ebook img

Virgilianisti antichi e tradizione indiretta PDF

199 Pages·2001·5.176 MB·Italian
Save to my drive
Quick download
Download
Most books are stored in the elastic cloud where traffic is expensive. For this reason, we have a limit on daily download.

Preview Virgilianisti antichi e tradizione indiretta

ACCADEMIA TOSCANA DI SCIENZE E LETTERE «LA COLOMBARIA» «STUDI» cxcv SEBASTIANOT IMPANARO VIRGILIANISTI ANTICHI E TRADIZIONE INDIRETTA FIRENZE LEO S. OLSCHKI EDITORE MMI ISBN 88 222 5010 9 PRESENT AZIONE di P PIERGIORGIO ARRONI Pochig iorni dopo aver consegnato all'editore il dattiloscritto di questo libro, portato a termine a prezzo di non lieve fatica (secondo la testimo nianza della Signora Maria Augusta) agli inizi di ottobre dello scorso anno, Sebastiano Timpanaro ha awertito i primi sintomi di quel male che lo avrebbe poi condotto così rapidamente alla fine. Il direttore della collana, Francesco Adorno, in nome di un'amicizia che, come ricorda Timpanaro stesso nella sua premessa, risaliva alla «prima giovinezza», ha affrettato la composizione del volwne, e la tipografia, per parte sua, ha fatto miracoli, anche se si è trattato, purtroppo, di un'inutile corsa contro il tempo. Tim panaro ci ha lasciato il 26 novembre quasi in coincidenza coll'arrivo delle prime bozze. I miei rapporti con Timpanaro, che risalgono agli anni sessanta, si era no intensificati negli ultimi tempi, in particolare dopo la morte di Scevola Mariotti, il «fraterno amico» degli anni della Normale, awenuta agli inizi del 2000: io cercavo in lui in qualche modo l'immagine del maestro scom parso, lui forse vedeva in me, come in altri allievi di Mariotti, la continuità di un legame crudelmente interrotto. Credo che sia stata proprio questa eredità di affetti (non certo la mia particolare competenza in questo settore di studi) a spingere la Signora Maria Augusta, d'accordo con Francesco Adorno, a rivolgersi a me per portare a termine il lavoro di Sebastiano. Non so quanto sia riuscito nell'impresa. Ho fatto il possibile e soprattutto, come si può capire, l'ho fatto con amore. Le bozze, si sa, sono luogo di ri pensamenti, di rifinitura di qualche dettaglio, di piccole soppressioni o ag giunte, e tutto questo qui fatalmente è mancato. Devo però dire che leg gendo questo libro si ha l'impressione di un lavoro profondamente medi tato e, di conseguenza, perfettamente compiuto. E questo non meraviglia: Timpanaro aveva una grande dimestichezza con i problemi della tradizione indiretta di Virgilio, come testimonia soprattutto il libro del 1986, al quale -V- PRESENTAZIONE il presente si ispira (non ne è, come tiene a precisare l'autore stesso, «una seconda edizione, riveduta e aggiornata qua e là»). Anche il dattiloscritto, nonostante le apparenze (i dattiloscritti di Timpanaro, che non si era anco ra convertito al computer anche se si riprometteva di farlo, avevano sempre a prima vista un aspetto un po' allarmante), non ha presentato per me dif ficoltà di lettura, raramente per il tipografo. Io mi sono limitato a correg gere tacitamente qualche svista e a eliminare qualche difformità nelle cita zioni. Più delicato è stato il compito di ritrovare i numerosi rinvii interni e soprattutto quello di allestire gli indici (per cui sono stato aiutato da Paolo d'Alessandro e Alessandra Peri), che, pur se esemplari su quelli dd prece dente volume virgiliano, non ne sono purtroppo all'altezza. Con questi limiti, di cui è responsabile il destino e, in parte, anche il curatore, questo è un bd libro, non meno bello di quello dd 1986 e degli altri a cui in tanti anni ci aveva abituato Timpanaro. Egli aveva l'arte (e questo libro lo conferma appieno) di condurre per mano il lettore attraver so le questioni più sottili e spinose senza fargli sentire la fatica, senza mai tediarlo, grazie a qud tono conversevole e arguto che era un riflesso della sua umanità. Timpanaro andava alla ricerca della verità con animo candi do, con umiltà; per questo, anche quando doveva dissentire da qualcuno o, peggio, doveva rilevare qualche errore, lo faceva senza asprezze o sarcasmi, talvolta anzi era quella l'occasione per sottolineare i meriti dello studioso da cui, in quella particolare circostanza, era costretto, quasi a malincuore, a prendere le distanze. Come era tollerante verso gli altri, così era implacabile verso se stesso. Non temeva le palinodie, non si ostinava a difendere per malinteso orgoglio le sue posizioni quando riconosceva di aver torto, contento anzi di aver sgombrato il suo cammino da un «erroraccio». Insomma per lui gli studiosi prima che tali erano uomini, amici con cui si sentiva di condividere l'amore per la scienza, non rivali da combattere. Non è raro il caso, per esempio, che la citazione di uno studioso si accompagni a ricordi personali o ad ap prezzamenti per il carattere dell'uomo o alla rievocazione di qualche parti colare evento. Da questa disposizione d'animo la filologia è uscita, per così dire, umanizzata. Ha perso qud carattere un po' arcigno che talvolta la contraddistingue: il ragionamento si snoda pacato, come in una conversa zione fra amici, nella quale ciascuno porta il suo contributo e ciascuno ha, in fondo, una parte di ragione. Questo non è certo un modo per evitare di prendere posizione, anzi: Timpanaro è sempre netto nei suoi giudizi, ma senza la pretesa di avere definitivamente risolto il problema. Chi come lui andava socraticamente alla ricerca ddla verità è naturale che fosse immune da pregiudizi e che fosse pronto ad ascoltare l'opinione -VI- PRESENTA ZIONE di chiunque, indipendentemente dalla sua collocazione accademica. Que sto spiega la considerazione che ebbe per i giovani che si affacciano agli studi, l'apprezzamento per il loro lavoro, il modo benevolo di correggerli e di indirizzarli. Timpanaro fu davvero un maestro per molte generazioni di studiosi, anche se tale magistero non volle, per sua libera scelta, eserci tare dalla cattedra universitaria, di cui sarebbe stato, per unanime consen so, più d'ogni altro degno. Si diceva (era in realtà lui a dirlo), che avesse difficoltà a parlare in pubblico (una difficoltà che condivideva con Augusto Campana, il quale tuttavia, col passare degli anni, aveva fatto notevoli pro gressi). Io lo sentii una sola volta prendere la parola di fronte ad un folto uditorio. Fu nel maggio del 1995 a Roma, nell'Aula I della Facoltà di Let tere della 4<Sapienza»q, uando tenne la prolusione al convegno su «Filolo gia classica e romanza a confronto». Stavamo tutti col fiato sospeso, a co minciare da me a cui era stato chiesto di presiedere la seduta. Devo dire che se la cavò benissimo, ma forse il suo irriducibile pessimismo gli impedì di credere che quel successo fosse una palese smentita della sua tenace con vinzione. Si può capire che un uomo come lui disdegnasse le esteriorità, le vane borie di cui non di rado s'ammanta l'accademia e che andasse allar icerca di sentimenti genuini, di valori autentici. Una riprova viene dalla dedica di questo libro: a una persona semplice eppure straordinaria, che con la testi monianza della sua vita ha saputo dimostrare che si può essere uomini veri senza necessariamente dover occupare un «posto più o meno elevato nella cosiddetta scala gerarchica». Una persona che non c'è più, ma che ideal mente si collega ad una presente e viva, allam oglie, allaq uale, nel conge darsi da questo che sarebbe stato il suo ultimo libro, rivolge un pensiero affettuoso che per noi oggi ha il sapore di un addio. È questo il Timpanaro che abbiamo amato ed amiamo, l'uomo dall'ap parenza fragile ma forte nei sentimenti e negli affetti, l'uomo leale verso gli altri e coerente con se stesso, senza per questo correre il rischio di diventare scontroso o intollerante. E questo suo modo di essere si è manifestato negli scritti e ne ha accresciuto ai nostri occhi il valore. Quel mettersi sempre in discussione, quel ritornare su quanto aveva sostenuto per precisare, inte grare, aggiornare, quel timore che lo coglieva di essere ormai un po' fuori del tempo, in quanto legato ad una concezione tradizionale della filologia, ce lo rendono quanto mai vivo ed attuale. Timpanaro in realtà credeva nel la filologia tradizionale, non certo in una filologia formale fine a se stessa: un contributo minuscolo può valere quanto e più di un saggio d'insieme quando ci consente di risalire dal particolare all'universale, secondo la le zione di Pasquali. Eppure avvertiva che il clima era cambiato e si chiedeva -VII- PRESENT AZIONE perplesso se nella nostra epoca, così protesa verso rinnovamenti metodolo gici e culturali, ci fosse ancora spazio per questo tipo di filologia. Proprio lui che in fondo non si era fermato alla filologia tradizionale, ma ne aveva allargato i confini con saggi «stravaganti» che avevano mutato le nostre prospettive sul classicismo ottocentesco e su Leopardi o ci avevano indotto a riflettere con considerazioni nuove e audaci sui cardini della cultura del Novecento, Marx e Freud. Certo egli non ha inseguito le novità né se ne è lasciato trascinare: semplicemente il suo temperamento e la sua preparazio ne gli hanno consentito di essere uomo del suo tempo. senza per questo tradire o adulterare un metodo che gli proveniva da una lunga tradizione e che egli aveva magistralmente indagato nella sua evoluzione storica. Sebastiano Timpanaro ci ha lasciato nel pieno delle sue energie intellet tuali (questo libro lo dimostra) e mentre ancora aveva tante cose da dirci e da insegnarci e tanti progetti da portare a compimento. Quando scompare un maestro come lui si prova un senso di smarrimento, che è ancora più grande, credo, per quelli della mia generazione, abituati a considerarlo da sempre un punto di riferimento e una guida. Ora che anche lui se n'è andato ci sentiamo più soli. Ci resta il suo ricordo e quello che ha scritto, attraverso cui anche chi verrà dopo di noi potrà comprendere a quali vette sia giunta la filologia classica del ventesimo secolo. Roma, febbraio 2001 - VIII - Alla cara memoria di Emirene Talli Varlecchi, nonna di mia moglie PREMESSA Sui criteri generali di questo lavoro ho già scritto nel primo capitolo ciò che mi sembravan ecessario.Q ui vo"ei soltanto avvertire che, sebbene io sia qui ritornato, in granp arte, sul medesimo argomentod i un mio libro di quindici anni fa (Per la storia della filologia virgiliana antica, Roma, Salerno Editrice, 1986), non credoc he si debba considerarei l presente sag gio soltanto come una secondae dizione, riveduta e aggiornataq ua e là, di quel vecchio libro. Ad esso certo, ho dovuto spesso rinviare il lettore, ma per co"eggere e, ancor più, per confermare e sviluppare - basandomi su molti contributi di altn· studiosi e su ripensamenti miei - ciò che allora avevo scritto e che non credo di dover rinnegare. Qualcosa, su cui mi ero dilungato un po' troppo, ho abbreviato;a ltre considerazionih o aggiun to qui ex novo. Ho tenuto conto di ciò che, discutendo molti punti di quel mio libro ma anche del tutto indipendentemented a me, hanno scritto/ ra gli ultimi anni Ottanta e i primi Novanta del secolos corso,e poi più di recente,m olti studiosi. Mi limito qui a rammentarei l compianto maestro e amico Fran cescoD ella Corte, e poi (in ordine alfabetico,s enza distinzione di scuole) Michele Bandim: Antonio Carlinl Gian Biagio Conte, Maria Luisa Delvi go, Mario De Nonno, NicholasH orsfall H. D. ]ocelyn, GigliolaM aggiulll Emanuele Narducci,G iuseppeR amires, M. D. Reeve, Alfonso Traina. Con molti di essi ho avuto anche scambid 'idee per lettera e oralmente.D a tutto il libro risulterannoi miei debiti verso questi e molti altri studiosi. Un par ticolarer ingraziamentov oglio esprimerea Leopoldo Gamberale( il miglio re studioso di Gel/io e di tutto ciò che da Gel/io, senza troppac redulitàm a anche senza aprioristiched iffidenze, si può imparares ui virgilianistip iù an tichi) e a Nino Scivoletto, 'ridimensionatore'm a anche valorizzatored ella personalitàd i Probo e acuto indagatored el suo modo di lavorare.P iù e più volte si troveràc itato Mario Geymonat;a lui rivolgou n pensieroa ffettuoso di solidarietàp er il gravissimol utto /amiliare che lo ha colpito, con l'a ugu rio (voglio anzi dire con la certezza)c he egli ritroveràl a /orza per ripren- - Xl - PREMESSA dere i suoi studi sulla scoliogra/ian on serviana e su molti altri argomenti virgiliani. Con Scevola Mariotti, filologo di altissimo valore e mio amico fraterno, alla cui scomparsan on riesco a rassegnarmi,h o avuto assidua co munanza di studi soprattutto su problemi di latino arcaico;m a anche di vananti virgiliane e di scoliasti virgiliani ho molto spesso parlato con lui. Questo è, credo, il mio primo lavoro di filologia classicac he egli non ha potuto leggerep n·ma che fosse pubblicato; e certamente, come era sem pre avvenuto, egli mi avrebbe dato preziosi suggerimenti, 'salvato' anche da errori. Critica testuale e interpretazione sono, come è noto, indissolubilmente congiunte; ma i commentatori antichi di Virgilio discusserop roblemi d'in terpretazioneo , in senso più lato, di valutazione che devono essere affron tati anche là dove non si tratta di sceglieref ra vananti o, talvolta, di con getturare. Di tali problemi io mi sono occupato spesso, ma senza aspirare a completezza. Uno studio complessivos ul!'e segesi virgiliana antica (lo os servavag iustamente Della Corte allaf ine di una recensionep iù oltre citata) è ancor un desideratum, anche se esistono molti pregevoli studi sul'argo­ mento: voglio n·cordarea lmeno gli Elementi di una poetica serviana di Ca ten·na Lazzarini («Studi ital. di /ilo!. class.» 82, 1989, pp. 56-109 e 241- 260). Non sono ancora stati del tutto sostituiti lavon· annosi come l'Essai sur Servis et sur son commentaire sur Virgile di E. Thomas o molte pagine dei prolegomenid el Thilo alla sua edizione servzana.B isognerà,/ orse, aspet tare che stano completate o quasi le nuove edizioni di Servio e degli altri scoliasti virgiliani, che hanno recentemente ncevuto un nuovo impulso (c/r. un accenno qui sotto, p. 3 e n. 6). A un altro mio amico/ in dalla prima giovinezza, FrancescoA dorno, so no vivamente grato per avere accolto questo mio lavoro nella collana degli Studi dell'AccademiaC olombaria,d a lui presieduta e che da lui ha avuto un eccezionalei mpulso. Come tutti sappiamo, egli è un eminente storico del pensiero antico che ha sempre mantenuto ben saldo il nesso tra filosofia e filologia; e preferirebbe,c redo, esserd efinito piuttosto «filologo» (n el sen so ampio del termine, per cui filologia e storia vengono sostanzia/mente a coincidere)c he «filoso/o». La persona alla cui memoria è dedicato il presente volume fu una mae stra elementare, appassionatamented edita all'insegnamento. L'amore per la cultura che in lei rimase vivo anche in tarda età, il suo impegno morale e politico, la sua umanità tanto più pro/onda quanto più aliena da esteriori e/fusioni, dimostrano che il valore delle persone è, spesso, del tutto indi pendente dal posto più o meno elevato che esse occupano nella cosiddetta -XII-

See more

The list of books you might like

Most books are stored in the elastic cloud where traffic is expensive. For this reason, we have a limit on daily download.