IL BAMBINO PROBLEMATICO E LA FAMIGLIA - PROBLEMA Antonietta Santoni-Rueiu' Dobbiamo parlare di famiglia prima che di bambino perchè non esiste bambino che non abbia una famiglia e quand'anche non l'avessei l giudice in qualche maniera vi prowede. La famiglia problernatica è una famiglia come tutte le altre e tutte le famiglie hanno problemi. La famiglia diventa particolarmente problematica quando non possiede le risorse per risolvere i problemi, molti dei quali dipendono dalla società. Ad esempiol a disoccu- pazione può portare un padre a lavorare all'estero: quando torna i figli non sanno chi è, non sanno se obbedirea lui, alla mamma o ai nonni. Oppure si pensia lla questioned ella casa:s ei nadeguatac ome vani e dislocazioned e- gli ambienti può favorire la promiscuità o addirittura gli incesti. Per proble- mi del genere occorrono risposte sociali come i consultori, gli asili-nido funzionanti, le strutture che tolgano i bambini dalla strada. Valido è certa- mente il tipo di risposta che offre la cooperativa Prisma, il cui intervento si configura come una risorsa in più alla famiglia, come un esempioc oncre- to di prevenzione sociale.V a però sottolineato che oltre ai fattori sociali esi- stono diversi fattori interni alla famiglia, vista dinamicamente, che concorrono a renderla in vari casi problematica. Ogni famiglia passad i crisi in crisi e in generes enzag rossed ifficoltà. La prima crisi è il momento stessod i formazione di una nuova famiglia, il matrimonio. La coppia, composta di due individui provenienti da due fa- miglie diversec on proprie regoleo riginarie e propri modi di vita, devef or- * Psicoterapeuta - Bari 1|a --) . -.-- ,t.,-' -::,1 mare un nuovo sistema, con nuove regole che permettano di accrescerel e potenzialità di ciascun coniuge e di gestirei rapporti con le rispettive fami- glie mantenendo i contatti e definendo, nello stessot empo, un confine. Poi c'èl'arrivo di unfiglio e la necessitàd i altre regole, relative al prendersi cura di essop ur continuando a dedicareu na parte di vita a sè stessic ome coppia. Poniamo che tutto vada bene, che il bambino cresca:a un certo punto (adolescenza)la coppia deve imparare a staccarsid al figlio, a permetterec he diventi adulto e inserito nel mondo. È una nuova crisi, c'è ancora bisogno di altre regole. Poi i ragazzi si sposano, la coppia resta sola e, se non ha rafîorzato la sua unione, si sentev uota (sindrome del nido vuoto). Quindi arriva il pensionamento e occorrono nuove regole e così via. La famiglia è insomma sempre stressatad a nuove situazioni e deve per- ciò esseref lessibile per potervisi adattare. Il cambiamento va sempre dal si- stema più grande a quello più piccolo; alla società che cambia la famiglia si deve adattare in maniera particolare e in tal periodo di cambiamento la famiglia è l'unico elemento di continuità, che permette ai figli di non sentir- si stranieri in terra straniera. La società si è via via assunta molti compiti che prima erano della famiglia (i vecchi ora vanno negli istituti, i giovani vanno a scuolap restissimo,i gruppi giovanili sono molto liberi...) ma non sempre dà le garanzie necessarie. La famiglia è allora sbandata nel suo compito educativo e si barcamena. La funzione che essad eve avere è da un lato di sostegno, dali'altro di adat- tamento alle richieste sociali. Il ruolo del bsmbino è anch'essoc ambiato moltq. Nelle societàa gricole i bambini erano marginali alla famiglia, il ruolo centrale era dei genitori o dei nonni nelle grandi famiglie. I barnbini giocavano tra di loro o anche la- voravano e basta. Oggi il primo piatio è fatto al bambino, vari anni fa era preparato al capofamiglia. Prima il bambino era, perciò, più libero di cre, scere,p iù spontaneo.O ggi è un bambino programmato e mamma e papà alla sua nascitag ià pensanoa cosa devee ssere.I l bambino è oggi centrale e si trova in una specied i gabbia, non solo familiare ma sociale,t ant'è che un 4090 degli spot televisivi è fatto per il bambino (pannolino, pappa, latte speciale...)e d i genitori devono dargli tutto. Il bambino porta così subito sulle spallet ante aspettativef amiliari e sociali: dev'esserep erfetto, con oc- chi belli, sederinol iscio, sciolto nel parlare e così via. In realtà il bambino nascei n una famiglia normale, con problemi, e lui stessod arà problemi. Spes- so si trova in una situazione familiare difficile, in cui deve gestirei conflitti tra mamma e papà (famiglia nucleare), dovendo parteggiare per I'uno o per l'altra. Ad es.p apà torna frustrato dal lavoro e sel a prendec on la mamma; questan on ha il coraggiod i risponderglie dà inveceu n ceffone al bambino. Se ciò si ripete, diventa una regola familiare, il bambino partecipa a questa t4 regola, e non appenav edei l papà arrabbiato fa un capriccio,r ompe un bic- chiere,i n modo da attirare 1'attenziones u di lui, da diventarec apro espiato- rio di una situazioned i cui non ha colpa (come non ne hanno nemmeno i genitori). un'altra situazioneè quella in cuí i gènitori, anzichèe ducarei nsiemei l barnbino,g areggianon el sedurlo,n ell'accontentarlop er ottenernem aggio- re affetto. così il bambino è costrettoa d aliearsio ra con I'uno ora con I'al- tra e non riescea d occuparsip iu di sè stesso,c on conseguenzec he vanno da un cattivo apprendimento a scuola a manifestazioni piÌr gravi. La colpa non è di nessuno,r isieden elle regole disfunzionali che a volte si vengono a creare,n elle numerosei nterazioni che i vari membri hanno tra loro. Ad esempio,c 'è una mamma che dice: bevi il tuo latte, rnetti il golfino, vai a letto; il bambino ne trae la regola che quando la mamma dice di fare una cosa quella cosa va fatta. Poniamo invece che ogni volta che il papà si rivol- ge al bambino la mamma intervenga a squalificare (es.: hai fatto i compiti? mamma: non ti preoccupare,c i penso io; oppure: hai mangiato?m amma: non ha fame); cosìp assal a regolac he ciò chei l papà dice non è impor.tante. Altro caso: c'è una nonna che interviene ogni volta che la mamma fa qual- cosa( ad es.l a mammalava le mani al bambino e la nonna chiedes el 'acqua è calda al punto giusto);s i creal a regola chel a mamma, come mamma, non vale niente, va sempre aiutata. Nell'arco di questei nterazioni si forma una struttura familiare, propria di ogni famiglia, diversa dalle a1tre. Questa struttura può esseref unzionale o disfunzionale alla crescita del bambino. Non si può parlare di componenti cattivi o no, sono invece in gioco queste regole. Una famiglia è funzionale sep ermetteu na crescitap iù o meno serena.I l bambino, per poter assumere una sua identità deve sviluppare sia vn senso di appartenenzs alla famiglia che un sensod i separaziane.I l prirno si sviluppa con I'adattamento al grup- po familiare, per cui il bambino sarà diverso da quello di altre famiglie; quan- do il bambino è piccolo tale senso di appartenenza è molto sviluppato. La mamma e il bambino all'inizio sono quasi un tutt'uno, nei primi anni il barn- bino sta semprei n casae poi man mano diventa più autonomo, più distac- cato. Una mamma sola, che non ha niente o nessuno, difficilmente aiuterà il bambino a svilupparei l sensod i separazione.Q uesto si sviluppa conl'a- dsttqmento ai gruppi: prima a quello dei fratelli, poi a quelli giovanili. Il bambino deve sviluppare questi due sensi per diventare adulto. Da adulto sarà sempreu n "Rossi", ma avrà sviluppato anche nuove regole.L a fami- glia funzionaled ovrebbee sserec osì:m arito e moglie cheh anno un loro spa- zio, senzai nterferenze dei figli (confine rigido) o della famiglia di origine; la coppia è anche padre e madre, con confini permeabili, chiori verso i figli, possibili comunicazioni; se i confini sonop oco chiari, si ha invischiamento, t5 r.ì i.r, eccessivora pporto, eccessivoc oinvolgimento( es.l a figlia di l0 anni sta ma- le e anchel a madre sta male; la mamma interpreta troppb.i desiderie i pro- blemi dei figli ecc.). Il bambino diventap roblematico quando non ha la possibilitàd i svilup- pare le sue capacità, di impegnarsi con il gruppo extrafamiliare (invtschia' mento\ o, viceversa,q uando può impegnarsis olo con il gruppo extrafamiliare e non con quello familiare (disimpegno).V i sono, così, due tipi di famiglie: le famiglie disimpegnate,d ove ognuno pensaa sès tesso,s enzap reoccuparsi degli altii, e le famiglie.invischiated, ove c'è un grossoc oinvolgimento.N el- la famiglia invischiata può essereu n problema il fatto che il bambino non mangia labanana, in quella disimpegnatap uò non essereu n problema il fatto che il bambino non vada a scuola.T ra questi due estremic 'è una giustav ia, quella della famiglia funzionale Vi sono però dei casì in cui il bambino stes- so porta un problema (es.u n handicap), che si aggiungea llo stress,a l pro- blema familiare. Allora, spessola famiglia iperproteggei l bambino, che perciò non svilupperà rnai la capacitàr,p er tentativi ed errori, di diventare autono- mo. Possonoe ssercpi roblemi di violenza.a' lcuni bambini di 7-8 anni terro- rizzano intere scolareschee le maestre,b uttando all'aria banchi e cartelle. Che è successo?N on semprei l bambino impara la violenzai n famiglia; spessoc hi la usa proviened a famiglie non violente.E sisteu na violenzac hia- ra che si esplicitav erso qualcuno e per un motivo; spessoc 'è una violenza sotterranea,a pparenternentes enzam otivo. Ad es. nella coppia ia madre ha paura del marito e il bambino agiscel a violenza al posto del padre; quando i conflitti di coppia non vengono esplicitati, resta qualcosad i sotterraneo poi agito dal bambino. Egli diventa problematicoi n manierac hiara quando entra nella scuola che, diversamented alla famiglia, non tollera la violenza nè le varie alterazioni( enuresi,e ncopresi...)e d etichettai l bambino. Spesso sono i genitori degli altri bambini a reclamare.L 'insegnantec osad evef are? Deve esercitareu na certa autorità, un certo contróllo, altrimenti non può educare. Conviene prima trattare la famiglia, le sue regole disfunzionali, e in un secondot empo intervenirea scuolap er evitarec he essaa cuiscai l pro- blema. Per es., un insegnantes ta dietro in maniera particolarea un bambi- no problematicoc on irrequietezzam otoria, che cosìs embrac almarsi;a iiora I'insegnantes i dedicaa glì altri bambini, ma eccoc he il bambino torna ad essereir requieto, anche piu di prima, perchè si sentet rascurato. Pur pen- sando di fare Llnac osab uona, agendoi n buona fede, f insegnanteh a adot- tato un comportamentos bagliatoe d ora ha bisognoc lia iuto. Ma cosas i puo fare? Se c'è una famiglia convienea gire su di essap er correggerel e regole disfunzionali prodottesi (terapiaf amiliare). Se la famiglia è disgregatas ono utili gli inlerventi di socializzctzionceo me quello realizzatod alia cooperati- va Prisma: il bambino può cosìp assareu na parte della giornata in un luogo I6 .l j organizzato che diventa punto di riferimento per lui e la sua famiglia. Solo quando nient'altro è possibile resta la strada d.ell,istituto, la cosa più triste che ci sia, la cui alternativa èl'afJido familiare: il bambino viene dato ad una famiglia per un certo periodo di tempo, per il periodo in cui il papà sta in carcere o la mamma è rnolto malata ecc.; superato il periodo di iriit,l,o- biettivo è di far tornare il bambino in famiglia. euesta è l,ultima spiaggia. Ma la cosa migliore sarebbe,c ertamente,l 'esistenzad i una società che} àci- liti i rapporti e tra le famiglie stessee tra i bambini. \ l7 '..1r I; ..' I t i'. L'ADOLESCENTE E LA FAMIGLIA TRA APPARTENENZA ED AUTONOMIA Maristella Buonsante* Trovo interessantIe'e sperienzdae l Centrod 'interesseu, tile ancher ispet- to alle struttureà lternativet ipo casa-alloggieo casa-famigliaa, ssep ortante dellal egge1 80/1978H. o esperienzdai questes trutture,c hes eguoc on l'otti- ca sistemicae, ritengoi mportantei l discorsod ellac oop. Prismap erchèp er- metteu na integrazionet ra il sistemaf amiliare e altri sistemia lternativi sociali all'interno di un sistemaa llargato.L a pubblicaA mministrazioneè carente di risorse,e d essep ossonoe sserein tegrate,i n manieran on esclusivan, on escludenten, on competitiva,n on simmetrica,s enzar icorrere( com'èt ipico dei servizip ubblici) alla colpevolizzaziondee lla famiglia. Quando si parla di terapiad ella famiglia, infatti, io parlo del pericoloe normec he la stessa parolap uò adombrare. L'adolescenzèa v istai n generec omeu n pianetain cognito.G li adolescenti cambianoe io, dellag eneraziondee l '68, vedod ifferenzes ostanzialdi a certi punti di vistar ispettoa i nuovi adolescentiÈ. importantee sserea ggiornati, perciò, ad esempios ui gruppi musicalic hev anno adesso.R icordo qui una metaforad i mia madre,q uellad el riccio, animalettom olto simpaticoe d uti- le in agricolturam, olto riservato. Ogni perturbazioned el suoa mbientelo porta a sventagliarele sues pine, in modo da sembrarem olto più rude, complessoe d aggressivod i quanto non siai n realtà.È questal a sensazionceh es pessop rovanoi genitorid i ado- lescentim, olti educatori,t erapeuti,p ersonec hes i occupanod i giovani.L 'a- *Psichiatra. Psicoteraoeuta- Bari l9 1-. l .l I dolescenteè visto come un individuo più difficile in generale, aparte gli ado- lescentip roblematici (nevrotici, psicotici, sociopatici, psicosomatici, disadat- tati). La griglia teorica che usiamo come gruppo di Bari è l'ottica sistemica, e in particolare le tecniche relazionali ispirate al modello strutturale di S. Minuchin e a quello pragmatico-elementared i P. De Giacoino. Ma è bene fare una premes*. L'adolescenza nell'ottica non sistemicq. Quando non si guarda alle relazioni, si isola I'individuo dal tutto, dal sistemao dai sistemi di cui fa parte e si sottolineano gli aspetti della perso- nalità. Per i biologi è centrale la comparsa della pubertà ed il cambiamento deilo schemac orporeo. Fer gli psicologi sitratta di un periodo estremamen- te importante per la maturazioned ella personalità,i n cui compaiono nuovi schemi cognitivi (Piaget). Per lo sociologia marxista l'adolescenzaè una co- struziones ociaied i questos ecolo,c ontrassegnatad all'emarginazionee dal- la subordinazione forzata alle leggi del profitto; nelle epoche precedenti il bambino entrava direttamente nell'età adulta attraverso i riti di iniziazione, mentre oggi è tipico nelle società industriali e post-industriali un periodo molto più lungo (per un maggior apprendimenton ecessario,a livello universitario e post-universitario,e per una maggiore disoccupazione). Per Freud I'adolescenzaè la ripetizione di un periodo pregenitale: si riac- cendono le pulsioni e i conflitti precedenti.P er Anna Freud I'adolescenza in sè e per sèè un disturbo evolutivo. Tutti gli studiosi sottolineanoi l carat- tere critico di questop eriodo, dai diversi punti di vista. una prospettivad i transizione è la nuova psicologia dello sviluppo, peî la quale c'è un conti- nuo sviluppo dalla nascitaa ll'età adulta, un continuum e non fasi tipo fan- ciullezza,a dolescenzae, tà adulta e vecchiaia. L'adolescenza nell' ottica sistemica Per I'ottica sistemicaI 'adolescenzanoî è un periodo (dai 12 ai22-24 an- ni) di un individuo, ma L{nafn se della fantÌgtio. osservare una famiglia clà più informazioni sugli interventi; è più utile conoscerel a fase in cui si trova la famiglia che la diagnosi psichiatrica o I'etichetta individuaie del paziente designato.L o studio dell'adolescenzaè dunque lo studio della famiglia in questaf ase di sviiuppo estremamentec omplessa,n elia quale i figli iniziano il distacco da essa,a ccelerano i vari processi di autonomizzaziome,d i svin- colo. In questo periodo cambíono le regole rispetto alla bipolarità sostegno- autonomis: si riduce il sostegnoe aumental 'autonomizzazione,i l nermette- reil distacco.I l fatto che questop eriodo siaconsideratoc osì critico univer- salmentel asciap ensarec he vi sia una situazioned ifficile per tutte le famiglie, in cui apparem clto impegnativo il necessarioc ambiamentod elle regole.S e Doievac sserl ogico.e C aLrspicab;!ee,il c la i-ri:,rnmsaa pL'ssi.li, 1:c,.ìiinign,l del figlio di 9-.1I anni, non lo è piu per un f iglio 17-18ennec, he allora batta- glierà per la sua autonomia. Il cocktail di sostegnoe d autonomia dipende da una seried i variabili: contestoa mbientale,p ersonalitài ndividuale,s itua- zione familiare, eventi occasionali.E non c'è da meravigliarsis e alcunef a- miglie ce la fanno, rna al contrario se molte - come avviene- ce la fanno. È logico pensarec he sia più facile I'incagliarsi dell'adolescentein una situazione di stallo con la famiglia che non permette I'autonomizzazione. Da un punto di vista relazionale, il fatto che un adolescentep roblematico raggiungal 'autonomia in generel o rendea sintomatico.N oi rifuggiamo dal- le verità assolute,p roprio nell'ottica sistemica,e crediarnoa l fatto che ognuno ha le suev erità, ogni famiglia è idiosincratica,è diversad a ogni altra, e c'è bisogno di fare continuei potesi, da verificare sul campo, nel corso delle se- dute e dell'intera attività professionale,c ambiandoles e occorre. Ciascuno ha le suer agioni, il suo modo di vederel e situazioni e il cambiamentoc he il terapeuta riescea d operare è prcprio un combiomento del ntodo di vedere la situszione della famiglia stessa.L e differenze fondamentali nel modo di affrontare i problemi umani da parte dell'ottica sistemicas ono numerose. L'ottica sistemica non è solo terapia familiare ma si identiftca con un rnodo di pensare e di agire diverso da quello cui siamo obituati tradizional- mente. Non a caso occorre un training di almeno cinque anni per allenarsi a cambiare abbastanzar adicalmente il modo di vedere la realtà. La mente umana tendea guardarel a realtà in spicchi,a guardareg li eventii n maniera lineare, come effetti di una causa o causa di un effetto. Così, dietro un di- sturbo adolescenzialceo me l'anoressiam entale siipotizza facilmenteu n guasto biologico oppure si afferma, sempre linèarmente, che la causa è neila fami- glia. Nonostantel a benevolenzae l'attenzione umana, si tenderài nsomma a considerareo gni comportamento come prodotto da una causax . Questa èla mentslità lineare. La diversità fondamentale dell'ottica sistemicaè inse- gnare a guardare agii individui come parte di un tutto, di un sistema non tanto come individuo con i suoi pensierie i suoi sentimenti,c he pure ci so- no, ma sopratutto privilegiando le relazioni tra i membri della famiglia, del sistema.N on osservoc osa sta in A, in B o in C, nè vedo il comportamento sintomatico .o*.t\"uuruto dal comportamento dei genitori, ma mi concen- tro su ciò che sta tra A, B e C. Questo è I'equivoco più frequented ella tera- 21 i l pia familiare. Il sintomo è solo un comportamento comunicativo, va capito in quanto messaggio.C he vuol dire quel comportamento in quella famiglia? 11p aziente designato è il portatore del disagio di tutta la famiglia e inoltre, poichè tra i vari membri di una famiglia vi sono legami particolarmente in- tensi, una persona può esserea iutata prima di tutto dalla sua famiglia, che meglio di tutti - terapeuti compresi - la conosce.L 'equivoco è dunque relati- vo al fatto che si può lavorare con le famiglie anche in maniera non sistemi- ca. Il lavoro con le famiglie diventa sistemico solo se si coglie \a circolarità, il fatto che il comportamento di ognuno è a sua volta causa ed effetto del comportamento degli altri, sicchès olo aiutando tutti insieme si può aiutare il singolo. Per arrivare a decodificare il sintomo occorre lavorare sulle rela- zioni, evitando i malintesi e specialmentel a colpevolizzazionem assima del- la famiglia, della scuola e di altri sistemi. Come layoriamo con gli adolescenti È essenzialei l concetto di fase, di ciclo vitale della famiglia. Certo, ci sono differenze nel modo di lavorare con una famiglia che ha una figlia ano- ressicar ispetto ad una famiglia con un adolescente che realizza delle fughe da casa. Ma vediamo le somiglianze tra le famiglie di adolescenti.C on una bella metafora, Minuchin ha detto che Ie persone in famiglio sono legated a dei fili. Se tale filo è molto lungo, I'adolescentep uò percorrereu na strada anche lontana, puo andarsene,s posarsi,s tabilirsi a Milano, mantenendo un legame familiare molto forte: pur essendop resente, tale filo permette la li- bertà di movimento. In altrefamiglie le persone sono legated a degli elastici, sicchè,p iir i singoli tentano di allontanarsi, più rientrano in famiglia con vio- lenza, per lo scattare dell'elastico che li riporta indietro. A volte questo lo esplicito alla famiglia. Pensiamo alle fughe da casa degli adolescentic he so- no dei boomerang incredibili: poichè i ragazzi sono minorenni, scattanot anti di quei meccanismi per cui alla fine i fuggitivi si ritrovano in famiglia con molta meno libertà di prima della fuga. A causad ell'elastico,u n comporta- mento che mira all'autonomia conducea d un risultato opposto. La scuola di Palo Alto esprime ciò in questi termini: il problema è spessoc ostituito dagli stessit entstivi di soluzione. Ciò vale in particolare per i problemi uma- ni irresolubili, della cui esistenzao ccorre prendere atto. Menandro diceva che "il tempo è il rimedio di tutti i mali inevitabili" e questoc alzaa ll'adole- scenza,m aie umano a cui tutti dovrebbero rassegnarsi,g enitori compresi. Molto spesso,in vece,n on ci si rassegna.L 'adolescentet enta ra soluzio- ne di scappared i casa,i genitori rispondono col 'sempred i più' (piu il figlio trasgrediscep, iù i genitori sanzionano,r eprimono) e si crea un circuito sen- za fine. C'è poi un aspetto molto comune nelle famiglie che entrano nella fase "tra appartenenzae d autonomia" e che riguarda non i figli ma i geni- tori. Nella nostra societài figli sono diventati estremamentec entrali rispetto a 40-45a nni fa: penso ai genitori sempre impegnati ad accompagnarei figli ora a questo ora a quel tipo di corso (danza, sport...). Chi ha perso vera- mente I'autonomia, allora, sono i genitori: essin on trattengonoi figli in ca- sa, ma, semplicementen,o n sono più abituati alla loro autonomia. E dunque importante, nel periodo dell'adolescenzaf,a re interventi volti a far divinco- lare i genitori ed è questo il sensod elle prescrizionip er i genitori che il no- stro ed altri gruppi reiazionali danno per far cambiare le regole di relazione. Ad esempio,f ar uscire i genitori da soli la seraè molto banale ma effica- ce. La prima volta che ho sentito laPalazzoli-Selvini dirlo mi faceva un pò ridere: sei vostri figli vi chiedono dove andater ispondetec he sono fatti vostri. Questo modo di rispondere riecheggiaq uello tipico dei figli, che sembra- no più autorizzati a dire "sono fatti nostri". Così, il senso della manovra della nostra scuola (De Giacomo), dell'apparire uniti anima e corpo attra- verso comportamenti di coppia, è quello - tra gli altri - di far liberare i geni- tori di un modo di essereg enitori a tempo pieno che ora non va più bene. Vi sono però famiglie con un conflitto molto estesot ra i genitori, i quali gridano, litigano ecc. e riconoscono da soli che in una situazione del genere il figlio "nonpuò andarev ia". Il figlio, infatti, vede uno dei genitori come più debolee non se la sented i abbandonarei l posto di combattimento. In questi casi è utile segnare, ristabilire un confine generazionale ed è molto importante che i genitori passino ai loro figli il messaggioc he sono autono- mi e in grado di stare insieme anche litigando, senzaa rrivare a soluzioni ca- tastrofiche o alla mofte (e molto spessog li adolescenti hanno questo tipo di paure). Nel modello pragmatico-elementareu tilizziamo molto 1l mondo: così io in uno o due colloqui individuali cerco di entrare nel mondo dell'a- dolescente.U n trabocchetto in cui si cade spessoè quello di prendere le par- ti dell'adolescentec he cercaI 'autonomia ed appare come il più debole. Cio è molto dannoso: per esperienza,è bene partire dalle richieste dei genitori, che vanno appoggiate anche quando appaiono rigide per l'adolescente. Appoggiando l'adolescentec ontro i genitori non si ottiene assolutamen- te niente, anziè proprio I'adolescentea non tornare più in terapia e a non far tornare piu la famiglia. E invece molto utile far capire che noi, come terapeuti, vogliamo aiutare tutti insieme: così i figli possono poi criticare apertamente i genitori nelle sedute e il terapeuta può aprire canali comuni- cativi tra di loro perchè è divenuto chiaro ch'egli non vuol danneggiarei ge- nitori nè dare la colpa ad alcuno. Badare semprep rima ad appoggiare le richiested ei genitori e poi spinge- )?
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