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L'Europa e le sue memorie. Politiche e culture del ricordo dopo il 1989 PDF

304 Pages·2013·13.627 MB·Italian
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Indice FILIPPO F OCARDI e BRUNO GROPPO Introduzione 7 PATRIZIA DOGLIANI La Seconda guerra mondiale: le politiche della memoria in Europa 27 FILIPPO FOCARDI Il passato conteso. Transizione politica e guerra della memoria in Italia dalla crisi della prima Repubblica ad oggi 51 VALERIA GALIMI Vichy: un passato che non passa? Opinione pubblica e politiche della memoria in Francia 91 GABRIELE RANZATO Spagna repubblicana e Spagna franchista: la storia offuscata dalla memoria 109 GUSTAVO CORNI La Seconda guerra mondiale nella memoria delle due Germanie 133 CARLA TONINI L'eredità del comunismo in Polonia: memorie, nostalgia, distacco 15 5 MILAORLié Il passato che non passa: cortocircuiti nelle politiche della memoria in Croazia 179 NIKOLAYKOPOSOV La politica della storia e la legge sulla memoria in Russia 197 6 L ,Europa e le sue memorie BRUNO GROPPO Politiche della memoria e politiche dell'oblio in Europa centrale e orientale dopo la fine dei sistemi politici comunisti 215 LUIGICAJANI Storia, memorie e diritto penale: il caso dell'Unione Europea 245 PIETER LAGROU L'Europa come luogo di memoria comune? Riflessioni su vittimizzazione, identità ed emancipazione dal passato 267 ENZO TRAV ERSO Le memorie dell'Europa. La fine del ''principio speranza" 277 Indice dei nomi 303 Gli autori 315 FILIPPO FOCARDI e BRUNO GROPPO Introduzione Negli ultimi tre decenni, soprattutto a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, il tema della memoria è diventato sempre più importante nelle società europee, come pure a livello mondiale. Si è assistito e si assi ste, infatti, ad un processo pervasivo, apparentemente inarrestabile, di ri vendicazione del passato e di colonizzazione degli spazi pubblici da parte di memorie promosse tanto da istituzioni nazionali e internazionali quanto dai più diversi gruppi politici, sociali ed etnici, spesso attivi su un piano non solo locale ma anche transnazionale. Per descrivere il fenomeno, or mai da tempo gli studiosi hanno coniato espressioni come "memory boom" o "culto della memoria", talvolta non esitando a connotarlo in senso nega- tivo come pericolosa "furia" o "ossessione" della memoria.1 Uno degli specialisti più accreditati, lo storico francese Pierre Nora, ha parlato di un' «età di ardente, militante, quasi feticistico memorialismo» ravvisandone le cause da un lato nel processo di «accelerazione della storia» per cui la ra pidità dei cambiamenti e l'incapacità di prevedere il futuro indurrebbero a 1. Cfr. ad esempioA.J. Mayer, Memory and History: On the Poverty ofR emembering and Forgetting the Judeocide, in «Radical History Review», 56 (1993), pp. 5-20, C.S. Maier, Un eccesso di memoria? Riflessioni sulla storia, la malinconia e la negazione, in «Parolechiave», 9 (1995), pp. 29-43; T. Todorov, Gli abusi della memoria, Napoli, Ipenne dium, 1996. Per un quadro degli studi degli anni Novanta dr.: K.L. Kle~ On the Emer gence ofM emory in Historical Discowse., in «Representations», 69 (2000), pp. 127-150; F. Lussana, Memoria e memorie nel dibattito storiogrqfìco, in «Studi storici», 4 (2000), pp. 104 7-1081. Sull'orientamento attuale degli studi si rimanda al sito web del «Dialogues on Historical Justice and Memory Network», che ha sede presso l 'Institute for the Study of Human Rights alla Columbia University (New Y ode), nonché alla rivista <<Memory Stud ies», nata nel 2008. Per una riflessione storiografica dr. C. Fogu, W. Kansteiner, The Poli tics of Memory and the Poetics ofH istory, in The Politics ofM emory in Postwar Ewope, ed. by RN. Lebow, W. Kansteiner, C. Fogu, Duhram-London, Duke UP, 2006, pp. 284- 310. 8 L'Europa e le sue memorie cercare ostinatamente un punto di riferimento nel passato, dall'altro lato nel processo di «democratizzazione» della storia per cui ogni gruppo uma no all 'intemo delle società rivendicherebbe la sua peculiare memoria iden titaria. 2 Altri studiosi come gli storici statunitensi Arno Mayer e Charles Maier, o come 1' italiano Enzo Traverso, hanno piuttosto legato il fenomeno dell'invasione della memoria al fallimento dei progetti di costruzione del futuro legati alle ideologie politiche rivoluzionarie, con riferimento in par- ticolare all'implosione dell'Unione Sovietica e al conseguente naufragio dell'ideologia comunista.3 All'«eclissi dell'utopia» avrebbe fatto seguito il revival del passato.4 Molteplici sono stati i fattori che hanno innescato ed alimentato questo processo che Henry Rousso ha definito «un movimento planetario di riatti vazione del passato».5 Non c'è dubbio, comunque, che il crollo del Muro di Berlino nel 1989 abbia rappresentato uno spartiacque e un elemento di formidabile accelerazione per la «riscoperta della memoria», che ha trova to uno dei suoi teatri d'azione privilegiati proprio in Europa. La fine della Guerra fredda e il riassetto dell'ordine europeo dopo 1'89 si sono infatti tradotti in una lotta per la ridefinizione delle coordinate della memoria pub blica e istituzionale che ha investito sia i paesi dell'Europa occidentale sia quelli dell'Europa centrale ed orientale tornati a sistemi di democrazia rap presentativa dopo oltre quarant'anni di regimi comunisti nell'orbita sovie tica. Nuovi paradigmi di memoria sono subentrati a quelli elaborati al- 1' indomani della fine della seconda guerra mondiale. 6 Come ha osservato lo storico inglese Tony Judt, fra il 1945 e il 1948 tutti i paesi europei che avevano vissuto le tragiche esperienze della seconda guerra mondiale avevano sviluppato una memoria del conflitto basata su due capisaldi comuni: da un lato l'attribuzione alla Germania e ai tedeschi dell'esclusiva responsabilità per le nefandezze e le sofferenze della guerra; dall'altro l'esaltazione dei movimenti di resistenza antinazista nazionali 2. Cfr. P. Nora, Reasons for the current upsw-ge in memory, in «Transit»:t 22 (2002):t consultabile sul sito http://w\vw.eurozine.com/articles/article_2002-04-19-nora-en.html (ul tima consultazione luglio 2013). 3. Cfr. Mayer, Memory and Jrzstory [n. 1]; Maier, Un eccesso di memoria? [n. 1]; E. Traverso, R secolo annato. Interpretare le violenze del Novecento:t Milano, F eltrinelli, 2012. 4. Traverso, Il secolo armato [n. 3]:t p. 176. 5. Cfr. H. Rousso, Vers tme mondialisation de la mémoire, in «Vingtiéme siècle», 94 (2007), pp. 3-1 O. 6. Cfr. À European Memory? Contested Histories and Politics ofR emembrance, ed. byM Pakierand B. Strath, New York-Oxford, BerghalmBooks:t 2010. Introduzione 9 come espressione della volontà e dello sforzo collettivi dell'intero popolo. 7 Entrambi i capisaldi di questa memoria non erano frutto di mera invenzio ne: la Germania nazista portava la responsabilità di gran lunga maggiore per i crimini commessi nella guerra da lei scatenata e certamente assai dif- fusa era stata la presenza di movimenti di resistenza antinazista in tutta Eu ropa. Tuttavia questo racconto predominante oscurava e rimuoveva al con tempo altri aspetti rilevanti dell'esperienza di guerra: l'esistenza ad esem- pio in ogni paese europeo di forze collaborazioniste che avevano affiancato l'occupante germanico, fra l'altro con pesanti responsabilità nello stermi nio degli ebrei; la perpetrazione di crimini di guerra anche da parte dei pa esi vittime dell'aggressione nazifascista ( si pensi ad esempio alle violenze dell'Armata rossa in Polonia all'inizio della guerra, alle foibe o alle depor tazioni forzate di tedeschi, ungheresi o ucraini alla fine del conflitto 8). Infi ne, la Resistenza antinazista non era stata quell'esperienza epica e corale che veniva descritta, ma era stata segnata da difficoltà, divisioni e scontri - anche violenti - al suo interno. Un' «eredità maledetta» aveva pesato dunque fin dall'inizio sulla me moria europea della seconda guerra mondiale. 9 «L'Europa dell'immediato dopoguerra - ha osservato Judt - è stata costruita o si è fondata su una de ° liberata distorsione della memoria, sull'oblio come stile di vita».1 Ciò ave va riguardato, come si è accennato, sia i paesi dell'Europa occidentale col locati nella sfera d'influenza statunitense sia quelli rimasti ad est sotto il controllo sovietico, pur destinati a vivere da li in avanti esperienze molto diverse. Nel 1945, ad esempio, la stessa società tedesca si considerò essen zialmente come vittima (d i Hitler, della guerra, dei bombardamenti alleati, delle espulsioni), e si rifugiò nell'amnesia a proposito dei crimini del nazi smo e dell'appoggio popolare al regime hitleriano.11 L'Austria si presentò anch'essa come vittima della Germania nazista, declinando ogni responsa- 7. Cfr. T. Judt, The Pastls Another Country: i\tfyth and Memory in Postwar Europe, in The Politics ofR etribution in Europe. World War Il and Its Aftermath, ed. by I. Deak, J.T. Gross, T. Judt, Princeton,Princeton UP, 2000, pp. 293-323. 8. Cfr. Naufraghi della pace. R 1945, i profaghi e le memorie divise d'Europa, a cura di G. Crainz, R Pupo, S. Salvatici., Roma, Donzelli, 2008. 9. Cfr. Judt, The Past 1s Another Country [n. 7], p. 295. 10. Cfr. T. Judt, Dopoguerra. Come è cambiata l'Europa dal 1945 a oggi, Milano, Mondadori,2007,p. 1021. 11. Cfr. N. Frei., La discussione sul nazionalsocialismo in Germania dal 1945 al 2000, in Italia e Germania 1945-2000. La costruzione del/ 'Europa, a cura di G .E. Rusconi e H. Woller, Bologna, il Mulino, 2005, pp. 61-74. L'Europa e le sue memorie bilità propria per i crimini del nazismo.12 Nello stesso periodo, l'Italia si considerò vittima della Germania nazista e, esaltando la Resistenza, cercò di far dimenticare che era stata alleata di Hitler e che il fascismo aveva go duto di un consenso non trascurabile.13 Alla Liberazione la Francia, da par te sua, fece orgogliosamente leva su de Gaulle e sulle imprese del maquis, mentre mise sotto silenzio le responsabilità dell'amministrazione :francese nella deportazione degli ebrei e ridimensionò l'importanza del collabora- zionismo di Vichy, presentato come un fenomeno marginale.14 Nei paesi europei caduti sotto il controllo di Mosca si impose presto una memoria ufficiale relativamente uniforme, perché ispirata da un modello unico, quello sovietico. 15 Essa presentava il conflitto mondiale come una guerra antifascista nella quale i popoli, guidati dai rispettivi partiti comunisti, ave vano resistito tenacemente alla Germania nazista e ai suoi alleati ed aveva no finito per prevalere grazie al contributo determinante dell'Unione So vietica. Tale interpretazione, adattata con modificazioni minori al contesto specifico dei singoli paesi, legittimava il monopolio comunista del potere, nonché l'egemonia sovietica. Ogni altra interpretazione ed ogni altra me moria erano escluse dallo spazio pubblico: al monopolio del potere corri spondeva anche un monopolio della memoria. Dunque, sebbene segnata da articolazioni nazionali e dalla frattura prodotta dalla guerra fredda, la me moria europea della seconda guerra mondiale risultò caratterizzata da un condiviso mito resistenziale e dal rifiuto in ogni paese di una resa dei conti con il fenomeno molto diffuso del collaborazionismo filonazista. L '89 ha segnato una rottura e una svolta rispetto a questo quadro di ri ferimento delle memorie europee. In termini generali, alla centralità della figura dell'eroe partigiano è subentrata quella della vittima, la vittima inno cente delle stragi naziste e delle violenze comuniste, cui sempre più si ac compagna la valorizzazione dell'azione di solidarietà e protezione eserci tate nei confronti dei perseguitati da persone comuni, i cosiddetti «giusti». 12. Cfr. H. Uhl, From Victim Myth to Co-Responsability Thesis. Nazi Rule, World War n II, and the Holocaust, in The Politics ofM emory [n. pp. 40-72. 13. Cfr. F. Focardi,La guera della memoria. La Resistenza nel dibattito politico ita liano dal 1945 a oggi, Roma-Bar~ Laterza, 2005. 14. Cfr. H. Rousso, Le syndrome de Vichy de 1944 à nos jours, Paris, Seuil, 1990 (1 a ed.1987). 15. Cfr. M Flores, L'antifascismo come ideologia di Stato nell'Europa orientale in Antifascismo e identità ew-opea, a cura di A De Bemardi e P. Ferrari, Roma, Carocci, 2004, pp. 235-244. Introduzione 11 Si è affermata una raffigurazione di fondo, molto semplificata, del Nove cento come secolo della violenza, dei crimini e dei genocidi scatenati dalle opposte ideologie totalitarie, nazista e comunista, con i rispettivi apparati del terrore. Il paradigma antifascista ha subito un costante processo di cri- tica e di erosione, radicale nei paesi ex-comunisti, e al suo posto si è anda to affermando un paradigma fondato sull' antitotalitarismo. Questo proces so ha avuto da un lato un carattere traumatico e conflittuale, tradottosi in vere e proprie "guerre della memoria" finalizzate alla ricostruzione di iden tità collettive spesso fondate sulla riscoperta di memorie nazionali "conge late" dalla guerra fredda. Dall'altro lato, la riattivazione della memoria e l'attenzione al punto di vista delle vittime ha trovato impulso in una condi visibile preoccupazione etico-politica:16 quella indotta dal diffuso riemer gere di fenomeni di antisemitismo, ma anche quella suscitata nella prima metà degli anni Novanta dalla perpetrazione nella ex-Jugoslavia di terribi li crimini contro l'umanità, finalizzati alla pulizia etnica, 17 ritenuti impos sibili dopo la seconda guerra mondiale, almeno nel cuore del territorio eu- ropeo. In questi casi, "il dovere della memoria" è apparso un imperativo morale per salvaguardare il futuro. Nei paesi dell'Europa occidentale il nuovo asse di riferimento della memoria collettiva è diventato lo sterminio degli ebrei, la Shoah.18 Esclusa negli anni Cinquanta e Sessanta dallo spazio del ricordo pubblico in un 'Eu ropa che valorizzava allora la resistenza attiva contro il nazismo, la memo ria della Shoah ha guadagnato progressivamente autonomia e propulsione fino a diventare negli ultimi anni «mito fondante negativo» della memoria europea.19 Considerato il «crimine per eccellenza», la Shoah - quale tenta- tivo di eliminazione totale di un gruppo di europei da parte di un altro grup po di europei20 è assurta a narrazione unificante in un 'Europa scossa dal - ripetersi nei suoi confini di crimini atroci contro i civili e dal riapparire di manifestazioni di odio antisemita e razziale. Valorizzata dunque come 16. Vedi la riflessione di Anna Rossi-Doria in A. Rossi-Doria, Memoria e storia: il caso della deportazion~ Soveria Mannelli, Rubbettino, 1998, pp. 13-22. 17. Cfr. J. Pirjevec, Le gwzrrejugoslave 1991-1999, Torino, Einaudi, 2001. 18. Cfr. Jud~ Dopoguerra [n.10], pp. 989 sgg. 19. Cfr. C. Leggewie, BattlefieldEurope. Transitional memory and European identity, consultabile in http://www.eurozine.com/pdfi'2009-04-28-leggewie-en.pdf, testo originale in tedesco pubblicato in «Blatter fùr deutsche und intemationale Politik», 2 (2009); C.F. Stokholm Banke, Remembering Europe 's Heart ofD arkness. Legacies of the Holocaust in Post-war European Societies, inAEuropean Memory? [n. 6], pp. 163-174. 20. Cfr. Jud~ Dopoguerra [n.10], p. 990. 12 L ,Europa e le sue memorie monito perenne e impiegata a difesa del valore universale dei diritti umani e della democrazia, la memoria della Shoah dall'inizio di questo secolo si è trasformata in tutto l'Occidente - in Europa come già prima in Israele e negli Stati Uniti - in una sorta di "religione civile" promossa attivamente dai poteri pubblici. 21 Ciò è avvenuto ad esempio attraverso l'istituzione di una specifica ricorrenza commemorativa, il Giorno della Memoria, che nella maggior parte dei paesi cade il 27 gennaio (in ricordo della liberazio- ne del campo di sterminio di Auschwitz nel 1945),22 attraverso la diffusio ne di legislazioni antinegazioniste mirate a sanzionare penalmente chi ne ghi lo sterminio del popolo ebraico;23 attraverso l'istituzione di musei della Shoah.24 Il ruolo via via sempre più importante di questa memoria deve molto al processo di rielaborazione del passato condotto dalla Germania federale - prima da Bonn e poi da Berlino - attraverso il riconoscimento della spe cificità dello sterminio ebraico avvenuto negli anni Sessanta dopo il pro cesso a Gerusalemme contro Adolf Eichmann, proseguito alla fine degli anni Settanta con lo choc emotivo indotto dalla proiezione del serial televi sivo americano Holocaust, che produsse una sorta di "sblocco" della co scienza nazionale, 25 e culminato nel 2005 nella costruzione nel cuore di 21. Questo processo ha assunto sempre più una dimensione anche internazionale. Cfr. ad esempio> Universalisierung des Holocaust? ErinnenmgskuJtur tmd Geschichtspolitik in intemationaler Perspektive> hrsg. von J. Eckel und C. Moisel Gottingen, Wallstein, 2008. 22. Un forte impulso è venuto dal <<Forum internazionale sull, Olocausto» tenutosi in Svezia a Stoccolma nel 2000. Ricordiamo poi che la stessa Assemblea Generale delle Na zioni Unite ha approvato nel novembre 2005 una risoluzione (la 60/7) che proclama il 27 gennaio come «Giornata internazionale dedicata alle vittime delrOlocausto». 23. Per un quadro di tale legislazione cfr. L. Cajani> Diritto penale e libertà dello sto rico, in Riparare, risarcire, ricordare. Un dialogo tra storici e giwistt a cura di G. Resta e V. Zeno-Zencovich, Napoli, Editoriale Scientifica, 2012> pp. 371-410: 373-379. 24. Cfr. M Sarfatti, La Shoah e la sua storia nei musei della Shoah> in Sterminio e stermini. Shoah e violenze di massa nel Novecento, a cura di D. D,Andrea e R Badii> Bo logna, il Mulino> 2010> pp. 321-334. 25. Cfr. M. Geyer, La politica della memoria nella Germania contemporanea, in La memoria del nazismo nell 'Ewopa di oggi, a cura di L. Paggi, Scandicci> La Nuova Italia, 1997> pp. 281-283; S. Brandt, Wenig Anschauwig? Die Ausstrahltmg des Films «Holo caust» im westdeutschen Fernsehen (1978179)> in Erinnerungskulturen. Deutschland, Itali en und Japan seit 1945, hrsg. von C. ComeliBell;i L. Klinkhammer und W. Schwentker, Frankfurt am Malll:, FischerTaschenbuch, 2003> pp. 257-268. Ricordiamo che la serie tele visiva. Holocaust: The Story ofthe Family Weiss diMarvin J. Chomsky> mandata in onda nel 1978-79, fu vista da220 milioni di telespettatori in tutto il mondo. Introduzione 13 Berlino del «Memoriale agli ebrei di Europa assassinati» (Denkmal fiir die ermordeten Juden Europas). Si è parlato di una "europeizzazione" del pa radigma della memoria tedesca, fondato sulla centralità della Shoah. 26 Non c'è dubbio che questa memoria abbia assunto un ruolo fondamentale sulla scena pubblica, specie nei paesi dell'Europa occidentale, i quali hanno se guito ciascuno un loro percorso, a partire dalla Francia che negli anni No vanta ha definitivamente affrontato - anche per via giudiziaria 27 una sof - ferta resa dei conti con le gravi responsabilità del governo di Vichy nella persecuzione degli ebrei, introducendo fra l'altro - per prima in Europa - una specifica legge contro il negazionismo (la legge Gayssot del 1990). Anche in quei paesi, come l'Italia, dove una normativa antinegazionista non è stata introdotta, la memoria della Shoah ha assunto comunque un ruolo cruciale sia sul piano istituzionale sia su quello culturale. Resistenze ed attriti si sono invece manifestati nei paesi dell'Europa centrale ed orientale usciti dall'esperienza del comunismo - dalle Repub bliche baltiche alla Romania, dalla Polonia all'Ungheria - dove la memo ria della Shoah è entrata in competizione con quella del comunismo.28 Ciò è avvenuto, paradossalmente, proprio in quei territori in cui storicamente ha avuto luogo lo sterminio degli ebrei, compiuto dai tedeschi grazie a vo lenterose collaborazioni e ramificate connivenze delle autorità e di settori delle popolazioni locali. Nelle società post-comuniste la ricostruzione del la memoria nazionale ha seguito una strada diversa rispetto agli orienta menti prevalsi dopo l' 89 in Europa occidentale.29 Sebbene ogni paese ab bia sviluppato memorie nazionali peculiari, sono emerse nondimeno alcune 26. Cfr. ad esempio T.G.Ash, Mesomnesie. Pliidoyerf ilr mittleres Erinn~ in «Tran sit», 22 (2002), pp. 32-48. 27. Il riferimento è a una serie di processi contro miliziani e funzionari di Vichy re sponsabili della persecuzione antiebraica, come quello condotto contro Paul Touvier nel 1994 e quello a carico di Maurice Papon nel 1997. Soprattutto quesfultimo ha awto forti ripercussioni nell'opinione pubblica in quanto Papon era stato nel dopoguerra ministro di governo e capo della polizia di Parigi sotto de Gaulle. n 28. Cfr. Judt, Dopoguen-a [n. 101, p. 1018; Traverso, secolo armato [n. 3], pp. 184- 185; K.-G. Karlsson, The Uses ofH istory and the Third Wave ofE uropeanisation, in A Eu ropean Memory? [n. 61, pp. 38-55: 40-44. 29. Cfr. J. Heurtaux, C. Pellen, 1989 à 1' &t del 'Europe. Une mémoire controversée, Paris, L'Aube, 2009. Si vedano inoltre in A European Memory? [n. 6] i contributi di A. Rees, 1.\lanaging the History of the Past in the Fonner Communist States (pp. 219-232), P. Apor, Eurocommunism: Commemorating Commwiism in Contemporary Eastern Europe (pp. 233-246) e S. Musabegovié, The Memoryofthe DeadBody (pp. 247-259).

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