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la nutrizione nella donna: dall'infanzia alla senilità PDF

99 Pages·2012·1.32 MB·Italian
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9e Giornate Reggiane di Dietetica e Nutrizione Clinica Atti del Corso “LA NUTRIZIONE NELLA DONNA: DALL’INFANZIA ALLA SENILITÀ” Reggio Emilia, 05 Ottobre 2012 A Cura del Team Nutrizionale ASMN William Giglioli - Salvatore Vaccaro Immagine riportata in Copertina: “Donna al Mercato”, Pieter Aertsen (1567) INDICE Introduzione Pag. 02 William Giglioli, Salvatore Vaccaro DCA nella Giovane Adolescente Pag. 03 Enrica Manicardi L’Alimentazione nella Gravidanza e nell’Allattamento Pag. 11 Francesca Anzolin L’Acqua nella Gravidanza e nell’Allattamento Pag. 18 Luca Valeriani La Profilassi del Tromboembolismo Venoso in Gravidanza Pag. 23 Angelo Ghirarduzzi L’Alimentazione nella Menopausa Pag. 28 Luisa Zoni Osteoporosi più Frequente nella Donna? La Corretta Alimentazione Pag. 37 Annalisa Maghetti Allergie ed Intolleranze Alimentari. Più Frequenti nella Donna? Pag. 43 Giuseppe Albertini Nutrire delle Ambizioni. Figure e Carriere di Donne nella Storia dell’Arte Pag. 48 Enrico Maria Davoli La Sindrome del Colon Irritabile. Più Frequente nelle Donne? Pag. 53 Silvia Lombardini Esiste una Alimentazione Corretta per la Sindrome del Colon Irritabile? Pag. 59 Simona Bodecchi, Agnese Rustichelli L’Alimentazione nella Donna Obesa Pag. 65 Salvatore Vaccaro Quale Attività Fisica nella Donna? Dalla Giovinezza all’Età Matura Pag. 82 Vincenzo Guiducci La Donna Grande Obesa e la Chirurgia Bariatrica Pag. 84 Stefano Bonilauri, Ruggero Bollino La Nutrizione Artificiale nell’Età Avanzata Pag. 89 Carlo Lesi, Domenico Panuccio Atti del Corso Clinico “La Nutrizione nella Donna: dall’Infanzia alla Senilità” 1 INTRODUZIONE Siamo dunque giunti alla 9a Edizione delle “Giornate Reggiane di Dietetica e Nutrizione Clinica”. L'argomento di quest'anno riguarda “l'Alimentazione della Donna” nel corso di tutta la sua vita. Ma non abbiamo preso in considerazione soltanto problematiche nutrizionali, ne abbiamo anche voluto esplorare alcune altre, tipiche del sesso femminile, legate a stati fisiologici e patologici. Riteniamo infatti che le diverse fasi della vita debbano essere caratterizzate da una alimentazione appropriata e corretta così come crediamo che debba essere adottata una specifica ed adeguata nutrizione in presenza di particolari patologie. Finalmente la donna della nostra società è giunta ad uno stato di indipendenza culturale e sociale elevato che le permette di operare, in autonomia ed in modo consapevole, le scelte quotidiane tra cui anche quelle nutrizionali. L'incontro di oggi cercherà di promuovere, oltre alla pratica di una corretta alimentazione, anche una maggior consapevolezza circa l'importanza di una regolare attività fisica, meno praticata dalle donne rispetto agli uomini, funzionale ad una prevenzione efficace delle malattie tipiche dell' era moderna. I concetti oggi qui trattati potranno essere spunto per una proficua opera di comunicazione, di divulgazione e di coinvolgimento del mondo femminile. Il futuro contributo di tutte le figure sanitarie oggi qui rappresentate sarà il fondamentale strumento operativo per la loro diffusione. Come consuetudine, viste le forti interconnessioni fra numerose discipline mediche ed alimentazione, oltre a trattare tematiche strettamente nutrizionali, abbiamo ampliato l'attenzione ad argomenti di medicina interna, di angiologia e di gastroenterologia. Da ultimo, ma non meno importante, come già in passato, abbiamo ritenuto che un contributo di carattere squisitamente culturale potesse aggiungere qualità alle nostre trattazioni scientifiche, perché siamo convinti dell'insostituibile valore della Cultura, dell'Arte, del Sapere scientifico ed umanistico e di quella loro straordinaria miscela che è la “Conoscenza”. Team Nutrizionale ASMN Dott. William Giglioli Dott. Salvatore Vaccaro Atti del Corso Clinico “La Nutrizione nella Donna: dall’Infanzia alla Senilità” 2 DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE NELLA GIOVANE ADOLESCENTE: L’ANORESSIA NERVOSA. Enrica Manicardi Responsabile S.S.D. di Diabetologia e D.C.A. Azienda Ospedaliera-IRCCS “Arcispedale Santa Maria Nuova” - Reggio Emilia L’Anoressia Nervosa (AN) è un Disturbo del Comportamento Alimentare (DCA) caratterizzato dal rifiuto di mantenere il peso corporeo entro il limite inferiore della norma, cioè al di sopra dell’85% del peso normale per sesso ed età o l’indice di massa corporea (BMI) al di sopra di 17,6 Kg/m2, o di ottenere l’incremento ponderale atteso durante la crescita. Spesso sono presenti intensa paura di aumentare di peso, amenorrea, attività fisica compulsiva, condotte di eliminazione con o senza abbuffate. Le cause sembrano essere multifattoriali e comprendono tratti di personalità quali perfezionismo e compulsività, storia familiare di depressione ed obesità, pressioni familiari e culturali relative all’aspetto fisico, influenze genetiche. Possono coesistere altre condizioni psichiatriche quali disturbi ossessivo-compulsivi, depressione maggiore, distimia, disturbi d’ansia. Le complicanze mediche derivanti dal semidigiuno, dalle condotte di eliminazione, dall’attività fisica estenuante o dalla combinazione di esse colpiscono virtualmente tutti gli organi. Si possono avere anche alterazioni cognitive secondarie alla perdita di corteccia cerebrale, intervenuta durante il calo ponderale e non completamente recuperabile (Katzman DK, 2001). AN necessita sia in fase di valutazione, che di trattamento di interventi multidisciplinari e interdisciplinari, che richiedono percorsi di difficile costruzione, con coinvolgimento trasversale di più discipline pubbliche e private (Dickerson et al 2010). La Regione Emilia-Romagna (RER) ha costituito un tavolo tecnico regionale DCA nel triennio 2009-2011, con l’incarico di produrre indicazioni specifiche di appropriatezza degli interventi. Il presente lavoro fa riferimento alle indicazioni regionali contenute nel documento steso dal tavolo e di prossima pubblicazione. La diffusione nella popolazione generale dei quadri clinici riconducibili ai DCA è in aumento. Non solo i dati di incidenza e prevalenza sono aumentati, ma si estendono anche le fasce di età coinvolte e si modifica il rapporto tra i sessi con un aumento di maschi malati. L’età di insorgenza si sta abbassando ad interessare ragazze prepuberi. Proliferano anche disturbi sotto-soglia, forme ibride e Disturbi Alimentari non Altrimenti specificati (EDNOS). Pure in aumento è il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (BED), che si sta affermando come patologia a sé stante. Tre milioni di persone in Italia soffrono di questi disturbi. Ogni 100 ragazze in età adolescenziale, 10 soffrono di qualche disturbo collegato all’alimentazione, 1-2 delle forme più gravi come AN e bulimia nervosa (BN), le altre di manifestazioni cliniche transitorie e incomplete. La difficoltà di conoscere esattamente la diffusione dei DCA nella popolazione Atti del Corso Clinico “La Nutrizione nella Donna: dall’Infanzia alla Senilità” 3 deriva dalla tendenza delle persone affette ad occultare il proprio disturbo e non ricorrere, almeno per un lungo periodo iniziale, all’aiuto dei professionisti che possano stendere un progetto di cura. L’età di esordio dei DCA cade per lo più tra i 10 ed i 30 anni, con 2 picchi intorno ai 14 ed ai 18 anni. Fra i 15 ed i 30 anni l’incidenza dei DCA è di 164 nuovi casi su 100.000 abitanti. La prevalenza dell’AN è tra 1,4% e 2,8%, con picchi del 4% riguardanti gli studi epidemiologici che comprendono i disturbi sottosoglia. La prevalenza della BN è del 5%. L’origine ed il decorso dei DCA sono influenzati/determinati da una pluralità di variabili, nessuna delle quali singolarmente può condizionarne l’insorgenza od il decorso. Tali variabili possono essere di genesi psicologica, evolutiva, biologica. La RER ha scelto come indirizzo organizzativo per pianificare gli interventi DCA quello dei Programmi, in quanto rispondenti alle modalità sotto descritte, in una logica orientata a mettere il cittadino al centro della cura (DRG 1298/2009, RER). Il modello organizzativo per il trattamento dei pazienti con DCA scelto dalla RER rappresenta una integrazione ed un arricchimento della tradizionale organizzazione in rete dei servizi sanitari, resa necessaria dalla realtà complessa e peculiare dei DCA: si tratta di un disturbo clinico di asse I (APA, 2001), la cui gravità e specificità è dovuta alla concomitanza di un nucleo psicopatologico di malattia, di comportamenti e fattori specifici di mantenimento, nonché di componenti e complicanze biologiche che contribuiscono anche essi alla tendenza; accanto agli aspetti propri del DCA, devono essere identificati gli aspetti personologici e relazionali che costituiscono fattori di rischio predisponenti e precipitanti all’esordio, fattori aspecifici di mantenimento e resistenza alle terapie e fattori di rischio per ricaduta e cronicizzazione; infine le frequenti copatologie e complicanze psichiatriche e mediche. La peculiarità e complessità (DCA; aspetti personoligici e relazionali; copatologie e complicanze) ha ricadute a livello di diagnosi, terapia e modelli organizzativi. In fase di diagnosi, l’assessment strutturato deve innanzitutto comprendere gli aspetti propri del DCA, comprensivi di rischio biologico, livello di motivazione ed ingaggio e fattori di mantenimento; vanno poi considerati gli aspetti personologici e relazionali, le complicanze e le co-patologie. Spesso il DCA può coesistere con quadri clinici psichiatrici, il cui rischio è aumentato di 5 volte in tali pazienti. Tra i quadri sindromici più frequentemente associati vi sono la Depressione maggiore ed i Disturbi D’ansia compreso il Disturbo Ossessivo Compulsivo (OCD), fobia sociale, disordine e disturbo d’ansia generalizzato. Circa l’80% degli individui con AN e BN, in qualche momento della loro vita hanno una diagnosi con un altro disturbo psichiatrico. La comorbilità con i disturbi di personalità è implicata nel mantenimento, nel trattamento e nel decorso dei disturbi dell’alimentazione. Vi possono inoltre essere deficit del funzionamento cognitivo ed emotivo, con difficoltà espositive in particolare nel contesto delle emozioni negative. In fase terapeutica, la peculiarità e complessità dei DCA spiega la necessità ormai riconosciuta di un trattamento specifico, con un piano di lavoro strutturato sulle risultanze dell’assessment diagnostico, comprendente obiettivi, strumenti, risorse, tempi e fasi della terapia (DCA in fase acuta, follow up , cronicità, fattori personologici e relazionali residui) e Atti del Corso Clinico “La Nutrizione nella Donna: dall’Infanzia alla Senilità” 4 indicatori di esito e processo (L.G. APA, 2006; L.G. NICE, 2004; DGR 1298/2009 RER, Consensus SIO- SIDCA 2010). Dal punto di vista organizzativo il modello gestionale prevede che il trattamento sia gestito da risorse esperte dedicate almeno parzialmente e che, secondo le indicazioni della DGR 1298/2009/RER costituiscono un’Equipe specializzata, l’Equipe aziendale per DCA, che intrattiene rapporti con altri Centri residenziali specializzati e con strutture della Rete dei servizi sanitari, psichiatrici e medici. Il modello costituisce un’evoluzione rispetto a quelli tradizionali, modello a “Centri/Ville” e modello a “Rete”: il primo, pur garantendo una maggiore concentrazione di trattamenti e risorse interdisciplinari dedicate ed omogenee, risultava carente nel trattamento dei fattori personologici e relazionali e non garantiva continuità terapeutica; il modello a rete garantiva la continuità di cura, ma non la specializzazione, l’esperienza e la interdisciplinarietà. Il modello a Programma previsto dalla RER tende ad essere una sintesi degli aspetti migliori dei due precedenti modelli: l’Equipe aziendale per i DCA, dedicata ed esperta tratta in maniera dedicata ed intensiva i DCA in fase acuta, in prossimità territoriale con la residenza dei pazienti; affronta inoltre gli eventuali aspetti personologici e relazionali e le copatologie psichiatriche e mediche; è responsabile della continuità e coerenza dei trattamenti nei diversi setting/livelli di cura che possono rendersi necessari (ambulatoriale a diversi livelli di intensità, DH, ricovero ospedaliero in acuto o in strutture riabilitative, ricovero in strutture riabilitative extra ospedaliere sanitarie e socio-sanitarie) e dei rapporti con i Centri/Ville specializzati. L’organizzazione a Programma, se da una parte risponde più prontamente alla complessità ed alle caratteristiche trasformative di queste patologie, da un’altra potrebbe rappresentare una sfida rispetto alle nuove modalità di configurazione dei servizi. Il Programma assume caratteristiche di priorità nella programmazione sanitaria dei Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) in collaborazione con i Dipartimenti di Cure Primarie, Sanità Pubblica, Ospedalieri e comporta un forte riconoscimento di cambiamento culturale dell’organizzazione dei servizi e una forte visibilità e peso organizzativo. Alle equipe dedicate spetta di favorire la diffusione della conoscenza dei percorsi, dell’aggiornamento dei colleghi e di essere riferimento clinico ed organizzativo, di garantire la continuità e la coerenza delle cure nelle diverse fasi e nei diversi setting. Le linee guida internazionali (APA, 2006; NICE, 2004; RANZCP, 2004; Consensus Conference SIO-SISDCA, 2010) raccomandano un approccio terapeutico multidimensionale e interdisci- plinare integrato in equipe, considerato ormai indispensabile per il trattamento dei DCA, che tiene conto della loro complessità e multifattorialità, delle problematiche personologiche e relazionali e delle copatologie e complicanze psichiatriche e mediche. Un team specializzato nel trattamento dei DCA prevede la presenza di personale medico specialista nel campo del loro rischio biologico, medici nutrizionisti e dietisti, psicoterapeuti addestrati all’uso degli interventi con maggiori evidenze di efficacia nei DCA, psicoterapeuti della famiglia, in particolare per i pazienti adolescenti; psichiatri e neuropsichiatri infantili; operatori sociali ed educatori; in numero tale da poter garantire una presa in carico psicoterapica per la maggior parte dei pazienti e con la possibilità di effettuare interventi di gruppo. Atti del Corso Clinico “La Nutrizione nella Donna: dall’Infanzia alla Senilità” 5 Il lavoro interdisciplinare è distinto da quello multidisciplinare e ancor più dalla consulenza e avviene in equipe. Il lavoro psicoterapeutico e la riabilitazione psico- nutrizionale integrati, con formazione e linguaggio comune, oltre a garantire l’integrità fisica del paziente affrontano da diversi punti di vista, in maniera concordata, disturbi che si esprimono in maniera multimodale (il lavoro nutrizionale ha valenza psicoterapeutica, il lavoro psicoterapeutico si concretizza nei comportamenti alimentari (DGR 1298/ 2009 Regione Emilia Romagna). I livelli di cura dipendono dalla motivazione al trattamento (da buona a molto scarsa) e dalla gravità degli indicatori medici e/o psichiatrici e sono: 1) ambulatoriale 2) ambulatoriale intensivo 3) day hospital 4) trattamento residenziale 5) ricovero ospedaliero Il trattamento ambulatoriale rimane il punto centrale dell’intervento ed è corretto che risponda al 60% della domanda di cura. È necessario però che tale intervento garantisca un reale approccio integrato che comprenda sia l’aspetto nutrizionale sia quello psicologico. Il Day Hospital garantisce un livello più intensivo di assistenza in ambiente ospedaliero con un attento monitoraggio delle condizioni cliniche e associato alla riabilitazione nutrizionale (pasti assistiti). Il ricovero ospedaliero in fase acuta (salvavita) garantisce la presa in carico in momenti più critici della malattia, con lo scopo di stabilizzare le condizioni mediche-psichiatriche, attivare una nutrizione più adeguata, gestire le complicanze acute associate al disturbo e preparare il paziente al passaggio ad un altro livello terapeutico-riabilitativo di trattamento. Il National Istitute for Health and Clinical Excellence suggerisce che deve essere preso in considerazione il ricovero ospedaliero quando non vi è stato un miglioramento significativo con il trattamento ambulatoriale, per pazienti con rischio clinico elevato o moderato, se vi è un rischio elevato di suicidio o di pesante autolesionismo. Neumärker KJ (1997) in una review sulle cause di morte esclude che vi sia una relazione tra la essa e la durata di malattia o l’età, mentre vi è correlazione con i bassi livelli di albumina e con BMI < 12 Kg/m2, rapide perdite di peso corporeo (> 0,5 Kg/settimana). Circa il 50% dei decessi sono imputabili ad alterazioni elettrolitiche, 50% a suicidio. L’incremento ponderale è una componente essenziale del trattamento dei pazienti con AN ed è associato alla stabilizzazione delle condizioni cliniche, miglioramento del tono dell’umore (Meehan K, 2006), prevenzione delle ricadute (Keel PK, 2005). La disponibilità al trattamento è condizionata dai sintomi, in particolare dalla distorsione dell’immagine corporea e dalla paura di ingrassare (Thiels C, 2008). Viene raccomandato un incremento ponderale di 0,5-1 Kg alla settimana (National Collaboratine Centre for Mental Health, 2004). Tale incremento si ottiene contrastando il fortissimo desiderio delle pazienti di evitare l’incremento ponderale ed in assenza di supporti affidabili sulla corretta modalità di supportare il pasto. È per tale motivo che spesso si fa ricorso al sondino nasogastrico (SNG) in aggiunta alla alimentazione per os o per trattare pazienti che rifiutano adeguato apporto calorico per os. Con il SNG si Atti del Corso Clinico “La Nutrizione nella Donna: dall’Infanzia alla Senilità” 6 ottiene un incremento ponderale più rapido e un peso più elevato alla dimissione (Robb AS, 2002; Silber TJ, 2004; Zuercher JN, 2003). Tuttavia solo il 29% delle pazienti acconsente al posizionamento del SNG, mentre il 50% lo rifiuta. Dopo la rimozione del SNG e da subito nelle pazienti che lo rifiutano, si adotta l’assistenza al pasto: personale addestrato ad hoc presenzia con empatia e comprensione il pasto, incoraggia l’assunzione di cibo, si dimostra inflessibile circa la quantità di cibo che deve essere consumata ed il tempo impiegato per consumare il pasto (Couturier J , 2009). Si cerca di utilizzare argomenti di conversazione che esulano dal cibo oppure giochi interattivi durante il pasto, mentre vengono censurati alimenti riguardanti il cibo, e/o la malattia. Spesso la presenza di ritardato svuotamento gastrico e ridotta motilità intestinale rendono disagevole il consumo di elevate quantità di cibo. La paura di aumentare di peso e di perdere il controllo e l’identità, richiedono supporto emozionale e psicologico. È diffusa l’idea erronea che le pazienti posseggano buone conoscenze di nutrizione. In realtà possiedono una buona conoscenza delle calorie contenute nel cibo, ma una scarsa cognizione del valore nutrizionale dei vari alimenti e di che cosa significhi consumare un pasto bilanciato. Una parte significativa della riabilitazione nutrizionale prende in considerazione fattori psicosociali e significa fornire competenze sulla pianificazione dei pasti, fare la spesa, cucinare e stabilire la corretta porzione da consumare. L’utilizzo di integratori per os non va incoraggiato, poiché tende a ritardare la riassunzione del cibo, anche se talvolta risultano utili perché non generano la sensazione di perdita di controllo, essendo visti come farmaci e non come cibo. Il sondino nasogastrico viene utilizzato quando all’ingresso il BMI è particolarmente basso (< 12 Kg/m2) e/o vi è scarsa aderenza all’assunzione di cibo, se vi è alterazione di transaminasi e bilirubina, alterazioni elettrolitiche e/o dell’elettrocardiogramma, instabilità clinica soprattutto cardiaca. Prima di iniziare vanno controllati BMI, ECG, emocromo, urea ed elettroliti, test di funzionalità epatica, albumina, PCR, fosforo, magnesio e calcio. L’apporto calorico va aumentato gradualmente e supplementazioni di elettroliti, vitamine, oligoelementi decisi in base ai controlli ematochimici (Cockfield A, 2009). L’aderenza alla cura ed in particolare al recupero ponderale è piuttosto scarsa a causa dei sintomi fisici e mentali della malattia, in particolare la distorsione dell’immagine corporea e la paura di ingrassare (Thiller j, 1993). La difficoltà a recuperare il peso non è solo dovuta alla paura che le pazienti hanno di ingrassare, ma anche alla condizione di ipermetabolismo attivata dal refeeding. Van Wynelbeke (2004) ha descritto un aumento della spesa energetica a digiuno (REE) del 13,6% a 8 giorni dall’inizio della rialimentazione, del 42,7% dopo 75 giorni. In studi che hanno utilizzato l’alimentazione parenterale totale (Dempsey et a, 1984), viene definito un fabbisogno calorico di 9.768 Kcal per ottenere un incremento ponderale di 1 Kg durante gli oltre due mesi in cui essa viene impiegata. Sebbene non sia nota la causa esatta dell’incremento della REE durante la rialimentazione, esso sembra essere almeno in parte dovuto all’effetto termico del cibo (TEF); ansia, paura e depressione possono a loro volta contribuire attraverso l’aumento di cortisolo, ACTH e catecolamine (Riguard D, 2007). Atti del Corso Clinico “La Nutrizione nella Donna: dall’Infanzia alla Senilità” 7

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Edizione delle “Giornate Reggiane di Dietetica e. Nutrizione Clinica”. L'argomento di quest'anno riguarda “l'Alimentazione della Donna” nel corso di tutta la sua vita. Ma non abbiamo preso in considerazione soltanto problematiche nutrizionali, ne abbiamo anche voluto esplorare alcune altre,
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