NATURA E DIGNITA DELLA PERSONA UMANA A FONDAMENTO DEL DIRITTO ALLA VITA. LE SFIDE DEL CONTESTO CULTURALE CONTEMPORANEO ATTI DELLA OTTAVA ASSEMBLEA DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA Città del Vaticano, 25-27 Febbraio 2002 A cura di : JUAN DE DJOS VIAL CORREA ELIO SGRECCIA LIBRERIA EDITRICE VATICANA 2003 Presentazione (Prof. JUAN DE DIOS VIAL CORREA E ELIO SGRECCIA) DOCUMENTI CORRELATI Discorso del Santo Padre GIOVANNI PAOLO II Comunicato Finale CONTRIBUTI DELLA TASK-FORCE S.E.R. Mons. JULIÁN HERRANZ, La dignità della persona umana e il diritto. Rev. Prof. ANDRZEJ SZOSTEK, La questione antropologica: esiste la verità assoluta sull' uomo? Prof. WOLFGANG WALDSTEIN, La capacità della mente umana di conoscere il diritto naturale. Prof. SERGIO BELARDINELLI, "Natura " in senso cosmologico, biologico, antropologico ed ecologico. Prof. JOHN FINNIS, Natura e legge naturale nel dibattito filosofico e teologico contemporaneo: alcune osservazioni. Rev. Prof. CHARLES MOREROD, Natura e legge naturale nel cattolicesimo e nel protestantesimo. 1 Rev. MARTIN RHONHEIMER, La legge morale naturale: conoscenza morale e conscienza.La struttura cognitiva della legge naturale e la verità della soggettività. Prof. FRANCESCO VIOLA, Il diritto naturale: stabilita ed evoluzione dei suoi contenuti. Prof. FRANCESCO D'AGOSTINO, Il diritto naturale, il diritto positivo e le nuove provocazioni della bioetica. Prof. JOSEPH SEIFERT, Il diritto alla vita e la quarta radice della dignità umana. Prof. MARIA DOLORES VILA- CORO, I diritti umani e il diritto alla vita. S.E.R. Mons. CARLO CAFFARRA, Legge naturale: matrimonio e procreazione. 2 JUAN DE DIOS VIAL CORREA, ELIO SGRECCIA PRESENTAZIONE Il tema dell'esistenza della legge naturale e della sua definizione nell'uomo con la necessaria connessione con il suo fondamento, nella natura umana, e i conseguenti riflessi sul diritto naturale è argomento che s'impone in modo sempre più pressante. Anzitutto, perché tutti i problemi che si dibattono oggi nell'ambito della bioetica e del biodiritto chiedono, per una loro valida soluzione che si chiarisca questa preliminare domanda: se esiste o no un'istanza inerente all'uomo in quanto tale, sulla quale si possa fondare il giudizio di liceità o illiceità dell'intervento scientifico-‐sperimentale sull'uomo. Le discussioni sull'aborto, sull'eutanasia, sul diritto alle cure, sulla sperimentazione sull'uomo -‐a partire dalla fase embrionale-‐ e, più recentemente sull'impiego delle cellule staminali embrionali e sulla clonazione, riproduttiva e terapeutica, ripropongono la definizione dell'inizio della vita umana, della sua fine e, quindi dell'interrogativo ultimo: che cosa definisce l'uomo e la sua natura e su che cosa si fonda il suo diritto. Nella stessa Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e in tutti i documenti che fanno appello al concetto dei "diritti dell'uomo" quelli cioè che ineriscono all'uomo in quanto uomo, è soggiacente la stessa domanda L'evoluzionismo, come teoria interpretativa della storia dell'universo, e la sensibilità storica e sociologica consentono ancora di parlare di una natura umana che, comunque, definisce l'uomo come anima et corpore unus, unus per l'anima spirituale che lo struttura e lo vivifica? La questione antropologica condiziona e fonda anche la domanda etica su ogni intervento sull'uomo: qual è il bene vero dell'uomo e quale azione compiuta dall'individuo umano o a carico dell'individuo umano, è conforme alla sua istanza connaturale? Ugualmente ci s'interroga sul piano giuridico: quale legge può conseguire il bene comune nel rispetto del bene di ognuno? Per rispondere a questa domanda occorre definire la natura umana, la sua "oggettività" e "conoscibilità". D'altro canto lo stesso dialogo tra le diversi correnti culturali non può essere condotto se non sulla base di una ricerca di un fondamento comune, il bene vero dell'uomo, la verità dell'uomo. Se si parla dal contrattualismo e dall'utilitarismo non esiste terreno comune o valori oggettivi, ma soltanto i compromessi sulla logica degli interessi e ogni decisione finisce di sottostare all'interesse del più forte. Pertanto il discorso sulla legge morale naturale e sul diritto naturale diventa un discorso di libertà e di giustizia. Smarrire, occultare, questo discorso pone la premessa per ogni prevaricazione dà corso alla logica della guerra del più forte contro i più deboli specialmente nel settore della biomedicina, ove l'essere umano è oggetto di distruzione, di sperimentazione e di commercio. Togliere i fondamenti del pensiero intorno alle questioni della verità, del bene della giustizia e del diritto vuol dire esporre al crollo tutto l'edificio sociale. La sensibilità per questo fondamento, legge morale naturale-‐diritto naturale, sta per altro riemergendo dopo il crollo delle ideologie, e dopo l'inondazione del pensiero debole e del relativismo morale. Un grande aiuto per questa riflessione è venuto dal Concilio Ecumenico Vaticano II, (in particolare nella Gaudium et Spes) dalle Encicliche Veritatis Splendor(6.8.1997) e Fides et Ratio(14.9.1998). Di quest'ultima Enciclica ci piace ricordare la condanna del nihilismo, che riassume in sé gli esiti anche di altre visioni relativiste come l'utilitarismo e il contrattualismo: "il nihilismo" prima ancora di essere in contrasto con le esigenze e i contenuti propri della parola di Dio, è negazione dell'umanità e della sua stessa identità. Non si può 3 dimenticare, infatti, che l'oblio dell'essere comporta inevitabilmente la perdita di contatto con la verità oggettiva e, conseguentemente col fondamento su cui poggia la dignità dell'uomo. Si fa così spazio alla possibilità di cancellare dal volto dell'uomo i tratti che ne rivelano la somiglianza con Dio, per condurlo progressivamente o a una distruttiva volontà di potenza o alla disperazione della solitudine. Una volta che si è tolta la verità dell'uomo, è pura illusione pretendere di renderlo libero" (Fides et Ratio, n. 90). Il Santo Padre a conclusione dell'Assemblea Generale di cui riportiamo gli Atti ha voluto richiamare -‐citando la Gaudium et Spes e l'Enciclica Veritatis Splendor-‐ l'istanza imprescindibile di "fare sempre riferimento alla natura propria e originale dell'uomo, alla natura della persona umana, che è la persona stessa nell'unità di anima e di corpo, nell'unità delle sue inclinazioni di ordine sia spirituale che biologico e di tutte le altre caratteristiche specifiche necessarie al proseguimento del suo fine" (Discorso ai partecipanti alla VIII Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita, L'Osservatore Romano, 1 marzo 2002, p.5). In questo stesso Discorso il S.Padre, dopo aver criticato il presunto conflitto fra legge naturale e libertà, chiarisce e respinge l'accusa di "fissismo" ed "essenzialismo fissista" che spesso viene pronunciato riguardo alla legge naturale a motivo di una profonda incomprensione della sua stessa nozione: compiere il bene ed evitare il male vuol dire mettere in atto una dinamica perfettiva che coinvolge tutto l'uomo e tutti gli uomini, vuol dire proporre compiti storici in avanti e in alto all'umanità dietro la luce sapienzale della legge morale. Un'erronea analogia con il concetto di natura proprio delle realtà fisiche ha ingenerato forse l'accusa di "fissismo", vocabolo usato come utile strumento da chi insegue concetti evoluzionisti e il relativismo della morale. Il diritto alla vita che è al centro dell'insegnamento dell'Evangelium Vitae (1995) non potrebbe avere slancio né sostegno, se non fosse ancorato sul fondamento della verità dell'uomo e della legge naturale. Il S.Padre nel Discorso citato, dopo aver ricordato che "i diritti dell'uomo debbono essere riferiti a ciò che l'uomo è per natura e in forza della propria dignità, e non già alle espressioni delle scelte soggettive proprie di coloro che godono del potere di partecipare alla vita sociale o che ottengono il consenso della maggioranza" ricorda che: "Tra i diritti dell'uomo la Chiesa cattolica rivendica per ogni essere umano il diritto alla vita come diritto primario. Lo fa in nome della verità dell'uomo e a tutela della sua libertà, che non può consistere se non nel rispetto alla vita (E.V., n.6)". Il volume che presentiamo porta, oltre al prezioso Discorso del S.Padre, una serie di contributi che si compattano in una trattazione integrata che comprende tre momenti di riflessione. La riflessione parte dal riferimento alla dignità della persona umana e per approfondire il discorso antropologico inteso come verità essenziale sull'uomo e la capacità dell'uomo a conoscere il diritto naturale. In un secondo momento il volume riporta gli approfondimenti indispensabili relativi al significato di "natura" in senso cosmologico, biologico, antropologico ed ecologico; seguono i capitoli sulla natura e diritto naturale nel dibattito filosofico e teologico attuale, sul rapporto tra legge morale naturale, conoscenza morale e coscienza; su diritto naturale e diritto positivo; sulla concezione protestante e la concezione cattolica e la concezione protestante della natura e della legge naturale. Infine si affronta il tema del "diritto alla vita" in rapporto alla dignità della persona, in relazione ai diritti dell'uomo e nelle conseguenze che si prospettano in ordine alla famiglia e alla procreazione. Siamo convinti di aver raccolto e predisposto un contributo valido e stimolante per una riflessione seria in ambito morale, giuridico e più ampiamente culturale. 4 GIOVANNI PAOLO II DISCORSO Ancora una volta si rinnova il nostro incontro, cari e illustri membri della Pontificia Accademia per la Vita, un incontro che sempre costituisce per me motivo di gioia e di speranza. Il mio saluto giunga con viva cordialità a ciascuno di voi personalmente. Ringrazio in particolare il Presidente, Professor Juan de Dios Vial Correa, per la amabili parole con cui ha voluto farsi interprete dei vostri sentimenti. Uno speciale pensiero rivolgo anche al Vice-‐Presidente, Mons. Elio Sgreccia, animatore solerte dell'attività della Pontificia Accademia. State celebrando in questi giorni la vostra ottava Assemblea Generale e a questo scopo siete qui convenuti numerosi dai rispettivi Paesi, per confrontarvi su una tematica cruciale nell'ambito della più generale riflessione sulla dignità della vita umana: "Natura e dignità della persona umana a fondamento del diritto alla vita. Le sfide del contesto culturale contemporaneo". Avete scelto di trattare uno dei punti nodali che stanno a fondamento di ogni ulteriore riflessione, sia essa di tipo etico-‐applicativo nel campo della bioetica, o di tipo socio-‐culturale per la promozione di una nuova mentalità a favore della vita. Per molti pensatori contemporanei i concetti di "natura" e di "legge naturale" appaiono applicabili al solo mondo fisico e biologico o, in quanto espressione dell'ordine del cosmo, alla ricerca scientifica e all'ecologia. Purtroppo, in tale prospettiva, riesce difficile cogliere il significato della natura umana in senso metafisico, come pure quello di legge naturale nell'ordine morale. A rendere più arduo questo passaggio verso la profondità del reale, ha certamente contribuito l'aver smarrito quasi del tutto il concetto di creazione, concetto riferibile a tutta la realtà cosmica, ma che riveste un particolare significato in rapporto all'uomo. Ha avuto in ciò un suo peso anche l'indebolimento della fiducia nella ragione, che caratterizza gran parte della filosofia contemporanea, come ho rilevato nell'Enciclica Fides et ratio (cfr n. 61). Occorre pertanto un rinnovato sforzo conoscitivo per tornare a cogliere alle radici, ed in tutto il suo spessore, il significato antropologico ed etico della legge naturale e del connesso concetto di diritto naturale. Si tratta, infatti, di dimostrare se e come sia possibile "riconoscere" i tratti propri di ogni essere umano, in termini di natura e dignità, quale fondamento del diritto alla vita, nelle sue molteplici formulazioni storiche. Soltanto su questa base è possibile un vero dialogo ed un'autentica collaborazione fra credenti e non credenti. L'esperienza quotidiana evidenzia l'esistenza di una realtà di fondo comune a tutti gli esseri umani, grazie alla quale essi possono ri-‐conoscersi come tali. E' necessario fare sempre riferimento "alla natura propria e originale dell'uomo, alla "natura della persona umana" che è la persona stessa nell'unità di anima e di corpo, nell'unità delle sue inclinazioni di ordine sia spirituale che biologico e di tutte le altre caratteristiche specifiche necessarie al perseguimento del suo fine" (Veritatis splendor, 50; cfr anche Gaudium et spes, 14). Questa natura peculiare fonda i diritti di ogni individuo umano, che ha dignità di persona fin dal momento del suo concepimento. Questa dignità oggettiva, che ha la sua origine in Dio Creatore, è fondata nella spiritualità che è propria dell'anima, ma si estende anche alla sua corporeità, che ne è componente essenziale. Nessuno può toglierla, tutti anzi la devono rispettare in sé e negli altri. E' dignità uguale in tutti e che permane intera in ogni stadio della vita umana individuale. Il riconoscimento di tale naturale dignità è la base dell'ordine sociale, come ci ricorda il Concilio Vaticano II: "Benché tra gli uomini vi siano giuste diversità, l'uguale dignità delle persone richiede che si giunga ad una condizione più umana e giusta della vita" (Gaudium et spes, 29). 5 La persona umana, con la sua ragione, è capace di ri-‐conoscere sia questa dignità profonda ed oggettiva del proprio essere, sia le esigenze etiche che ne derivano. L'uomo può, in altre parole, leggere in sé il valore e le esigenze morali della propria dignità. Ed è lettura che costituisce una scoperta sempre perfettibile, secondo le coordinate della "storicità" tipiche della conoscenza umana. E' quanto ho rilevato nell'Enciclica Veritatis splendor, a proposito della legge morale naturale, la quale, secondo le parole di san Tommaso d'Aquino, "altro non è che la luce dell'intelligenza infusa in noi da Dio. Grazie ad essa conosciamo ciò che si deve compiere e ciò che si deve evitare. Questa luce e questa legge Dio l'ha donata nella creazione" (n. 40; cfr anche Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1954-‐1955). E' importante aiutare i nostri contemporanei a comprendere il valore positivo e umanizzante della legge morale naturale, chiarendo una serie di malintesi e di interpretazioni fallaci. Il primo equivoco che occorre eliminare è "il presunto conflitto tra la libertà e la natura", che "si ripercuote anche sull'interpretazione di alcuni aspetti scientifici della legge naturale, soprattutto sulla sua universalità e immutabilità" (Veritatis splendor, 51). Infatti anche la libertà appartiene alla natura razionale dell'uomo e dalla ragione può e deve essere guidata: "Proprio grazie a questa verità, la legge naturale implica l'universalità. Essa, in quanto iscritta nella natura razionale della persona, s'impone ad ogni essere dotato di ragione e vivente nella storia" (ibid.). Un altro punto che deve essere chiarito è il presunto carattere statico e fissista attribuito alla nozione di legge morale naturale, suggerito forse per una erronea analogia con il concetto di natura proprio delle realtà fisiche. In verità, il carattere di universalità e obbligatorietà morale stimola e urge la crescita della persona. "Per perfezionarsi nel suo ordine specifico la persona deve compiere il bene ed evitare il male, vegliare alla trasmissione e conservazione della vita, affinare e sviluppare le ricchezze del mondo sensibile, coltivare la vita sociale, cercare il vero, praticare il bene, contemplare la bellezza" (San Tommaso, Summa Theologica, I-‐II, q. 94, a. 2; cfr CCC, 51). Di fatto, il Magistero della Chiesa si richiama all'universalità e al carattere dinamico e perfettivo della legge naturale in riferimento alla trasmissione della vita, sia per mantenere nell'atto procreativo la pienezza dell'unione sponsale, sia per conservare nell'amore coniugale l'apertura alla vita (cfr Humanae vitae, 10; Istruzione Donum vitae, II, 1-‐8). Analogo richiamo il Magistero fa in tema di rispetto della vita umana innocente: qui il pensiero va all'aborto, all'eutanasia, alla soppressione e sperimentazione distruttiva degli embrioni e dei feti umani (cfr Evangelium vitae, 52-‐67). La legge naturale, in quanto regola le relazioni interumane, si qualifica come "diritto naturale" e, come tale, esige il rispetto integrale della dignità dei singoli individui nella ricerca del bene comune. Un'autentica concezione del diritto naturale, inteso come tutela dell'eminente e inalienabile dignità di ogni essere umano, è garanzia di uguaglianza e dà contenuto vero a quei "diritti dell'uomo" che sono stati posti a fondamento delle Dichiarazioni internazionali. I diritti dell'uomo, infatti, debbono essere riferiti a ciò che l'uomo è per natura e in forza della propria dignità, e non già alle espressioni delle scelte soggettive proprie di coloro che godono del potere di partecipare alla vita sociale o di coloro che ottengono il consenso della maggioranza. Nell'Enciclica Evangelium vitae ho denunciato il pericolo grave che questa falsa interpretazione dei diritti dell'uomo, come di diritti della soggettività individuale o collettiva, sganciata dal riferimento alla verità della natura umana, possa portare anche i regimi democratici a trasformarsi in un sostanziale totalitarismo (cfr nn. 19-‐20). In particolare, tra i diritti fondamentali dell'uomo, la Chiesa cattolica rivendica per ogni essere umano il diritto alla vita come diritto primario. Lo fa in nome della verità dell'uomo e a tutela della sua libertà, che non può sussistere se non nel rispetto della vita. La Chiesa afferma il diritto 6 alla vita di ogni essere umano innocente ed in ogni momento della sua esistenza. La distinzione che talora viene suggerita in alcuni documenti internazionali tra "essere umano" e "persona umana", per poi riconoscere il diritto alla vita e all'integrità fisica soltanto alla persona già nata, è una distinzione artificiale senza fondamento né scientifico né filosofico: ogni essere umano, fin dal suo concepimento e fino alla sua morte naturale, possiede l'inviolabile diritto alla vita e merita tutto il rispetto dovuto alla persona umana (cfr Donum vitae, 1). Carissimi, in conclusione desidero incoraggiare la vostra riflessione sulla legge morale naturale e sul diritto naturale, con l'augurio che da questa possa scaturire un nuovo, sorgivo slancio di instaurazione del vero bene dell'uomo e di un ordine sociale giusto e pacifico. E' sempre ritornando alle radici profonde della dignità umana e del suo vero bene, è poggiando sul fondamento di ciò che esiste di intramontabile ed essenziale nell'uomo, che si può avviare un dialogo fecondo con gli uomini di ogni cultura in vista di una società ispirata ai valori della giustizia e della fraternità. Ringraziandovi ancora per la vostra collaborazione, affido le attività della Pontificia Accademia per la Vita alla Madre di Gesù, Verbo fatto carne nel suo grembo verginale, perché vi accompagni nell'impegno che la Chiesa vi ha affidato per la difesa e la promozione del dono della vita e della dignità di ogni essere umano. Con questo auspicio imparto a voi ed ai vostri cari la mia affettuosa Benedizione. (Da L'Osservatore Romano, venerdì 1 marzo 2002, p.5) 7 COMUNICATO FINALE Si è svolta, dal 25 al 27 di febbraio, la VIII Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita, presso l'Aula Vecchia del Sinodo in Vaticano. Per l'occasione, come di consuetudine, sono convenuti dai loro diversi Paesi di appartenenza i membri dell'Accademia, per condividere la loro esperienza di testimoni della vita, attraverso una pluridisciplinarità di competenze, a servizio della Chiesa e dell'intera comunità umana. Nell'ambito delle finalità specifiche dell'Accademia per la Vita, vale a dire studiare, formare ed informare circa le tematiche della vita, quest'anno si è scelto di dedicare l'Assemblea Generale allo studio del tema "Natura e dignità della persona umana a fondamento del diritto alla vita. Le sfide del contesto culturale contemporaneo". A nessuno sfugge come nel contesto culturale odierno siano presenti diverse correnti di pensiero che tendono, più o meno esplicitamente, a negare l'esistenza stessa di una natura umana o della capacità di conoscerla, con la conseguenza di non ammettere che la dignità della persona abbia un valore incondizionato e indisponibile, specialmente all'inizio e alla fine della vita umana, quando essa necessita maggiormente di cura e protezione. Infatti -‐come ha ricordato il Papa nel discorso ai partecipanti all'Assemblea-‐ "per molti pensatori contemporanei i concetti di natura e di legge naturale, appaiono applicabili al solo mondo fisico e biologico o, in quanto espressione dell'ordine del cosmo, alla ricerca scientifica e all'ecologia. Purtroppo, in tale prospettiva, riesce difficile cogliere il significato della natura umana in senso metafisico, come pure quello di legge naturale nell'ordine morale"(n.2). Di fronte a tali paradigmi culturali, l'Accademia per la Vita ha sentito l'esigenza di confrontarsi con queste nuove istanze, alla ricerca di una continuità con gli imprescindibili contenuti della plurisecolare Tradizione della Chiesa, e più in generale del pensiero filosofico classico, nello sforzo di individuare possibili novità di linguaggio, per favorire il dialogo col mondo contemporaneo, così come ha auspicato il Concilio Vaticano II (cf. Gaudium et Spes, n.3). Inoltre, tale tematica si presenta oggi di fondamentale rilevanza per indagare il rapporto che intercorre tra l'elaborazione dei vari codici legislativi, ai diversi livelli, e i valori umani a cui essi dovrebbero fare riferimento. A tal fine, l'Assemblea Generale ha seguito un itinerario articolato in tre aree tematiche: la questione antropologica; il tema della legge morale naturale sotto il profilo della sua esistenza e conoscibilità; la tematica del diritto, con particolare riferimento al diritto alla vita. Riguardo la questione antropologica, riprendendo l'insegnamento della Gaudium et Spes (n.14), l'assemblea ha voluto riaffermare una visione unitaria dell'uomo, "corpore et anima unus", rifiutando ogni dualismo o riduzionismo, sia di stampo spiritualista che materialista. L'autentico rispetto di ogni soggetto umano, infatti, trova il suo fondamento in tale identità corporeo-‐ spirituale, dove la dimensione della corporeità è parte costitutiva della persona, che attraverso di essa si manifesta e si esprime (cf. Donum Vitae, n.3), così come lo è la dimensione spirituale, nella quale l'uomo si apre a Dio, trovando in Lui il fondamento ultimo della sua dignità. Un aspetto problematico riguarda il riconoscimento dell'esistenza di una natura umana universale dalla quale derivare la legge morale naturale. A tal proposito, le relazioni succedutesi hanno rilevato come, nella cultura contemporanea, alcune correnti di pensiero, insistendo esclusivamente sulla dimensione storico-‐evolutiva dell'uomo, giungano a negare l'esistenza di una natura umana universale. Tuttavia essa, intesa come "natura razionale" è apparsa agli Accademici -‐ in continuità con l'insegnamento della Chiesa -‐ come un principio irrinunciabile per comprendere pienamente la legge morale naturale. Infatti, che cosa può fondare la dignità della persona umana se non le sue dimensioni ed esigenze essenziali, vale a dire la sua natura? Il Papa stesso ha voluto ribadire ai membri dell'Accademia che "la persona umana, con la sua ragione, è capace di ri-‐conoscere sia la dignità profonda ed oggettiva del proprio essere, sia le 8 esigenze etiche che ne derivano. L'uomo può, in altre parole, leggere in sé il valore e le esigenze morali della propria dignità. Ed è lettura che costituisce una scoperta sempre perfettibile, secondo le coordinate della "storicità" tipiche della conoscenza umana" (GIOVANNI PAOLO II,Discorso ai partecipanti..., n.3). Sulla base di questa visione antropologica, la riflessione degli Accademici si è quindi incentrata sul tema della legge morale naturale. Essa "altro non è che la luce dell'intelligenza infusa in noi da Dio. Grazie ad essa conosciamo ciò che si deve compiere e ciò che si deve evitare. Questa luce e questa legge Dio l'ha donata nella creazione." (Veritatis Splendor, nn.12; 40). Dunque, la sua esistenza è diretta conseguenza dell'esistenza della natura umana. Più in particolare, richiamando la dottrina di S. Tommaso d'Aquino sulla legge morale naturale, si è voluto sottolineare il fatto che ogni uomo è naturalmente capace di conoscere con chiarezza i dettami fondamentali (principi primi) di tale legge, che risuonano nel suo cuore chiamandolo sempre a fare il bene e ad evitare il male (cf. Gaudium et Spes, n.16). Appartiene alla natura dell'uomo la capacità di conoscere anche le norme morali derivate -‐ tali sono le norme etiche che riguardano la tutela della vita umana -‐, anche se la loro determinazione, in qualche caso, appare più difficoltosa a causa degli inevitabili condizionamenti culturali e personali che segnano la storia di ogni individuo. Per ciò, sia in ordine alla conoscenza che all'agire, di grande aiuto risulta la pratica delle virtù morali, intese come l'abitudine acquisita a compiere un determinato bene, mentre i vizi, al contrario, rappresentano un ostacolo ulteriore al compimento del bene. Le esigenze che appartengono alla legge morale naturale, come dimostra chiaramente la storia dei popoli, richiedono anche di essere riconosciute e tutelate nella vita sociale attraverso il diritto. In questo senso, si può parlare di "diritto naturale", con le conseguenti codificazioni legislative, i cui fondamenti non risiedono in un mero atto di volontà umana, bensì nella stessa natura e dignità della persona. È per questa ragione che, nella storia del diritto, quasi costantemente fino alla fine del diciottesimo secolo, i diritti fondamentali dell'uomo sono stati considerati come inviolabili e non-‐ negoziabili, sottratti quindi all'arbitrarietà di ogni patto sociale o del consenso della maggioranza. Successivamente, al contrario, si assiste ad un progressivo cambiamento, contrassegnato da una esasperazione della rivendicazione del diritto alla libertà individuale, per cui molte forme di attentati alla vita nascente e terminale, "presentano caratteri nuovi rispetto al passato e sollevano problemi di singolare gravità per il fatto che tendono a perdere, nella coscienza collettiva, il carattere di delitto e ad assumere paradossalmente quello di diritto" (Evangelium Vitae, n.11). Una parte dell'opinione pubblica, partendo da un tale presupposto, ritiene addirittura che lo Stato debba non soltanto rinunciare a punire tali atti, ma debba anzi garantirne la libera pratica, anche attraverso il supporto delle sue strutture. Di fronte a tali mutamenti, tra tutti i diritti fondamentali dell'uomo, "la Chiesa cattolica rivendica per ogni essere umano il diritto alla vita come diritto primario. Lo fa in nome della verità dell'uomo e a tutela della sua libertà, che non può sussistere se non nel rispetto della vita. La Chiesa afferma il diritto alla vita di ogni essere umano innocente ed in ogni momento della sua esistenza. La distinzione che talora viene suggerita in alcuni documenti internazionali tra essere umano e persona umana, per poi riconoscere il diritto alla vita e all'integrità fisica soltanto alla persona già nata, è una distinzione artificiale senza fondamento né scientifico né filosofico: ogni essere umano, fin dal suo concepimento e fino alla sua morte naturale, possiede l'inviolabile diritto alla vita e merita tutto il rispetto dovuto alla persona umana"(cf.Donum Vitae, n.1; GIOVANNIPAOLO II, Discorso ai partecipanti..., n.6). 9 Pertanto, l'assemblea degli Accademici si appella ai legislatori di ogni Paese, perché si sforzino di elaborare norme giuridiche coerenti con l'autentica verità dell'uomo, soprattutto riguardo al primario diritto alla vita. In conclusione, questo documento finale vuole fare proprio l'auspicio del Santo Padre, che ha incoraggiato l'Assemblea a continuare la sua "riflessione sulla legge morale naturale e sul diritto naturale, con l'augurio che da questa possa scaturire un nuovo, sorgivo slancio di instaurazione del vero bene dell'uomo e di un ordine sociale giusto e pacifico. E' sempre ritornando alle radici profonde della dignità umana e del suo vero bene, è poggiando sul fondamento di ciò che esiste di intramontabile ed essenziale nell'uomo, che si può avviare un dialogo fecondo con gli uomini di ogni cultura in vista di una società ispirata ai valori della giustizia e della fraternità" (GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti..., n.7). (Da L'Osservatore Romano, mercoledì 6 marzo 2002, p.6) 10
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