ebook img

Mind Time. Il fattore temporale nella coscienza PDF

267 Pages·2007·5.615 MB·Italian
Save to my drive
Quick download
Download
Most books are stored in the elastic cloud where traffic is expensive. For this reason, we have a limit on daily download.

Preview Mind Time. Il fattore temporale nella coscienza

•••• • 1. ' I • • • Benjamin Libet Mind Time Il fattore temporale nella coscienza Edizione italiana a cura di Edoardo Boncinelli COMUNE Dli Istit•iz:one S BmLIOTi2.:CA GF.:'. \ Via G. Bnrn<:>, 47 -' Td.ifoax 0639 ~ Rq/faello Cortina Editore www.raffaellocortina.it Titolo originale Mind Time. The Tempora! Factor in Consciousness © 2004 by the Presi<lent ami Fellows uf Harvar<l Cullegt: Traduzione di Pier Daniele Napolitani ISBN 978-88-6030-085-0 © 2007 Raffaello Cortina Editore Milano, via Rossini 4 Prima edizione: 2007 INDICE Prefazione all'edizione italiana (Edoardo Boncinelli) IX Prefazione (Stephen M. Kosslyn) xv Introduzione. Come sono arrivato a scrivere questo libro? 1. Il problema 5 2. Il ritardo nella nostra consapevolezza sensoriale cosciente 37 3. Funzioni mentali consce e inconsce 93 4. L'intenzione di agire: esiste il libero arbitrio? 127 5. Il campo mentale cosciente 161 6. Che cosa significa tutto questo? 189 Bibliografia 225 Indice analitico 237 VII PREFAZIONE ALL'EDIZIONE ITALIANA CHI PRENDE LE MIE DECISIONI? Edoardo Boncinelli Sto procedendo in macchina a una velocità ragionevole, quando un motorino mi attraversa improwisamente la strada. Se non sono troppo distratto, freno ed evito di investirlo. È un'esperienza consueta e quasi quotidiana, ma analizziamola bene, facendone un'accurata scansione temporale in termini cli millisecondi, cioè di millesimi di secondo. Il mio piede si sarà portato sul freno e avrà probabilmente frenato in poco più di 100 millisecondi scongiurando così il peggio, ma io non mi renderò coscientemente conto di che cosa sta succedendo se non dopo circa 500 millisecondi (cioè mezzo secondo) dal l'inizio dell'episodio e non sarò in grado di dire qualcosa, tipo "Ma guarda un po'!", se non dopo altri 150 millisecondi, cioè dopo 650 millisecondi dall'attraversamento improwiso. Tutto quanto si è svolto in meno di un secondo, sia ben chiaro, ma in un secondo avrei potuto tranquillamente "falciare" il malca pitato. Se ciò non accade, o accade di rado, è perché il mio corpo si rende conto della situazione di emergenza e vi pone rimedio ben prima che io mi accorga di qualcosa. In questa circostanza "il mio corpo" significa l'insieme dei circuiti ner vosi che dall'occhio portano l'informazione dell'evento alla corteccia visiva, da questa alla corteccia motoria e poi giù giù fino ai nervi che comandano i muscoli implicati nella frenata. Si tratta di cose che sappiamo probabilmente tutti, ma sulle quali non sempre ci fermiamo a riflettere. Ricapitolando: al tempo O il motorino mi attraversa la strada; dopo 50-60 milli secondi il mio cervello "vede" la scena; dopo 100-150 millise condi il mio piede - istruito dal mio cervello -frena; dopo 500 lX PREFAZIONE ALL'EDIZIONE ITALIANA millisecondi mi rendo conto dell'accaduto e dopo 650 millise condi posso commentarlo in qualche modo. Fra la percezione visiva dell'episodio e la sua presa di coscienza da parte mia passa in sostanza quasi mezzo secondo, nonostante nel frat tempo io abbia frenato, e magari anche sterzato. Quel mezzo secondo circa separa in genere la mia presa di coscienza di un fatto dal fatto stesso, l'esse dal percipi, gli accadimenti dalla lo ro percezione cosciente, l'inizio dell'attività cerebrale dall' e mergere di una consapevolezza cosciente, cioè in sostanza il cervello dalla mente, considerando che per "mente" intendo spesso la mia attività cerebrale cosciente e per "cervello" la mia attività cerebrale senza specificazioni. Penso francamente che ogni discussione sul rapporto fra mente e cervello dovreb be tenere conto di questo fatto. Chi ha scoperto tutto questo e messo laccento su tale di screpanza temporale? È difficile dirlo. La scienza è spesso un'impresa collettiva: qualcuno porta un contributo, qualcun altro un altro. L'inizio di questa storia risale comunque alla fi ne dell'Ottocento, anche se qualcuno non se n'è ancora accor to, e il suo completamento, se di completamento si può parla re, non ha più di vent'anni. Sono nozioni ormai comuni nel campo delle neuroscienze, dove spesso vengono date per scontate e non sempre adeguatamente sottolineate, anche se Michael Gazzaniga qualche anno fa lo fece, affermando non senza humour che la nostra mente è sempre l'ultima a sapere ... In questo libro Benjamin Libet ha il merito di affrontare di petto tali questioni e di farne il centro della sua esposizione. Libet è un neuroscienziato ardito e innovatore che negli ultimi trent'anni ha fatto molto parlare di sé e dei suoi esperimenti e che ha deciso in questo frangente di scrivere un libro per il grande pubblico. Un libro centrato sul famoso mezzo secon do di scarto. Da neuroscienziato, il nostro autore non può fare altro che raccontarci esperimenti, suoi e altrui, condotti sul cervello e sulle sue funzioni. Essendo stato fin dall'inizio interessato ai meccanismi della presa di coscienza, egli ha lavorato prevalen temente su soggetti umani, svegli e coscienti, vale a dire in gra- X PREFAZIONE ALL'EDIZIONE ITALIANA do di collaborare e di rispondere alle domande a loro rivolte. Così facendo, ha visto per esempio che se si stimolava con un piccolo impulso elettrico direttamente una regione del cervel lo, occorreva comunque quasi mezzo secondo prima che il soggetto mostrasse di sentire qualcosa. Quella che stimolava era per la precisione la corteccia so matosensoriale, la regione corticale che riceve i segnali delle sensazioni tattili dalle varie parti del corpo. Il soggetto non di chiarava di sentire niente prima di mezzo secondo dalla stimo lazione. A questo punto avvertiva una sensazione localizzata in una precisa parte del corpo. Costui era di fatto vittima di un doppio inganno della sua corteccia, di una doppia illusione percettiva messa in atto alle sue spalle, una di natura spaziale e una di natura temporale. Per quanto riguarda la localizzazione, il soggetto non sente provenire lo stimolo dalla regione somatosensoriale alla quale è stato effettivamente applicato, ma da una specifica regione del suo corpo, la regione che corrisponde a quella porzione di corteccia somatosensoriale che è stata stimolata. La sua co scienza quindi "riferisce" lo stimolo alla superficie del corpo, mentre le cose sono andate in maniera ben diversa. Per quan to riguarda il tempo, poi, il ritardo di mezzo secondo non vie ne minimamente avvertito: tutto gli sembra che accada "istan taneamente". La sua coscienza in sostanza "retrodata" la sen sazione percepita, riferendola al momento stesso della stimo lazione, in modo che il soggetto non percepisca alcun ritardo temporale. Perché deve trascorrere questo benedetto mezzo secondo affinché si abbia coscienza della stimolazione in questione, se tutto si è svolto a livello della corteccia? Evidentemente il se gnale deve permanere nella corteccia cerebrale tutto questo tempo prima che emerga in essa una percezione cosciente del lo stimolo, ma nessuno sa perché. Nessuno sa, al momento, che cosa deve succedere nella corteccia cerebrale perché dalla stimolazione elettrica di partenza arrivi a emergere qualcosa alla coscienza e neppure perché questa applichi la sua retro datazione. D'altra parte si sa che la corteccia si sarebbe com- XI PREFAZIONE ALI:EDIZIONE ITALIANA portata essenzialmente nella stessa maniera anche se lo stimo lo fosse stato applicato direttamente sulla pelle, invece che sulla corteccia stessa. È chiaro che non tutti possono fare esperimenti del genere. Occorre lavorare in stretta collaborazione con un neurochi rurgo, che permetta l'esecuzione di tali prove su un paziente che è stato preparato per essere operato al cervello (e che co munque non risentirà in alcun modo dell'esecuzione di tali e sperimenti). Per quanto ardita e condotta direttamente "alla fonte", questa serie di osservazioni non ha fatto che conferma re l'esistenza del mezzo secondo di ritardo della coscienza su gli eventi cerebrali di cui abbiamo parlato sopra e mettere be ne in chiaro come moltissime delle attività del nostro cervello possano aver luogo senza l'intervento della coscienza. L'auto re insiste molto su questo punto, portando anche una ricca a neddotica, ma non credo che nessuno di noi abbia oggi diffi coltà a credergli. È semmai più degno di nota il fatto che la nostra corteccia cerebrale senta il bisogno di ricostruire l'andamento dei feno meni in modo da farci credere che il ritardo temporale non ci sia stato. Insomma, normalmente non ci accorgiamo del famo so ritardo perché la corteccia ci inganna e ci dà la sensazione di prendere coscienza di un evento quasi istantaneamente. Ciò non è vero solamente per una frenata. Quando giochiamo a ping pong, a tennis, a pallavolo, o eventualmente a baseball, ci comportiamo di solito in una certa maniera senza aspettare di avere una precisa consapevolezza cosciente della direzione è della velocità della palla che sta arrivando verso di noi. Dob biamo per forza muoverci in anticipo e spesso anche colpire in 'anticipo, come sa bene ogni buon giocatore. Viviamo in realtà molto spesso al di sotto del livello della coscienza, che si pre senta un po' come un lusso, del quale per molte cose si può anche fare a meno. Ancora più famosi e degni di nota sono gli esperimenti che Libet ha condotto per misurare il momento esatto del conce pimento di un atto di volontà da parte di un essere umano. In sé, l'esperimento è semplicissimo. Si chiede a un volontario XII

See more

The list of books you might like

Most books are stored in the elastic cloud where traffic is expensive. For this reason, we have a limit on daily download.