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La banalità dell'amore. Hannah Arendt e Martin Heidegger, storia di un sentimento mai sopito PDF

77 Pages·2010·0.38 MB·Italian
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Preview La banalità dell'amore. Hannah Arendt e Martin Heidegger, storia di un sentimento mai sopito

LDB Edizioni e/o Via Camozzi, 1 00195 Roma [email protected] www.edizionieo.it Copyright © 2010 by Edizioni e/o Grafica/Emanuele Ragnisco www.mekkanografici.com ISBN 9788866322832 Savyon Liebrecht BANALITÀ DELL’AMORE Hannah Arendt giovane, 18-27 anni Hannah Arendt anziana, 44-69 anni Martin Heidegger giovane, 35-44 anni Martin Heidegger anziano, 61 anni Raphael Mendelsohn, 20-25 anni Michael Ben Shaker, figlio di Raphael Mendelsohn , 30 anni Nota: Raphael Mendelsohn e Michael Ben Shaked sono interpretati dallo stesso attore. È possibile che anche Heidegger giovane e anziano siano interpretati dallo stesso attore. Il palcoscenico è diviso in due zone: il soggiorno dell’appartamento di Hannah Arendt al numero 370 di Riverside Drive street a New York, nel 1975, e una baita nella foresta poveramente arredata, nel 1924. All’interno ci sono un letto in ferro, una scrivania sulla quale sono impilati numerosi libri e una sedia su cui è posata una borsa da viaggio quasi nuova di colore marrone chiaro con la tracolla arancione. ATTO PRIMO SCENA PRIMA Dicembre 1975, l’appartamento di Hannah Arendt a New York. Nella sala ci sono una libreria, una poltrona, un tavolo con delle tazze da tè, una scrivania ingombra di libri, una macchina da scrivere e un posacenere. Suona il telefono. Hannah entra in scena. Indossa una gonna e una camicetta sottile, senza maniche. Tiene in mano un paio di grucce su cui sono appese due camicie. Si avvicina al telefono e solleva la cornetta. Mentre parla sistema le camicie. HANNAH: Sì, sono la professoressa Arendt... Mary! Finalmente. Grazie di avermi richiamata... Sì, sto bene, sono ancora viva... Prendo le medicine e non fumo... Davvero? Ti sembra che abbia un tono eccitato?... In effetti non ho quasi chiuso occhio stanotte... Senti questa: ieri mi ha chiamato uno studente israeliano. Vuole intervistarmi... Ma no, che dici? Non su Heidegger! E tu vieni a dire a me, che sono reduce da un brutto infarto, che non mi devo arrabbiare?! E allora non farmi arrabbiare! No, non mi faccio intervistare su Heidegger! ...su Eichmann! Ascolta. Vuole filmare l’intervista per l’università di Gerusalemme. Per l’archivio. Ma sì che mi interessa... molto! Forse questa intervista segnerà la fine del boicottaggio nei miei confronti... Suona il citofono. HANNAH: Aspetta un attimo, Mary! Penso che sia arrivato. Hannah va verso il citofono con la cornetta del telefono in mano. HANNAH: Salve Charlie... sì, sono ancora viva... puoi farlo salire... Come chi...? Non è arrivato nessuno? Ah, c’è posta. Ho capito... Ma lo sai che adesso non posso scendere... (Parlando al telefono) Aspetta un attimo, Mary. Ho bisogno di te. (Parlando nel ricevitore del citofono, sottovoce, perché Mary non senta) Di’ un po’, Charlie, hai per caso una sigaretta? Ma come hai smesso di fumare? Come fai a non fumare con un lavoro come il tuo? Morirai di noia... (A voce alta) Allora quando il ragazzo arriva, fallo salire. (Sottovoce) E se trovi una sigaretta, manda su anche quella... (A voce alta) Grazie, Charlie. Spero che tu non resista senza fumare... Hannah riprende a parlare al telefono. HANNAH: Certo che non fumo... I medici me lo hanno proibito! Dov’eravamo rimaste? Ah, sì, l’israeliano! Finalmente avrò l’occasione di rivolgermi ai suoi connazionali... di chiarire le mie posizioni che, come sai, sono state completamente travisate... Di’ un po’, Mary, che camicetta devo mettermi per l’intervista? Quella nera che abbiamo comprato insieme da Macy’s o quella viola che mi hai mandato da Parigi...? Quella viola mi sta meglio, hai ragione... Indossa la camicetta viola. Suona il citofono. HANNAH: Aspetta un attimo, Mary. Solleva il ricevitore del citofono. HANNAH (sottovoce): L’hai trovata, Charlie? (A voce alta) È arrivato? Bene. Sì, certo, fallo salire... (Sottovoce) Charlie, potresti dare un’occhiata al cassetto degli oggetti smarriti...? (A voce alta) Certo, certo, dagli pure la mia posta... (Sottovoce) E se trovi una sigaretta in uno dei cassetti, mandamela su. Mi bastano i medici a dirmi che mi fa male alla salute... Grazie, Charlie. Posa il ricevitore del citofono. HANNAH: Te lo prometto, Mary, gestirò questa intervista col pugno di ferro. Non mi sposterò di un millimetro da Eichmann... Certo che no! Neanche una parola su Heidegger! Potrebbe essere pericoloso per il mio cuore... Ciao Mary. Pausa. Hannah rimane come raggelata, sembra che riviva la scena che rivede nella mente. Una giovane Hannah in bicicletta compare su un sentiero nel bosco che conduce a una baita. Dentro la baita Raphael è alle prese con una lampada. La stanza è modesta. Ci sono un letto, una sedia, un tavolo e moltissimi libri. Sulla sedia è posata una borsa da viaggio nuova, di colore marrone chiaro, con la tracolla arancione. La stanza è in disordine. Sul letto sono ammucchiati vestiti, il tavolo è ingombro di stoviglie, fogli e giornali sono sparsi ovunque. Hannah anziana posa il ricevitore e continua a osservare la scena del passato. SCENA SECONDA La giovane Hannah appoggia la bicicletta al cavalletto ed entra nella baita. Vede Raphael alle prese con la lampada. HANNAH: Raphael! Ma non hai sistemato niente! RAPHAEL: Sto sistemando la lampada. HANNAH: Lascia perdere la lampada! Perché non hai riordinato? Hannah si toglie il cappotto. Indossa un maglione rosso. RAPHAEL: Il rosso ti sta bene. HANNAH: Davvero? Non fare il ruffiano. Sono arrabbiata con te. Si mette a spazzare, a riordinare. Raphael solleva alcuni libri dal pavimento, li posa sul tavolo. HANNAH Non posso credere che tu abbia intenzione di ricevere un ospite tanto importante con questo disordine. Hannah gli tende uno straccio. HANNAH: Spolvera il tavolo. Sotto una pila di libri Hannah trova un piatto con avanzi di cibo e un martello. HANNAH: Che ci fa qui un martello? Raphael si guarda intorno per trovare dove posarlo e alla fine lo nasconde sotto il guanciale del letto. RAPHAEL: Ti stai agitando per niente, mia cara. Non verrà.

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