INCHIESTE Fabio Sanvitale – Armando Palmegiani Accadde all’Idroscalo L’ultima notte di Pier Paolo Pasolini © 2016 SOVERA MULTIMEDIA s.r.l. Via Leon Pancaldo, 26 - 00147 Roma Tel. (06) 5585265 - 5562429 www.soveraedizioni.it e-mail: [email protected] I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale (com- presi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i paesi. Non abbiamo la pretesa di aver trovato la verità assoluta sul caso Pasolini, perché la verità assoluta non esiste. Ma pensia- mo di aver rimesso a posto molte tessere fuori fuoco, ignorate, travisate, di questa storia. Lo abbiamo fatto seguendo la lo- gica investigativa, l’esperienza, la criminalistica. E ricordan- doci sempre quello che ci ha insegnato la pratica dell’indagi- ne: Pluralitas non est ponenda sine necessitate, come diceva Guglielmo da Ockam. Alla buona: inutile formulare troppe ipotesi, quando quelle esistenti sono sufficienti. È la base del pensiero scientifico moderno. Una regola che evita di avven- turarsi in teorie troppo costruite, che fanno perdere di vista la realtà delle cose e che invita anche, contemporaneamente, a non essere nemmeno troppo semplicistici, perché altrimenti la conclusione poggerà su basi troppo fragili. Per questo dobbiamo ringraziare tutti quelli che ci hanno aiutato a scavare, a cercare, a capire. Lorena Piras per il sup- porto continuo e le ricerche bibliografiche. Renzo Sansone (e Stefania Angelini Sansone) per i ricordi fondamentali, il dot- tor Giorgio Bolino dell’Istituto di Medicina Legale di Roma, Silvio Parrello, gli avvocati Pier Giorgio Manca e Guido Cal- vi, il personale del Tribunale dei Minorenni di Roma e il giu- dice Maria Agrimi per la disponibilità, Giuseppina Sardegna, il segretario della Fondazione Pasolini di Casarsa del Friuli Marco Salvadori, i giornalisti Claudio Marincola e Lucia Vi- sca per il prezioso materiale, la grafologa Sara Cordella; e Ro- berto Chiesi, direttore del “Centro Studi - Archivio Pier Paolo Pasolini” della Fondazione Cineteca di Bologna, Ferdinando Imposimato, Nino Mancini. 5 P REFAZIONE Bologna 1922 – Ostia 1975. Ma come è morto Pasolini? Cos’è successo a Ostia quella notte? È ancora un punto inter- rogativo, un’inchiesta mai conclusa, perché la via giudiziaria ha lasciato tanti dubbi e poche certezze. È da qui che parte questo libro; Fabio Sanvitale e Armando Palmegiani vivise- zionano quei momenti, con l’occhio non del giornalista o del- lo storico, ma del tecnico, con l’occhio e l’esperienza di chi ha maneggiato e maneggia le scene del crimine. È possibile che sia riaperta nuovamente l’inchiesta sulla morte di Pier Paolo Pasolini? O è solo una speranza di chi non vuole arrendersi alla sua morte? Lo leggeremo tra queste righe, che partono da un dato di fatto, quello che ha marchiato fin da subito l’intellettuale Pasolini. Comunista e omosessuale, Sanvitale e Palmegiani lo scri- vono subito, nella prima pagina. Ed è giusto ricordarlo, perché anche questo ha contributo a viziare la scena del crimine, e poi l’inchiesta, e poi il dopo. Pasolini viene da una buona famiglia, figlio di un ufficiale, si sposta dove si sposta il padre. Si laurea a Bologna e insegna a Casarsa, in Friuli. È qui che ha a che fare con la giustizia per la prima volta. È il 1949, Pasolini ha 27 anni, viene processato per omosessualità. I carabinieri dicono che si è appartato vi- cino a casa sua con dei ragazzini, e dunque viene accusato di corruzione di minorenni e atti osceni in luogo pubblico. Con- siderate che sono anni difficili: se una donna viene violentata questo non è un vero e proprio reato, contro di lei, la donna. Viene solo turbata la pubblica morale, tutto qui. Per gli omo- sessuali invece è dura, ogni approccio punito. Tanto che Pa- solini lascia il suo Friuli, si porta via solo l’accento del nord, e prova a vivere a Roma, nella capitale. Ma ha a che fare di nuovo con un tribunale: viene rinviato a giudizio per rapina nei confronti di un benzinaio. Una storia alquanto strana. Il 7 benzinaio sostiene che un uomo sconosciuto con una Giulietta lo ha minacciato con una pistola e poi rapinato del suo incasso giornaliero. È lui, è Pasolini: dice convinto a chi lo ascolta. Eccolo di nuovo nei guai, questa volta per rapina. E nes- suno gli fa sconti, a destra. Durante il processo il criminologo Semerari (quello ritrovato nella sua auto, la testa nell’abitaco- lo, e il resto del corpo nel portabagagli) lo definisce un “co- prolalico”. Pasolini è un omosessuale esibizionista, sostiene Semerari: “ci è noto attraverso le sue opere letterarie e i suoi lavori cinematografici: l’analisi psicopatologica della sua pro- duzione ci potrebbe portare all’affermazione di una tendenza coprolalica, e qualora volessimo ispirarci alle teorie psicodi- namiche non sarebbe difficile dimostrare che la coprolalia è un comportamento neurotico e intravedere in tale comporta- mento la risultante di un’infermità”. Omosessuale, comunista, e infermo dunque! Nonché co- prolalico. Ma Pasolini è robusto, o almeno appare tale. Va avanti a scrivere, a fare film, e sembra più a suo agio tra la gente di borgata che tra l’alta borghesia da cui invece proviene. Fino al giorno in cui rimane lì, disteso, in uno squallido posto vicino al mare di Ostia, a pochi chilometri dalla capitale. Ci è arrivato con la sua GT. E proprio quest’automobile potrebbe dirci tante cose, ep- pure anche l’alfetta metallizzata rimane tra i misteri di questa storia italiana: restituita così tardi alla famiglia che non ci si può più trovare nulla di certo. Era scomodo Pasolini? Meglio toglierlo di mezzo? Oppure è solo una squallida storia… così come ci hanno voluto far credere fin da subito? Federica Sciarelli 8 Capitolo 1 Idroscalo Sono due, quelli che stanno in auto su questa strada vuota. Uno che ama molto la vita, al punto di rischiarla. Un testi- mone del suo tempo. Un’ala destra veloce, a pallone: c’è stato un tempo in cui lo chiamavano “Stukas” perché sembrava Bia- vati del grande Bologna. Un intellettuale che usa il suo corpo, lo gioca, lo esibisce come nessun altro ha fatto mai. Uno che osa dire di essere comunista e omosessuale, insieme. Uno che guarda l’Italia da dietro quegli occhiali scuriti e vede cose che noi non vediamo. E dice cose enormi e profonde e apocalitti- che, con quella vocina là, poi. Uno che provoca, ma che è spes- so silenzioso nei salotti buoni. Uno che non sa farsi nemmeno un uovo al tegamino. Uno che poi esce e va a cercare i mar- chettari più cattivi. Questo è l’uomo alla guida, mentre sfilano i lampioni gialli di una strada che porta verso l’odore del mare. Uno che apre la porta, esce e non sa quando rientrerà. Uno che vorrebbe sentirsi più forte e invece no. Uno che ha già imparato che la prima regola è fottere gli altri. Uno che con la chitarra suona più i “lenti” che gli “svelti”. Uno che abita in un palazzo che sta in una strada che sta al limite del nulla. Uno che ha fatto fino alla seconda media, e poi vediamo. Uno che ha fame. Uno che frequenta certa gente e sa come si ruba una macchina. Questo è il ragazzo infagottato che siede al posto del passeggero, mentre i coni d’ombra tra i lampioni si inca- strano l’uno nell’altro. Vicino al vano portaoggetti, davanti a lui, c’è attaccato un adesivo ovale, con lo stemma del Bologna Football Club. L’uomo che guida è un tifoso, di quelli accesi. Quando l’auto argentata abbandona il conforto dell’ultimo lampione, rallenta. Sulla sinistra si apre una strada sterrata. Rallenta ancora. Ancora. Procede piano. I fari illuminano terra 9