prozefi. Studien zur Naturphilosophie F. W.J. Schellings, a cura di HJ. Sandkiihler, Frankfurt, Suhrkamp, 1984; Natur und Subjektivitdt. Zur Auseinadersetzung mit der Naturphilosophie des jungen Schellings, a cura di R. Heckmann, H. Krings e R.W. Meyer, Stuttgart-Bad Cannstatt, frommann-holzboog, 1985. Importanti poi gli Atti del Convegno intemazio­ nale sul concetto di natura. Schelling e la Critica del Giudizio, in « Studi Urbinati », 51, 1977. 2 Cfr., sulla « cerchia » dei filosofi della natura che si muoveva attor­ no o comunque in parallelo a Schelling, i contributi di D.v. Engelhardt nei volumi tedeschi citt. ed anche in Romantik in Deulschland, a cura di R. Brinkmann, Stuttgart, Metzler, 1978; inoltre, il nostro Tecnica e filoso­ fia della natura, in Memorie della tecnica, a cura di G. Manzi, Roma, Cad­ mo Ed., 1985, pp. 53-81. * Cfr. ad es. R.W. Meyer, Zum Begriff des spekulativen Physik bei Schelling (in Natur und Subjektivitdt, cit., p. 129), che per quegli anni par­ la di una « naturphilosophische Epoche », e rinvia ai fondamentali contri­ buti interpretativi di R. Lauth (in « Kant Studien », 75 Jhg., 1, 1984) e di K. Dùsing (« Hegel Studien », 5, 1969). TRASPARENZA E TRASFIGURAZIONE 3 pubblicato nel 1804, anche se però l’interesse di Schel­ ling per la filosofia delle natura, dopo quella data, non scompare mai completamente.4 Anzi, come è stato rile­ vato, anche nel Sistema dell'intera filosofia, sempre del 1804, « la parte relativa al mondo reale e alle sue poten­ ze ha uno sviluppo incomparabilmente maggiore che la parte relativa alle potenze del mondo ideale »;5 la conce­ zione della « caduta », e la riflessione sull’essenza della religione, affrontate da Schelling in Filosofia e religione, sarebbero dunque ancora sotto il segno del « sistema dell’identità » cui Schelling lavorava in quegli anni, fi­ nalizzate quindi a risolvere difficoltà implicite al sistema stesso, anche se poi, invece, destinate inesorabilmente a dissolverlo.6 Comunque sia, a leggere le due parti che compongo­ no gli Aforismi, e resistendo alla tentazione di metterli immediatamente in rapporto con gli autori cui Schelling esplicitamente o implicitamente si richiama, è possibile ricavare un’impressione duplice; da un lato Schelling la­ vora effettivamente al rafforzamento dell’edificio dell’i- 4 L. Pareyson, nella sua importante Introduzione alla tr. it. degli Scritti di Schelling stilla filosofia, la religione, la libertà, Milano, Mursia, 1974, osserva che « a un primo sguardo Filosofia e religione è una nuova espressione di quella filosofia dell’identità che, delineata nell’incompiuta Esposizione del mio sistema filosofico del 1801 », finisce proprio perciò per incontrarsi anche con gli Aforismi stilla filosofia della natura (cit., p. 7). 5 Ivi, pp. 7-8. 6 Ivi, p. 9. A proposito del sistema dell'identità, Pareyson (cit., p. 7) scrive che la sua caratteristica «consiste ncH’insediarsi direttamente nel cuore dell’assoluto, per coglierlo nella sua indifferenza a monte delle di­ stinzioni c divisioni e per contemplarlo nella sua perfetta e conchiusa uni- totalità, sì che il problema non è tanto quello di trovare l’unità degli op­ posti, ma piuttosto quello assai più arduo di derivare l’opposizione dall’u­ nità ». Proprio a tal fine Schelling introdurrebbe nel suo sistema, fra l’al­ tro, la concezione cristiana della « caduta ». 4 PREFAZIONE dentità, ma, dall’altro, proprio cercando di specificare in maniera sempre più chiara che cosa egli intendesse con « identità » (nel tentativo di differenziare la propria posi­ zione da quella dei filosofi con cui si confronta), viene a manifestarsi qualcosa d’altro, qualcosa di estremamente ricco e fecondo, destinato a scardinare il sistema dell’i­ dentità soltanto se quest’ultima viene intesa nel senso dell’identità come totalità indifferenziata, e non, come invece sembra indicare Schelling, come una totalità il cui centro non è tanto una presenza quanto un "assenza, non tan­ to manifestazione quanto invece nascondimento. I « lati » del sistema schellinghiano non sono infatti soltanto la fi­ losofia della natura e quella trascendentale: a questi va aggiunto il loro rapporto. Ed il rapporto — Schelling lo evidenzia spesso e bene — non è mai nel senso della pre­ senza oggettivabile dalla scienza comunemente intesa (e ' cioè empiricamente intesa: nella fisica, ad esempio, o co­ munque nella parte naturale del sistema), ovvero nel sen­ so dell’oggetto del pensiero che la ragione farebbe suo (come nel « lato » trascendentale del sistema: così che ne scaturisce la riaffermazione dell’insostituibilità dell’in­ tuizione, l’unica in grado di cogliere l’abisso di essere- non essere del mondo dinanzi al pensiero). E chiaro: per Schelling Dio è il rapporto che « tiene assieme » il mondo ed il pensiero. Ma se quel rapporto sempre si dà nel mentre si sottrae — e sembra essere pro­ prio questo il costante Leitmotiv degli Aforismi —, ne v consegue in primo luogo la necessità di depotenziare il soggetto fichtiano ponendolo dinanzi alla provenienza « altra » della natura (per « adeguarlo », renderlo in qual­ che modo « pronto » a ciò che, nell’oscillazione fra sog­ getto e mondo, si dà ma anche si cela), e, poi, la dramma­ tica constatazione della distanza abissale che separa il TRASPARENZA E TRASFIGURAZIONE 5 soggetto stesso da Dio. Non sappiamo fino a che punto possa affermarsi che l’infrenabile sottrarsi-rivelarsi del divino sia in relazione alla presenza-assenza della natura nel divino stesso, cui Schelling accenna più volte ed in più punti della sua opera. Quel che ci sembra in qualche modo certo è però che proprio mentre si sottrae, il divino riluce e trasfigura il mondo, secondo una sorta di « moven­ za » che potrebbe essere anche alla base della speculazio­ ne schellinghiana sull’arte e sull’origine stessa del lin­ guaggio.7 La netta opposizione di Schelling all’errore cartesia­ no (« l’io penso, io sono, è, a partire da Cartesio, l’errore fondamentale di ogni conoscenza », Af. 44), è l’opposi- 7 Cfr. le nostre Introduzioni a Le arti figurative e la natura, ed. it. a cura di G. Moretti e L. Rustichelli, Palermo, Aesthetica, 1989, ed a (J. Grimm, F. Schelling), Sull’origine del linguaggio, ed. it. a cura di G. Mo­ retti, tr. e note di T. Weddigen, Ferrara, Gallio, 1992. Conseguentemen­ te, la vicinanza di Schelling alla tradizione platonico-plotinica andrebbe ri­ dimensionata, in quanto la presenza « moderna » della soggettività e del suo autoporsi — di derivazione fichtiana — « peserebbe », in Schelling, ben più di quanto non si sia forse finora sospettato, e ciò, proprio negli aspetti apparentemente più « vicini » a quella tradizione stessa, come ad esempio la « fisica della luce ». La questione della verità della rivelazione cristiana, intrecciata al « nichilismo » implicito della soggettività autopo- nentesi, in Schelling, non si innesterebbe allora — come invece in Hegel — sul tronco « greco » dell’idealismo operando una saldatura indirizzata ad un’escatologia e ad una filosofia della storia esclusivamente ascendenti: rivolto com’è all’origine, il pensiero di Schelling si dimostrebbe — almeno in alcuni suoi aspetti non secondari — ben più sensibile alla sottrazione di significato che la presenza del divino nella storia riserverebbe per sé e per il suo insondabile mistero. Questa, forse, la presenza della mistica nel pensiero schellinghiano, che ci pare trasparire anche nei continui riferi­ menti ad una « luminosità », nella natura, di un fondamento che però mai è poi « naturalmente » presente, ma sempre si sottrae, e non, plotinica- mcnte, secondo la norma dell'emanazione, bensì secondo l’inafferrabilità di ciò che per la ragione è comunque uno « scarto ». Questo, si diceva, anche nell’ambito dell'arte. 6 PREFAZIONE zione ad un’interpretazione della soggettività che pone al proprio centro, come esclusiva, la facoltà intellettuale. La conoscenza cui Schelling aspira è << razionale », laddove però « la ragione non è una facoltà, uno strumento », né vi è « una ragione che noi abbiamo, bensì soltanto una ragio­ ne che ci possiede » (Af. 46). Lo studio della Natura nel suo rapporto con l’intelligenza diventa allora l’unica stra­ da per uscire dalle secche del solipsismo cartesiano-kantia­ no, perpetuato, anche se su di un piano diverso e più alto, dal fichtismo. Chiamando in causa, per la conoscenza del­ la natura, l’immaginazione (« il senso che è cosciente della sua infinità », Af. 34), che è dunque rivolta all’intuizione del particolare, Schelling collega poi tale intuizione imma­ ginativa alla ragione come a ciò che costituisce la non-dif- ferenza nella differenza, cioè nel particolare (Af. 36). Co­ noscenza divina, dunque esente da differenza, la ragione è nella natura non essendovi, così come nell’intelligenza essa non sarà, essendovi. In entrambi i casi, ciò che emerge è la sottrazione come donazione di presenza. E non è davvero casuale che gran parte dei primi aforismi siano dedicati al­ la riflessione sul divino. Assoluto, divino ed identità non sono reciprocamente in rapporto come sostanza ed attri­ buti. Con-sono. Ed è proprio perciò che, ogni volta che il finito appare, nella natura come nell’arte, la presenza di ciò che si manifesta è garantita nella sua divinità e infinità non tanto dalla presenza del divino, quanto dalla sua sot­ trazione: il divino traluce, traspare nel mondo, ma perché gli si sottrae. Altrimenti, sembra dire Schelling, il divino ver­ rebbe pensato non come infinito, ma come finito esso stes­ so, e potrebbe poi essere raggiunto gradualmente dal pen­ siero, ciò che invece è principalmente impossibile. Dio si afferma nelle cose come un lampo che proviene da una notte oscura, secondo una norma inattingibile dal

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