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Poesia italiana del Novecento PDF

538 Pages·1988·14.556 MB·Italian
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E igran dil ibr Digitized by the Internet Archive in 2022 with funding from Kahle/Austin Foundation https://archive.org/details/poesiaitalianade0000unse_f713 i grandi libri Garzanti Poesia italiana del Novecento Poesia italiana del NOVECENTO sun Piero Gelli e Gina Lagorio hanno diretto l’opera Hanno collaborato alle singole voci: Fernando Bandini - Alfonso Berardinelli - Carlo Bo - Giorgio Caproni - Giuseppe Cassinelli - Giorgio Cusatelli - Luciano De Maria - Lucio Felici - Gilberto Finzi - Marco Forti - Giovanni Gaglio - Cesare Garboli - Franco Giovanelli - Giovanni Giudici - Adriano Guerrini - Ruggero Jacobbi - Gina Lagorio - Marina Loffi Randolin - Franco Loi - Mario Luzi - Claudio Magris - Claudio Marabini - Walter Mauro - Lorenzo Mondo - Giovanni Pacchiano - Geno Pampaloni - Leone Piccioni - Davide Puccini - Giovanni Raboni - Silvio Ramat - Silvio Riolfo Marengo - Tiziano Rossi - Paolo Ruffilli - Vittorio Sereni - Giacinto Spagnoletti - Glauco Viazzi - Giancarlo Vigorelli - Andrea Zanzotto. Garzanti I edizione: gennaio 1980 II edizione: novembre 1988 - nuova edizione L’editore Garzanti ringrazia gli editori Bompiani, Del Bianco, Einaudi, Feltrinelli, Guanda, La Nuova Italia, Libreria Magenta, Longanesi, Longo, Mondadori, Mursia, Neri Pozza, Rebellato, Rizzoli, Rusconi, San Marco dei Giustiniani, Scheiwiller, Sciascia, Silemo, Vallecchi e gli eredi Jahier, Papini e Ripellino. Si ringrazia anche Davide Puccini per l’opera prestata nella revisione e nel coordinamento redazionale. Gli aggiornamenti bio-bibliografici della nuova edizione sono stati curati da Piero Cudini. © Garzanti Editore s.p.a., 1980, 1988 Printed in Italy ISBN 88-11-51997-7 VOLUME SECONDO Sandro Penna 925 “Margherita Guidacci Carolus Cergoly 545 Giorgio Orelli Cesare Pavese 553 Andrea Zanzotto Leonardo Sinisgalli 571 Bartolo Cattafi Alfonso Gatto 580 Luciano Erba Attilio Bertolucci 589 Pier Paolo Pasolini Giorgio Caproni 609 Elio Filippo Accrocca Elsa Morante 628 Elena Clementelli Antonia Pozzi 636 Adriano Guerrini Vittorio Sereni 643 Angelo Maria Ripellino Umberto Bellintani 664 Roberto Roversi Piero Bigongiari 670 Rocco Scotellaro Mario Luzi 678 Giovanni Testori = Daria Menicanti 726 Giovanni Giudici Alessandro Parronchi 792 Alfredo Giuliani Giorgio Bassani 743 Francesco Leonetti Albino Pierro 756 ©Maria Luisa Spaziani Franco Fortini 764 Paolo Volponi Tonino Guerra TAO) Giovanna Bemporad Nelo Risi 787 Cesare Vivaldi SANDRO PENNA La poesia di Penna nasce dal grande serbatoio pasco- liano (« ascolto i miei pensieri / piegarsi sotto il vento occidentale ») e dannunziano, fra «estati guaste » e un oscuro nesso vita-sogno, fra perdite di memoria e pronti rimedii di stile panico (« Nel cuore è quasi un urlo / di gioia. E tutto è calmo »). Ma Penna non fa mai ricordare i modelli. Penna trascrive direttamente dal vissuto, ridu- cendo a pochi suoni inimitabili una tastiera letteraria che ritorna precipitosamente «reale » grazie a combinazioni miracolose di grazia visiva, pennello impressionista, tradu- zione « greca >», stile narrativo, canzonetta sentimentale. Ric- chissimo, sotto la scorza apparente di una lingua letteraria media (dove ancora si rima amore/cuore ecc.), il movi- mento emotivo che è a pendolo fra la meraviglia di vivere e un dolore da piede gonfio; mentre mobilissima è anche la variabilità, la temperatura, l’« intonazione » della poesia penniana. sempre in mutevole equilibrio fra lo stupore onirico, la battuta gnomica, il tono fatale, il sottinteso ironico (e magari il sorriso di compassione) e soprattutto il decreto di legge esistenziale da oracolo e da idolo impe- netrabile col volto pieno di rughe. Penna è un poeta molto « chic », senza volerlo, senza saperlo (almeno in un primo tempo); col passare degli anni, ha poi sostituito a linee musicali di una certa evanescenza tecnica, senza per que- sto tradirsi, una franchezza ritmica che si esalta nella precisione di segno degli « appunti », nella semplicità ricca di sottintesi del distico e della quartina. Poeta « fuori dalla realtà », Penna è un poeta immerso nella storia. È un poeta «italiano », che ci racconta e ci dice come è fatto il nostro paese. Nessun poeta italiano del Novecento ci parla mai di noi e dell’Italia; Penna sì, 929) Penna ha percorso tutta l’Italia — l’Italia sconosciuta, l’Italia anonima — con la febbre, si direbbe; e in pochi versi ce la descrive tutta da Milano a Ancona, da Roma a Perugia. Penna è un grande classico della malattia; ma la sua vera perversione consiste nel fatto di avere vissuto la malattia con uno splendido abbandono da sano, respi- randola a pieni polmoni, percorrendola come un sentiero di montagna; e da questo paradosso, da questo imbroglio scendono giù tutti gli altri. La poesia di Penna è un siste- ma di equivoci: tutto vi è reale, poiché i treni, le cam- pane, gli stadii, i cinematografi, le osterie sono quelle della vita italiana reale, delle città e delle campagne italiane prima e dopo la seconda guerra mondiale; e tutto vi è sognato e «irreale », straniato dalla gioia di passarvi den- tro in sogno, colmi di quella gioia solitaria e angosciosa che danno la disappartenenza e l’esilio. La gioia di Penna non è l’amore, è la solitudine; è la gioia di sentirsi anonimi, liberi e soli. Forse Charlie Chaplin, e nessun altro, è riu- scito a figurare la solitudine e la felicità dell’uomo, nel mondo moderno, con la stessa intensità « anonima » di Sandro Penna. La grandezza di Penna — grandezza unica nel nostro secolo — sta infine in una scelta radicale e estrema. Penna è il solo poeta del Novecento (non solo italiano) il quale non sia mai sceso a patti, per nessuna ragione, con la realtà ideologica, morale, politica, sociale, intellettuale del mon- do in cui viviamo. Mai che Penna abbia « frequentato », anche solo per un istante, questa realtà. Non la conte- stava, non la protestava. Delle idee del secolo, Penna aveva anzi rispetto; ma era il rispetto di uno scienziato, il quale osservi, incuriosito, un gioco di fanciulli. Penna aveva rifiutato il mondo degli adulti; lo aveva rifiutato come un mondo insignificante, un po’ volgare, un po’ mi- serabile; un mondo fatto di loschi affari e di vanità risa- pute, di angosce meschine e di ridicoli imbrogli. Penna aveva rifiutato di « appartenere alla realtà », la sua pa- rola tematica è « vita ». Se questa scelta sia stata eroica, quanto intelligente e lungimirante, giudicheranno i posteri: « se posteri » — diceva Penna masticando le parole, bia- 526

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