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NELLA STORIA DEL RISORGIMENTO ITALIANO con appendice ed illustrazioni PDF

439 Pages·2010·1.59 MB·Italian
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http://www.eleaml.org – Luglio 2010 Oreste Dito nacque il 6 maggio 1866 a Scalea (Cosenza). Laureato in Lettere, con una tesi sull’antica Velia, fu professore di Liceo e successivamente Provveditore agli Studi di Reggio Calabria. Iniziato Libero Muratore nel 1895 nella Loggia "Tommaso Campanella" di Catanzaro, il 15 giugno 1899 contribuì alla ricostruzione della Loggia "Bruzia-Pietro De Roberto" di Cosenza della quale fu Maestro Venerabile dal 1905 al 1909. Il 29 giugno 1917 fondò la Loggia "Due Settembre 1847" di Reggio Calabria. Fu Presidente della Loggia Regionale Simbolica della Calabria. Fu anche il primo presidente della “Società Calabrese di Storia Patria”. Nel 1926 fu denunciato per attività antifascista e depennato dalle liste elettorali. Si spense il 3 aprile 1934. Fu autore di varie opere, fra cui l'importarne "Massoneria. Carboneria ed altre società segrete nella storia del Risorgimento italiano", edito da Roux e Viarengo, Torino - Roma, nel 1905. Un testo che oggi viene considerato superato dalle ricerche più recenti (“Questo intenso lavorio della nostra storiografia dell'ultimo trentennio ha inevitabilmente quanto spietatamente invecchiato e superato il volume di Oreste Dito,” cfr. Armando Saitta, Momenti e figure della civiltà europea saggi storici e storiografici, Pag. 396), ma rimane una lettura fondamentale per chi si vuole accostare alla storia della carboneria in Italia. Ovviamente la storia delle società segrete di per sé costituisce una contraddizione in quanto spesso i documenti che si utilizzano sono esterni alle organizzazioni che tengono celata la propria esistenza e quella dei propri adepti, quindi risultano impermeabili alle investigazioni di qualsiasi tipo. Anzi, a volte fanno circolare ad arte documentazioni per sviare l'attenzione di chi investiga o di chi si propone di tracciarne la storia. Oreste Dito era massone e come tale aveva probabilmente accesso a documenti ad altri ignoti. Per questo la sua opera, a nostro avviso, resta ancora un punto di riferimento. Avvertiamo i naviganti che manca qualche pagina e le illustrazioni, in alcune note e nei versi probabilmente sono rimasti diversi errori. Se dovete fare delle citazioni vi conviene consultare il cartaceo, pubblicato da Forni (1978 e 2008), o reperibile in molte biblioteche. Zenone di Elea – Luglio 2010 http://www.eleaml.org – Luglio 2010 Dott. ORESTE DITO MASSONERIA, CARBONERIA ED ALTRE SOCIETÀ SEGRETE NELLA STORIA DEL RISORGIMENTO ITALIANO con appendice ed illustrazioni TORINO-ROMA CASA EDITRICE NAZIONALE ROUX E VIARENGO 1905 http://www.eleaml.org – Luglio 2010 A PIER FRANCESCO PERCHÉ S'EDUCHI ALLA SCUOLA DEL LAVORO E DELLA LIBERTÀ http://www.eleaml.org – Luglio 2010 PREFAZIONE Lo scopo del presente volume, non è quello — come dovrebbe a prima vista apparire — di parlare, prò o contro che sìa, delle associazioni segrete, di quel che furono o che sono; né di solleticare la naturale curiosità del leggitore, facendo sfoggio di rivelazioni più o meno piccanti ed assurde, di strane cerimonie, di misteri e che so io. Delle associazioni segrete vi si parla, certamente; anzi costituiscono la parte fondamentale del lavoro stesso; vi si parla con obbiettività di vedute, senza passione e senza preconcetto. Tutto il lavoro, invece, vuoi essere il tentativo soltanto di un'opera organica, che, sulla scorta ii documenti oramai indiscutibili, e di tradizioni accettate, faccia conoscere — per quanto è possibile in tal genere li lavori — l'influenza che quelle associazioni esercitarono per imprescindibile necessità delle cose — nella formazione del nostro ambiente politico e morale. E da questo punto di vista, io credo, bisogna considerare le sètte. Il Risorgimento d'Italia è stato finora considerato come una concezione che — con metodo alquanto sentimentale ed aprioristico — si fa risalire a' più antichi tempi, e che, in un modo o nell'altro, dovea realizzarsi. E, forse, ciò sta bene, pur essendo malinteso spirito di patria. Non sta bene, invece, l'aver trascurato di rilevare il modo come ciò avvenisse; http://www.eleaml.org – Luglio 2010 — VIII — voglio intendere quella rivendicazione di noi stessi e quella preparazione che, sorta e mantenuta costante dall'intenso e continuo lavorio delle sètte, è stata invece, dalla storia ufficiale, considerata come una virtuosa prerogativa insita negl'italiani. E s' è dato così un grosso frego alla vera storia d'Italia; storia non breve d'acquiescenza al servaggio, e d'incoscienza e di negazione di quell'italianità, che le sètte doveano svegliare e formare. Sì, è vero; con elegante e poetico gesto d'uomo altero ed indipendente, Ugo Foscolo ebbe ad esclamare: «A rifare l'Italia bisogna disfare le sètte. Potrebbe, se non disfarle, reprimerle il ferro straniero; ma allo straniero gioverà prima istigarle, onde più sempre signoreggiare per mezzo d'esse l'Italia». E in questo senso lo straniero non Io volea detto; anzi ci fu un momento che, come la Francia, anche l'Austria s'illuse d'esser riuscita nella bisogna. Eppure furono sempre le sètte, accarezzate o non, che ostacolarono in tutti i modi l;i inala signoria straniera. «Le sette amano l'ozio se io pera ti s si mo, e gridano pace; tendono a divorarsi fra loro, e provocano sempre il ferro dello straniero. E se alcune di loro bramano, o mostrano di bramare, la pubblica libertà, vorrebbero sempre dominare sole sugli altri». E, fino ad un certo punto, anche questo è ben detto; ma certamente il Foscolo non avrebbe ciò affermato, se, più che preoccuparsi de' singoli casi e degl'individui, avesse considerato tutto quel movimento collettivo di rivendicazione e di preparazione, che, dal secolo XVIII, infondendo nelle fibre esaurite degli italiani sangue nuovo e nuovo ardimento, li rifece uomini. Ed era movimento derivato dalle sètte, e tramandato di generazione in generazione nel simbolo misterioso delle sètte. Eppure le parole del Foscolo ebbero fortuna, e tutti i http://www.eleaml.org – Luglio 2010 — IX — pappagalli d'Italia, come ben disse il Carducci, le ripeteano a' quattro venti, senza saper che si dicessero. Era non finzione come un'altra, e, purtroppo, di finzioni non inca la storia del nostro Risorgimento. D'altra parte, che non si aia punto parlato, o parlato di fuga, delle sètte, è, fino ad un certo punto, spiegale; perché le sètte, essendo finora sfuggite alla ricerca positiva dello storico, ed essendo la necessità transitoria d'un dato momento e d'una data situazione politica e morale, non lasciano l'impronta vera di se stesse. Né è possibile ritrarle soltanto nella fisonomia degli uomini che vi appartennero — come finora s'è fatto — e che si modificarono necessariamente col modificarsi dei tempi e delle circostanze. Senza dubbio, la storia vera ne ha risentita gran danno; perché, non potendo delle sètte, ha parlato saltuariamente dei settarii, ed, organo di collettività quale la storia dev'essere, s'è individualizzata nei casi d'un uomo o di più uomini, trascurando, così, ciò, che, dati i tempi, costituiva la sola manifestazione collettiva che fosse possibile nel passato. Il fatto storico s'è modellato sull'individuo, l'individuo, senza merito proprio, anche se confidente di polizia e rivelatore e sporcaccione, è diventato talvolta uno tanti eroi in marmo di cui son pieni zeppi gli angiporti d'Italia. Ecco perché, nella nostra storia del Risorgimento, individualista per eccellenza, sono conosciuti i settarii e, con profusione d'aneddoti, anche i minimi casi della loro vita; ma non le sètte, o meglio l'ambiente nel quale si venne svolgendo la vita collettiva degl'italiani. Anzi con ostenta noncuranza le sètte sono considerate come estranee al campo della storia ufficialo, e trattate con pudibonda ritrosia, e il più delle volte in mala fede. http://www.eleaml.org – Luglio 2010 — X — Fu dimenticato che nella vita d'un popolo le sètte rappresentano talvolta una impellente necessità. Fu dimenticato che se le sètte non riescono senza potenti appoggi, e senz'avere la loro base nel popolo, pure, quando ciò avviene, diventano, come fu ben detto, moltiplicatori tremendi. Certamente, monografie speciali sulle sètte non mancano, e pregevolissime; manca, come a me sembra, il lavoro che, traendole dalla loro appartata e misteriosa solitudine, sfrondandole di quanto ai più non importa sapere od è creazione fantastica, e semplificandole ne' documenti e ne' fatti, ne segua, per quanto è possibile, la evoluzione ne' tempi, ne ritragga il carattere e il colorito, ne scopra la ragione d'essere nella vita d'un popolo, ne cerchi il significato, ne riproduca tutta la vitalità storica, e nel bene e nel male. Ciò che ho tentato di fare; ed è tentativo, mi piace ripeterlo, che invoglierà, ne son sicuro, altri studiosi a far meglio ch'io non abbia fatto, e a completare quelle ricerche, che, per varie ragioni, non sono possibili ad una sola persona, e in un campo ove facilmente si può sdrucciolare senz'avvedersene. E mi pare d'essermi spiegato abbastanza. http://www.eleaml.org – Luglio 2010 INTRODUZIONE IL COMPAGNONAGGIO MEDIOEVALE E LE MODERNE SOCIETÀ SEGRETE http://www.eleaml.org – Luglio 2010 CAPITOLO I. Caratteri speciali del Compagnonaggio Senza dubbio, non poco del simbolismo che si riscontra nelle due maggiori società segrete di questi ultimi tempi, quali la Massoneria e la Carboneria, rimonta all'antico Compagnonaggio del dovere (1). Ma se esse, nella diversità apparente del loro simbolismo, ritraggono le due tendenze simboliche del compagnonaggio, si va errati nel volerne fare una cosa sola con questo; né, d'altra parte, si possono da esso considerare del tutto distinte. Il Compagnonaggio del dovere, innestatosi sugli antichi collegi romani, va guardato sotto due aspetti diversi, giuridico e simbolico. (1) Il De Castro (Fratellanze Segrete, ecc, p. 382) traduce colla parola Compagnia la francese Compagnonnage, cioè riunione di compagni, o meglio, compagnoni. Quest'ultima è voce italiana, benché in un senso alquanto diverso, cioè di gente allegra e burloni!, e Firenze ebbe i Compagnacci. Deriva la parola companio, companionen da cum e panis, colui, cioè, che mangia Io stesso pane. Nel provenzale è companatge, nutrimento; nel vecchio francese companage, presso dì noi companatico. Resta esclusa l'etimo da cum e paganus. (Cfr. il Dictionnaire del LlTTRÉ). Lo stesso De Castro (ibid., p. 385) così spiega l'attributo di Dovere dato al Compagnonaggio: Come non è senza significato quella parola Ordine presa a denominare delle società formate segretamente o pubblicamente negli Stati e che adottano un sistema di vita diverso dal comune, o mirano a stabilire nel proprio seno e fuori un ordine religioso e politico in opposizione al disordine supposto o reale; così potrebbe contenere un filosofico senso quella denominatone dovere assunta dalle varie società di compagnoni. Come l'ordine si collega ad un concetto di giustizia, cosi il dovere appello alla pratica della virtù, al rispetto del diritto . http://www.eleaml.org – Luglio 2010 — 4 — Nel primo aspetto, esso ritrae un lato della società medioevale, ed è l'organizzazione operaia, riconosciuta e voluta dalla legge. Accanto alla gerarchia feudale e a quella religiosa, esisteva pure una tal quale gerarchia industriale-operaia. Ed a somiglianza della Chiesa e del Feudalesimo per le classi privilegiate, anche il compagnonaggio, per le classi lavoratrici, rappresentò pure un tal quale privilegio ed una protezione; qualche cosa che, in certo modo, si potrebbe considerare come una cavalleria popolare. L'operaio costretto dalla dura necessità ad una vita raminga in cerca di lavoro, o desideroso di perfezionarsi nell'arte sua, avea trovato nello spirito d'associazione una garanzia materiale e morale. In ogni città importante ognuna delle associazioni operaie avea il suo rappresentante, ordinariamente albergatore, che in Francia distinguevasi col titolo di maire. Egli, sotto la responsabilità dell'associazione locale, aveva il dovere di ricevere al loro arrivo i compagnoni viaggiatori, alloggiarli, nutrirli, in una parola provvedere a tutti i loro bisogni. Se il lavoro mancava, venivano diretti in altra località, ove ricevevano le stesse accoglienze. Così ebbe origine ciò che nel Compagnonaggio francese fu detto il Giro di Francia (1). (1) Bizzarri riti presiede vano al Giro di Francia, e alla partenza del compagnone dalla città ove aveva tenuto stabile dimora. Uno dei membri del sodalizio, a ciò specialmente delegato, e detto rouleur, si portava dal padrone a ritirare il ben servito (lever l'acquit) dell'operaio di partenza, e se il padrone nulla avea a rimproverargli, i consoci si disponevano a fargli la condotta in regola. Il rouleur procedeva alla testa, portando infilato al bastona, dietro alle spalle, il sacco di viaggio del compagnone che si congedava dagli amici e che camminava al suo fianco. In due fila ed in colonna seguivano i confratelli, coi bastoni e i berretti ornati di nastri, e tutti provveduti d'un bicchiere e d'una bottiglia. All'uscire di città uno dei compagnoni intuonava la canzone della

Description:
generazione in generazione nel simbolo misterioso delle sètte. latte e miele. Centinaia, e della Fedeltà, con rito e simbolismo in parte simili a quelli funeraria, contenente un ramo d'acacia; nel centro della Loggia, sopra.
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