View metadata, citation and similar papers at core.ac.uk brought to you by CORE provided by Electronic Thesis and Dissertation Archive - Università di Pisa Dipartimento di Filologia, letteratura e linguistica CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN FILOLOGIA E STORIA DELL’ANTICHITÀ Tesi di laurea: TEATRO E POLITICA NELLE SUPPLICI E NELLE TROIANE DI EURIPIDE Candidato: Relatore: Andrea Giannotti Prof. Enrico Medda Correlatore: Prof. Andrea Taddei Anno accademico 2013/2014 !1 Prefazione ✶ Scrivere su Euripide non è mai cosa semplice, così come non lo è scrivere sul teatro ateniese del V secolo a.C. Quando si dice teatro, nel contesto ateniese classico, bisogna essere coscienti della quantità di ambiti, nozioni, personaggi, riti, storie e miti cui si va incontro. L’esperienza teatrale, ad Atene, non è semplicemente una manifestazione sociale, ma è una fitta concentrazione di elementi civici, politici, storici e religiosi. Una tragedia ateniese, come una commedia, non era mai una pièce in cerca solo di applausi ed approvazioni, essa era un canale poliedrico, una voce forte e rimbombante della e nella città di Atene. Poco importa se l’eco del messaggio che, ammesso e non concesso fosse sempre presente, il dramma voleva emettere non faceva il suo effetto e non infrangeva quella parete di illusione, tragica più che comica, tra attori e spettatori. A teatro si mettevano in scena storie e miti ora così temporalmente lontani ora rielaborati in una chiave così attuale, si recitavano e si cantavano γνῶµαι dal sapore e dal valore tanto universale quanto troppo ‘azzeccato’ in quell’anno per poter essere facilmente collocate in una dimensione atemporale. A teatro si rideva, si piangeva, ci si spaventava, ci si adirava, si capiva e, soprattutto, si recepivano specifici messaggi ideologici, i quali venivano continuamente e incessantemente riproposti per fornire al cittadino spettatore qualcosa di più del piacere visivo. Gli studi più recenti, per la maggior parte di matrice anglosassone, si sono concentrati sull’aspetto sociologico, rituale e antropologico del teatro ateniese. È ben vero che, per quanto riguarda la valenza storica e politica in senso stretto delle rappresentazioni teatrali del V a.C., molto, se non troppo, è già stato detto nell’ambito del filone iperstoricistico e marxista della ricerca italo-francese degli anni ’50-’70 del 1900. Il nuovo approccio allo studio della tragedia greca, meno storicistico, ha condotto d’altra parte alla identificazione del genere teatro come un vero e proprio strumento della πόλις e/o del suo governo democratico calato nel contesto sociale costruito intorno ad esso. L’analisi dell’organizzazione e del valore civico delle Grandi Dionisie e la teorizzazione di un teatro ora promotore dei valori ateniesi e/o panellenici ora luogo di tensione e di scontro tra i valori della πόλις e quelli dell’οἶκος, ha prodotto una nuova ed interessante valutazione della tragedia greca. Tuttavia, questo nuovo tipo di lettura del genere letterario teatrale ateniese dovrebbe, a mio parere, tenere ancora !2 conto dei risultati dei precedenti studi storico-politici e non gioire del fatto che “fortunatamente” sono ormai pochi i sostenitori dell’interpretazione storico-politica del teatro greco. Sono convinto che il determinato periodo storico e la specifica situazione politica contemporanei alla rappresentazione di una certa tragedia o commedia siano ancora da tenere in considerazione, senza sottovalutare eccessivamente la possibilità di una qualche allusione all’interno del testo. La nuova direzione impostata da Goldhill, Saïd, Rhodes e Hall (fra i tanti) deve essere perciò intrapresa ancora alla luce delle precedenti valutazioni sul contesto storico e politico in cui furono rappresentati i drammi ateniesi. Chi era l’ateniese del V secolo a.C. se non un cittadino di una democrazia diretta? Lasciamo per un attimo da parte i pur importanti e delimitanti particolari rappresentati dalla definizione di democrazia come “governo di uno solo” (quello pericleo), dall’influenza dei demagoghi, dall’esclusione dal diritto di voto di una buona parte della popolazione (donne, meteci e schiavi). Nonostante il loro carattere di verità, il governo ateniese democratico del V secolo a.C., il primo della storia, coinvolgeva fortemente i suoi cittadini, ovvero i maschi liberi adulti, dal punto di vista sociale, religioso e politico e questi partecipavano direttamente alle decisioni e ai discorsi in assemblea così come vivevano attentamente, in prima persona, le parole e le vicende dei personaggi a teatro. Atene era percorsa da un filo continuo di esperienze e scambi culturali, politici, sociali e religiosi. Tra la πόλις ed il πολίτης c’era un rapporto molto stretto e l’una offriva servigi all’altro: se la città garantiva una paga al rematore, al funzionario delle assemblee e al cittadino giudice, tutti erano tenuti ad offrire il loro contributo in guerra, andando a combattere in difesa della propria patria e degli ideali della democrazia. Così, in questo rapporto a stretto contatto, i valori della πόλις dovevano essere comunicati e trasmessi ai cittadini anche attraverso le rappresentazioni teatrali, oltre che tramite istituzioni più propriamente politiche. D’altronde l’importanza ed il fascino dei festival teatrali andavano ben oltre la rappresentazione scenica, dal momento che essi erano occasioni di cerimonie, rituali, processioni e celebrazioni di tipo religioso e civico. Il contesto era quindi ben adatto per una glorificazione dell’ideologia cittadina. Ciò detto, non deve meravigliare il fatto che dietro alle grandi rappresentazioni teatrali di un Prometeo Incatenato o di un’Orestea o di un’Antigone o di un Filottete o ancora, nel nostro caso, di Supplici e Troiane, possa esserci chi continui ad esercitare la propria attività di cittadino attivo dell’Atene democratica anche sulla scena, esprimendo idee e pareri, dando consigli e avvertimenti all’interno e attraverso una manifestazione e !3 uno scenario che erano parte, a tutti gli effetti, dell’esistenza della πόλις. D’altro canto sarebbe troppo facile anche interpretare la tragedia (poiché è di questo specifico genere di cui mi occuperò) in un’unica direzione, quella esclusivamente politica e storica. In una condizione di precarietà e di parzialità di testimonianze come la nostra, non ci è dato di poter fornire una lettura ‘univoca’ dei testi. La cautela, la prudenza, il buon senso e la consapevolezza dei nostri mezzi ci devono servire da freno e devono far sì che non si arrivi ad una considerazione superficiale dei versi dei tre grandi tragici greci. Giungere alla pura verità, purtroppo, è impresa troppo difficile e quindi ci dobbiamo accontentare di poter arrivare ad una ipotesi di valutazione e di interpretazione che non potrà mai essere confermata definitivamente, ma il carattere di provvisorietà e di instabilità delle nostre affermazioni e delle nostre teorie non ci deve scoraggiare. Al contrario, il continuo cambiamento del modo di rapportarsi allo studio della tragedia greca, dalla passata ‘stagione iperstoricistica’ all’attuale analisi sociologica, rappresenta niente meno che il motore di spinta del filologo e dello studioso dell’antichità e sarà proprio il desiderio di andare a vedere più da vicino quella fioca luce che trapassa dalla caverna in cui spesso ci ritroviamo che ci condurrà alla formulazione di considerazioni ed ipotesi, se non vere, perlomeno fondate su solide basi. Il tutto richiede tempo e concentrazione, ricerche storiche, antropologiche e religiose, analisi di fonti, comparazioni intertestuali ed altro ancora, ma, d’altronde, il valore del lavoro ἐν γὰρ τοῖς πόνοισιν αὔξεται. !4 τοκεῦσιν ἐµοῖς, λησµοσύνῃ τε κακῶν ἀµπαύµατί τε µερµηράων. !5 Teatro e politica nelle Supplici e nelle Troiane di Euripide !6 Indice ✶ INTRODUZIONE Allusioni storico-politiche e ideologia civica sulla scena: interpretare la tragedia della πόλις………………………………………………………………………..….10-34 PARTE PRIMA Le Supplici e i valori della πόλις………………………………………………….35-143 Capitolo I. Il mito delle ‘Supplici’: le sue fonti e le sue versioni…………………….p. 37 Capitolo II. La datazione delle ‘Supplici’: Euripide, Tucidide e la battaglia di Delio……………………………………………………………………………….…p. 45 Capitolo III. Τὸ δὲ δρᾶµα ἐγκώµιον Ἀθηναίων: l’errata interpretazione alessandrina…………………………………………………………………………..p. 68 Capitolo IV. La polemica contro la guerra e la ‘classe di mezzo’ come salvezza della πόλις…………………………………………………………………………………p. 108 Capitolo V. «De mortuis nihil nisi bene»: l’elogio funebre di Adrasto……………..p. 123 Capitolo VI. Conclusione: la politicità della disperazione……………………..…..p. 130 Appendice. L’alleanza con Argo e la proposta di datazione al 421/20 a.C……..….p. 136 PARTE SECONDA Le Troiane e la distruzione dell’οἶκος……………………………..…..….…….144-185 Capitolo VII. La campagna contro Melo e l’antibellicismo delle ‘Troiane’………..p. 149 Capitolo VIII. Σὲ δ' ἄγαµαι, ὦ Κλεινίου παῖ: Euripide, Alcibiade e la spedizione in Sicilia……………………………………………………………….……………….p. 171 Capitolo IX. Conclusione: πάντων τὸ θανεῖν, l’ultimo grido contro la guerra.. ………………………………………………………………………………………p. 182 EPILOGO …καὶ χρόνου προὔβαινε πούς: dalle ‘Supplici’ alle ‘Troiane’. Considerazioni conclusive su una crisi intellettuale e politica………………………………….186-190 !7 Ringraziamenti……………………………………………………………………..…192 Bibliografia………..……………………………………………………..……….193-206 !8 Echoes and silence, patience and grace. All of these moments I'll never replace. Fear of my heart, absence of faith. And all I want is to be home. People I've loved, I have no regrets, some I remember, some I forget, some of them living, some of them dead. And all I want is to be home. !9 Introduzione ✶ Allusioni storico-politiche e ideologia civica sulla scena: interpretare la tragedia della πόλις «Un’opera d’arte è tanto più autentica quanto più l’artista è in grado di ‘leggere’ la realtà del suo tempo, di decifrarla, e di cogliere le linee essenziali di processi reali e oggettivi». (V. Di Benedetto 1971) Lo studio di Pickard-Cambridge1 ha sicuramente costituito una summa qualitativa e quantitativa delle informazioni e delle fonti che abbiamo sulle feste drammatiche ateniesi e soprattutto sulle Grandi Dionisie, il festival cittadino più importante dedicato in modo particolare al genere tragico. Tuttavia, l’origine oscura del genere della tragedia risalente al VII/VI a.C., la scarsità di fonti e documenti ufficiali sull’organizzazione delle feste nel V a.C. (a fronte dell’abbondanza di fonti per il IV a.C. e oltre) nonché di vari dettagli anche per quanto riguarda la messa in scena dei drammi stessi, rendono piuttosto precaria la nostra conoscenza sugli eventi che avevano luogo, presumibilmente, nei 3/4 giorni del mese di Elafebolione dedicati alla celebrazione delle Grandi Dionisie2. La nostra incompleta conoscenza sullo svolgimento delle Grandi Dionisie e sulle cerimonie ad esse connesse non si ferma solo al livello della loro organizzazione, ma investe anche il loro significato. Ma per considerare le Grandi Dionisie in senso politico si è dovuto aspettare gli anni ’90 del XX secolo, dal momento che precedentemente l’interpretazione storico-politica della tragedia greca considerava maggiormente le fonti e gli avvenimenti storici contemporanei. Infatti i tentativi di interpretazione politica (con un senso più moderno del termine), nonché storica della tragedia greca cominciarono già negli anni ’50 per proseguire3, affievolendosi sempre di più, fino agli anni ’70 ed inizio ’80. Proprio quest’ultimo ventennio fu caratterizzato da una preminenza della cultura e della 1 A. W. Pickard-Cambridge, The Dramatic Festivals of Athens, Oxford 19682 (1953). 2 L’8 e/o il 9 e il 10 di Elafebolione erano impiegati per le cerimonie preliminari alle Grandi Dionisie. Durante la guerra del Peloponneso venivano dedicati tre giorni alle rappresentazioni teatrali (dall’11 al 13 del mese). Prima e dopo la guerra è probabile che il festival durasse almeno un giorno in più. Cfr. A. W. Pickard-Cambridge, The Dramatic, cit.: pp. 64-67. 3 e. g. G. Thomson, Aeschylos und Athen: eine Untersuchung der gesellschaftlichen Ursprünge des Dramas, Berlin 1957; A. J. Podlecki, The Political Background of Aeschylean Tragedy, Ann Arbor 1966; V. Ehrenberg, Sophocles and Pericles, Oxford 1954: pp. 1-21. !10
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