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Introduzione Nell'anno in cui si celebrano i dieci anni dalla rinascita della produzione di fiction in PDF

263 Pages·2006·3.73 MB·Italian
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Introduzione Nell’anno in cui si celebrano i dieci anni dalla rinascita della produzione di fiction in Italia (in corrispondenza dell’emanazione di una legislazione apposita volta a favorire la produzione interna tramite l’introduzione di quote obbligatorie nella programmazione di emittenti pubbliche e private con le relative forme di finanziamento basate sul reinvestimento delle entrate pubblicitarie) se si getta uno sguardo agli studi dedicati negli ultimi decenni ai diversi formati della fiction domestica e in particolare a quella seriale si nota una netta prevalenza di un approccio storico-sociologico, mirato a ricostruire la genesi e le forme dei prodotti audiovisivi italiani riconducendoli alle precedenti forme di narrazione diffuse a livello nazionale. È la pista di indagine portata avanti nell’ambito dei Rapporti Annuali sulla fiction realizzati dall’Osservatorio1 incaricato, e destinati a dare conto sia dei volumi di fiction prodotta che delle tipologie della stessa, delle tendenze prevalenti e, in misura minore, dei modelli produttivi ad esse collegati, anche in rapporto alle altre realtà europee. Tali contributi, tuttavia, per la loro stessa natura, hanno cercato in prevalenza di rintracciare nelle fiction prese in considerazione e catalogate in rapporto a formati e generi di appartenenza, soprattutto le emergenze di modelli psicologici e relazionali fissi iscrivibili nei vari contesti socio-culturali, prestando minore attenzione alle forme narrative con cui il racconto veniva sviluppato, alle tecniche di scrittura impiegate (e quindi ai modelli di riferimento) e solo in minima parte a indagare concretamente i modelli operativi impiegati nella realizzazione delle fiction stesse o ai riferimenti particolari dei professionisti che sono impegnati nella scrittura delle serie. La maggior parte degli studi presi in considerazione come sfondo alla mia ricerca, poi, tendevano a inquadrare la produzione italiana unicamente in riferimento agli antecedenti nostrani, valorizzando soprattutto il riferimento alle forme di racconto tradizionali e alla ripresa di modelli più o meno consolidati della produzione televisiva e della tradizione letteraria italiana, mentre erano lasciate in secondo piano le possibili 1 L’Osservatorio sulla Fiction Italiana, OFI, fondato e diretto da Milly Buonanno. 1 forme di contaminazione (per quanto minoritarie) con modelli più lontani e i tentativi di innovazione operati nell’evolversi degli stessi prodotti. In generale, poi, le indagini si concentravano “ a valle” del processo di creazione e realizzazione delle serie stesse, analizzando il prodotto finito e le reazioni del pubblico e lasciando in secondo piano il processo di elaborazione dello stesso, sia al livello di ideazione che di concreta realizzazione, un processo fatto naturalmente di ipotesi e tentativi, di parziali successi o tragici fallimenti, di regole e imprevisti, un processo che, nella continua interazione tra elaborazione teorica, realizzazione pratica ed esiti di audience, costituisce certamente una parte importante nel quadro complessivo della produzione seriale italiana. Di qui l’idea di impostare un diverso lavoro di ricerca, composito e “dall’interno”, finalizzato ad indagare a tutto campo la natura della serialità italiana in una delle sue più consolidate tipologie, il poliziesco, con l’idea di evidenziare i possibili rapporti di filiazione e adattamento rispetto ai modelli più autorevoli (e di successo internazionale) della serialità televisiva americana dello stesso genere, cioè partendo dall’ipotesi che questo tipo di produzione, specie negli ultimi anni, si possa considerare non solo e non tanto il prodotto di una “storia italiana”, ma anche una forma di indigenizzazione delle forme di narrazione seriale americana, amata e odiata, imitata o ripudiata, ma pur sempre imprescindibile riferimento prima di tutto per chi realizza questo tipo di prodotti audiovisivi in Italia. Di indigenizzazione, a dire il vero, parlava già nel 1999 Milly Buonanno2 in un saggio sulla fiction nostrana, ma ponendo l’accento piuttosto sulla costruzione dell’identità operata dai racconti televisivi . Sostenere in modo adeguato questo tipo di approccio, tuttavia, sarebbe stato assai più arduo senza avere l’esperienza diretta del processo di concezione e di realizzazione di una serie che fosse esemplificativa e sintetica del panorama italiano dell’ultimo decennio. A tutt’oggi, diversamente che negli Stati Uniti, dove l’esperienza delle équipe creative di numerose serie di successo è stata indagata tramite interviste e contributi scientifici, in Italia mancano quasi del tutto interventi riguardanti questo tipo 2 MILLY BUONANNO, Indigeni si diventa. Locale e globale nella serialità televisiva, Sansoni, Firenze 1999. 2 esperienza creativa e i singoli processi continuano a rimanere, forse per una malintesa idea di privacy, un patrimonio non condiviso. Da questo punto di vista, dunque, si è rivelato fondamentale il mio coinvolgimento nel team di autori che hanno concepito e curato la realizzazione della sesta stagione di Distretto di Polizia - a tutti gli effetti la serie più longeva e di maggior successo nella televisione italiana degli ultimi anni -, nonché la possibilità di raccogliere le esperienze di diversi professionisti coinvolti, a diverso titolo e in momenti diversi, nella concezione e nella realizzazione del concept originario della serie, ovvero responsabili di momenti fondamentali della sua evoluzione. Solo partecipando personalmente all’intero arco della concezione e realizzazione della serie, avendo la possibilità di osservare le dinamiche di interazione tra i vari soggetti coinvolti nella realizzazione (dalla fase di scrittura a quella di riprese e poi quella di post-produzione e finitura, passando per la scelta del cast e attraverso l’interazione con il network committente) è stato possibile cogliere gli indirizzi generali che, con specifiche declinazioni legate a diverse variabili, guidano la produzione dei titoli seriali italiani, ma anche constatare il peso notevole degli imprevisti – siano essi il venir meno di un interprete particolarmente importante oppure la necessità di operare dolorosi tagli alle sceneggiature per rispettare il budget – nonché la difficoltà di far interagire i vari settori coinvolti nella realizzazione del prodotto. Naturalmente prima di poter considerare in particolare come esemplare il caso di Distretto di Polizia è stato necessario riepilogare i riferimenti più importanti che fanno da sfondo a questo titolo ed è per questo che i primi due capitoli sono dedicati a una panoramica della produzione seriale di genere poliziesco negli Stati Uniti e in Italia. La rassegna, che segue un ordine cronologico, ha soprattutto lo scopo di evidenziare da una parte le caratteristiche di formato dei vari titoli (durata, peculiarità del metodo di indagine, strutturazione dei personaggi e tipologia del protagonismo, ma anche specificità di regia e musica), dall’altra di soffermarsi sulla natura dei contenuti, in termini di casi affrontati, di caratterizzazione dei protagonisti di serie e dei 3 personaggi di puntata, di descrizione dell’universo del racconto e di rapporto con la realtà extra-narrativa. Lo scopo è stato fondamentalmente quello di individuare tendenze dominanti che potessero costituire un riferimento nell’analisi di Distretto di Polizia sia in termini di modelli produttivi che di concezione narrativa. Dal terzo capitolo in poi si è preso specificamente in esame Distretto di Polizia come esempio di serialità che ha saputo imporsi con un’identità precisa e, anche grazie alla sua longevità, costruire, spesso per tentativi, un modello operativo sia a livello di concezione che di realizzazione. Così, dopo aver contestualizzato la serie - tenendo presente, tra l’altro, il suo ruolo all’interno delle strategie aziendali dell’epoca da parte del network committente – e averne indagato le componenti a livello di concept e di scelte iniziali (natura del protagonismo, tipologia delle indagini, stile narrativo, ecc) individuando novità e fattori di continuità soprattutto a livello di modelli narrativi, ho cercato di cogliere e mettere in luce l’evoluzione del titolo nei suoi diversi anni di produzione, concentrandomi già in questa fase sulla natura del metodo di lavoro adottato dai creatori della serie. Una capitolo, poi, è stato dedicato ad un’analisi più approfondita del mondo narrativo creato da Distretto di Polizia, indagato a partire dalle modalità di caratterizzazione dei personaggi (in rapporto a recenti studi sui meccanismi di coinvolgimento dello spettatore sul racconto televisivo a partire dal personaggio), ma anche alla selezione delle storie da raccontare. In ultimo, individuando nel momento della scrittura lo snodo fondamentale capace di imprimere una forte identità ai prodotti seriali e constatando le problematicità connesse al consolidamento e alla differenziazione delle figure autoriali in ambito italiano, ho voluto confrontare i modelli organizzativi dei team creativi nostrani con quello degli analoghi americani per cercare di coglierne le specificità. Con questo ultimo capitolo, quindi, la ricerca ha tentato di dare conto dello “stato dell’arte” nel settore della produzione seriale italiana, indicandone le specificità, in 4 termini anche di debolezze e prospettive, offrendo al contempo un quadro delle professionalità coinvolte e delle possibili organizzazioni del lavoro creativo stesso. Non credo, naturalmente, di aver esaurito con questa ricerca l’indagine sulla serialità italiana che, proprio in questo momento, affronta un periodo di intensa trasformazione, incontrando notevoli difficoltà nell’evolversi per contrastare la concorrenza di una sempre più ricca produzione straniera, che finisce per influenzare il gusto degli spettatori, rendendolo più esigente e meno disposto a tollerare limiti e approssimazioni delle nostre produzioni. L’idea è, invece, di offrire uno sguardo dall’interno sui meccanismi che governano quello tipo di produzione, senza pretendere di giudicarne in maniera esaustiva l’efficienza o la vitalità, ma semplicemente indicando la specificità italiana in questo contesto, con tutti i meriti e i limiti che la sua natura particolare comporta. 5 Capitolo I Le strutture narrative nella serialità americana poliziesca: storia e tipologie Con una solida tradizione letteraria e cinematografica alle spalle, il genere poliziesco3 è sempre stato uno dei più praticati nella serialità televisiva americana. Nel corso dei decenni sono state moltissime la varianti sperimentate a livello di formati, contenuti e strutture narrative adottate, che rivelano una singolare sensibilità e ricettività alle variazioni degli umori del pubblico che, pur manifestando un’affezione costante a questa tipologia di racconto (tra i programmi più seguiti della televisione americana si trovano costantemente titoli riconducibili al genere poliziesco), sembra periodicamente richiedere (e apprezzare) una variazione anche significativa nella formulazione del racconto. In questo capitolo cercherò, anche attraverso l’individuazione di esempi particolarmente significativi, di individuare le linee di evoluzione del genere privilegiando innanzitutto la dimensione della strutturazione del racconto al fine di individuare i punti (e quindi i titoli) che costituiscono i paradigmi fondamentali di questa tipologia narrativa per poi poterne individuare l’influenza sulla produzione italiana e in particolare su Distretto di Polizia. I.1 Serie e serial: una distinzione metodologica Nell’affrontare il genere poliziesco nella televisione americana, sono d’obbligo una riflessione e una distinzione preliminari che riguardano tutti i prodotti seriali americani. Benché i titoli che prenderemo in considerazione rientrino per la stragrande maggioranza nella categoria delle serie pure o telefilm4, perché privilegiano una 3 In realtà un macrogenere nel quale si potrebbero far rientrare anche serie thriller e noir, nonché, specialmente nell’ultimo decennio, titoli ibridati con il genere fantastico, come X-Files. 4 Per una disamina delle distinzione tra serie e serial si veda GUALTIERO PIRONI, La produzione televisiva Usa dal serial al miniserial, in Cineforum, n.230, dicembre 1983, pp.11-14, ma anche MAURIZIO COSTANZO e FLAMINIA MORANDI, Facciamo finta che l’industria televisione: produrre fiction seriale, Carocci, Roma 2003 e SARA MELODIA, La lunga serialità, in GIANFRANCO BETTETINI, PAOLO BRAGA, ARMANDO FUMAGALLI (a cura di), Le logiche della televisione, Franco Angeli, Milano 2004, pp. 286-301. 6 struttura ad episodi chiusi, con segmenti narrativi autonomi e indipendenti, ciascuno dei quali presenta uno sviluppo drammaturgico proprio che si ripete da una puntata all’altra5, nella storia del poliziesco sono presenti, alle origini, ma anche, occasionalmente, in tempi più recenti, esempi di veri e propri serial cioè di forme di racconto sviluppate in puntate successive (il numero degli episodi è variabile), in cui è prevista un’evoluzione diacronica degli eventi e il senso complessivo del racconto può essere colto solo prendendone in considerazione l’intera durata6. A voler essere precisi si dovrebbe parlare di mini-serial, intendendo con questo termine per l’appunto una forma che ibrida la struttura delle miniserie con quella di forme di serialità lunga, mutuando dalle prime alcuni meccanismi di racconto, ma sfruttando delle seconde le strategie di dilatazione del racconto per raggiungere la durata di una “stagione televisiva” (24/26 episodi) o di una mezza stagione (12/13 episodi), formule di racconto che negli anni più recenti hanno avuto fortuna nelle produzioni delle reti via cavo e non solo nel genere poliziesco. Le alterne fortune delle diverse formule narrative, che si intrecciano con altre scelte pertinenti alle modalità della gestione dei personaggi e alla scelta nella tipologia delle storie da raccontare danno vita, negli anni, a prodotti molto diversi tra loro, sia in termini di design dei characters (con una progressiva preferenza per personaggi meno eroici e più ambigui) che in termini di stile dell’indagine (con un trionfo, apparentemente ancora in atto, del sottogenere procedural). Nel caso delle serie pure, ad ogni modo, ciò che distingue in modo più evidente un titolo dall’altro è senz’altro la strutturazione della storia o caso di puntata, cioè la vicenda che, secondo le modalità peculiari di quella serie, si apre e si chiude all’interno del singolo episodio. Questa unità minima, tra l’altro, almeno nel caso del genere poliziesco, finisce per essere sotto certi aspetti presente anche nei serial, nella misura in cui in ogni puntata viene raccontata sì una porzione della macroindagine che 5 Il che implica, naturalmente, che il legame con il pubblico sia basato sul piacere della riproposizione di una formula narrativa (quella dell’indagine, nel caso del poliziesco), ma anche su quella dei medesimi personaggi, dalle caratteristiche costanti pur nel variare dei singoli casi di puntata. Cfr. ALDO GRASSO (a cura di), Enciclopedia della Televisione, Garzanti, Milano 1996. 6 Non parliamo qui, naturalmente, di quei serial in cui il numero delle puntate è virtualmente infinito, una categoria in cui rientrano le soap opera. 7 occupa l’intera stagione, ma solitamente viene anche risolto almeno un mistero parziale che, quindi, svolge il ruolo di caso di puntata. Nel caso specifico della serialità poliziesca, è evidente che il pubblico ama riconoscerne i meccanismi (il piacere è dato, infatti, dalla risoluzione di problemi sempre nuovi all’interno di un framework noto dato dalle convenzioni di genere, particolarmente forti in questo contesto), seguendo un plot che si sviluppa all’interno di limiti di logica e razionalità7. Pur osservando, attraverso un percorso cronologico, le periodiche evoluzioni del genere, poi, ci si accorgerà di come, rispetto ad altri, il poliziesco tende ad essere un genere piuttosto conservativo almeno in alcuni elementi essenziali riguardanti lo sviluppo drammaturgico perché lo spettatore possa goderne pienamente. Ne consegue che il versante in cui si verificano i maggiori cambiamenti è quello che riguarda il modo in cui la scrittura (ma anche la messa in scena, naturalmente, così come lo stile di recitazione) interagiscono con la sensibilità e la pratica culturale ma anche l’opinione pubblica del momento storico in cui la serie viene realizzata, con l’intento di riflettere una tendenza o, all’opposto, promuovere, in modo più o meno dichiarato, un cambiamento di prospettiva e di valori8. La ricchezza e la varietà dell’attuale panorama americano, per altro, rende virtualmente impossibile censire tutta la produzione; si cercherà quindi di individuare piuttosto alcuni titoli esemplari e paradigmatici sotto il profilo formale e/o contenutistico e/o della definizione valoriale, individuando quelli che, soprattutto a partire dalla fine degli anni Settanta e poi con gli anni Ottanta, quando le produzioni americane hanno invaso i nostri schermi in corrispondenza con l’espansione dell’emittenza privata, maggiormente hanno influenzato la corrispondente produzione italiana di polizieschi, interagendo con una tradizione locale per produrre ibridi dalle caratteristiche tipiche. 7 Per un approfondimento vedi GLEEN CREEBER, Serial Television. Big Drama on the Small Screen, British Film Institute, London 2004, pp. 78 e ss. 8 Il cambiamento più evidente, naturalmente, è quello che riguarda la rappresentazione dei poliziotti, trasformatisi pian piano da eroi istituzionali senza macchia in esseri umani con difetti o vere e proprie ambiguità morali. 8 I.2 Un excursus storico Prendendo in esame la lunga storia della serialità poliziesca americana9, al di là di una semplice cronologia, che consente in ogni caso di individuare alcune grandi “epoche”, è possibile rintracciare facilmente, soprattutto per i primi decenni, alcuni modelli fissi di racconto che, pur adattati al piccolo schermo (e dunque incrociati con esigenze produttive e di programmazione10 nonché con considerazioni circa le modalità di fruizione da parte del pubblico), ricalcano quelli dei consimili racconti proposti sul grande schermo. Il modello lineare delle storie (che prevedono numerosi momenti fissi, da quello del compimento del delitto all’ingresso in scena dei poliziotti, dallo scontro con il sospetto/colpevole al ristabilimento dell’equilibrio iniziale), usato in special modo nelle serie ad episodi chiusi, non è altro che una semplificazione degli intrecci del grande schermo, a loro volta mutuati, non senza pesanti modifiche, da alcuni modelli letterari, in particolare quello del romanzo hard- boiled. In questa struttura base, che accomuna tutte le serie poliziesche, la variazione più importante è quella che distingue il meccanismo giallo più classico, con il colpevole nascosto al pubblico come all’investigatore di turno, dal thriller, in cui lo spettatore conosce l’identità del colpevole. Dal momento che il delitto (non sempre in alcune serie si tratta di omicidi, anche se questo tipo di crimine è quello che offre le più interessanti possibilità narrative) è solitamente il primo momento fisso di qualunque serie poliziesca, il discrimine risiede naturalmente nel punto di vista da cui esso è mostrato, cioè prevedendo o meno di mostrare e svelare al pubblico l’identità del colpevole. Pastore11 fa notare che non solo questo primo passaggio del racconto, ma un’intera gamma di svolgimenti base risultano ricorrenti nella storia di questo genere, anche se di volta in volta la medesima fabula di base viene reinventata nei diversi telefilm attraverso la sua declinazione nelle specifiche modalità di racconto (più o meno attento agli aspetti procedurali delle indagini, più o meno interessato ad indagare 9 Come fa, in riferimento alla sua fruizione da parte del pubblico italiano, ROBERTO PASTORE, Sulle strade della fiction. Le serie poliziesche americane nella storia della televisione, Lindau, Torino 2002. 10 Da cui, ad esempio, la divisione in atti corrispondenti alle interruzioni pubblicitarie, un meccanismo su cui avremo modo di ritornare. 11 PASTORE, Sulle strade della fiction, p.28. 9 le psicologie dei personaggi e in particolare dei colpevoli, influenzato dalla personalità e dallo “stile” dei protagonisti della serie, ecc). Questo significa, però che, anche se rimane riconoscibile, la trama base viene notevolmente modificata, soprattutto dal punto di vista del coinvolgimento emotivo che suscita nello spettatore. La costruzione del racconto articolata in alcuni momenti necessari, si muove sempre anche all’interno di una polarità che privilegia da una parte l’azione e dall’altro l’indagine di carattere intellettuale12; naturalmente tra i due estremi esiste tutta una gamma di possibilità intermedie e, in ogni caso, all’interno di ogni serie ogni singolo episodio può sbilanciarsi in un senso o nell’altro a seconda anche delle risorse disponibili per la realizzazione del prodotto audiovisivo13 e della credibilità di un certo sviluppo in rapporto all’identità della serie e dei suoi protagonisti14. Naturalmente nel corso degli anni anche la maggiore o minore attenzione ai fermenti culturali, sociali e politici della società americana ha costituito una variabile importante nel disegnare innanzitutto i profili dei personaggi raccontati. Non più solo poliziotti bianchi e solitari, ma sempre di più una variegata rappresentanza di razze e minoranze, prima in ruoli subalterni e poi sempre più di comando. Un corollario di questo punto riguarda l’individuazione di un protagonismo dapprima individuale, poi, sempre più spesso di coppia o addirittura corale. Un'altra linea di evoluzione di un certo rilievo è quella, già accennata, relativa al profilo etico dei protagonisti dei telefilm. Alla limpida lotta tra Bene e Male (dove i poliziotti, pur con tutti i loro limiti, facevano naturalmente parte dei buoni, mentre i criminali erano inesorabilmente cattivi) si è gradualmente sostituita una visione del 12Vedremo in seguito come anche all’interno di quest’area vi possano essere diverse specializzazioni, dall’uso praticamente esclusivo delle prove fisiche (che richiedono un approccio scientifico, come in C.S.I.) a quello della psicologia più o meno raffinata (c’è quella pratica di un Colombo, ma anche quella sistematizzata e similscientifica di titoli più recenti come Criminal Minds fino a quella quasi sciamanica di Profiler). 13 Una scena d’azione (un inseguimento o una sparatoria, per esempio) costano naturalmente parecchio di più anche se l’assortimento di strumentazione scientifica mostrato in ogni puntata di C.S.I. implica anch’esso dei costi per l’allestimento delle scenografie. 14 Per esempio non ci si aspetta dai protagonisti di Starsky and Hutch raffinati ragionamenti così come non si pretende da Colombo che si metta a correre dietro ad un delinquente in fuga. 10

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19 È il caso di Pete Hunter, Private Eye (1948) riportato da Pastore. 20 Barney Blake, Police .. che pur nelle diverse sfumature rappresentano un modello di investigatore più sbilanciato nel senso KEITH BOOKER M., Strange TV – Innovative Television Series from The Twilight. Zone to The X-Files
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