Corso di Diritti Umani e Inclusione – Anno 2017-2018 Barriere psicologiche, sociali e culturali Stereotipi, pregiudizi verso le persone Curata da Angela Abasimi Awoenley, Alessio Dal Pos, Sara Gulotta, Milena Lamendola, Federico Vito Maria Marino Indice INTRODUZIONE ........................................................................................ 4 Termini e distinzioni ................................................................................ 4 Bibliografia.............................................................................................. 6 PERSONE CON MALATTIA MENTALE .................................................... 7 Definizione dei termini ............................................................................ 7 Persone con schizofrenia ....................................................................... 9 Persone con autismo ............................................................................ 13 Persone con morbo di Alzheimer ......................................................... 16 Persone con sindrome di Down ............................................................ 19 Conclusione .......................................................................................... 22 Bibliografia............................................................................................ 23 TOSSICODIPENDENZA E STEREOTIPI ................................................ 24 La tossicodipendenza in Italia .............................................................. 24 Cannabis sempre più diffusa ................................................................ 25 Spice e NPS nuove droghe in monitoraggio ......................................... 26 Minori e sostanze psicoattive ............................................................... 26 Ragazze e droghe ................................................................................ 27 Sostanze psicoattive nella storia .......................................................... 28 Tossicodipendenza, stereotipi e società ............................................... 33 L’immagine di sé e la riuscita di un buon percorso ............................... 38 Conclusione .......................................................................................... 39 Bibliografia............................................................................................ 40 INCLUSIONE ED ESCLUSIONE DEGLI ULTIMI ..................................... 41 Etimologia della parola senzatetto ........................................................ 41 La visione degli ultimi nella storia ......................................................... 41 1 Il medioevo ........................................................................................ 41 L’epoca moderna .............................................................................. 43 L’età contemporanea ........................................................................ 44 Conclusione: due diversi punti di vista .................................................. 48 Bibliografia ............................................................................................ 49 LA REALTA’ DEGLI ICAM E LE NORMATIVE IN MATERIA DI TUTELA DEI MINORI .................................................................................................... 50 Introduzione, Icam: istituto custodia attenuata madri. ........................... 50 Misure alternative di detenzione odierne .............................................. 53 Detenzione domiciliare ...................................................................... 53 Detenzione domiciliare speciale ........................................................ 54 Affidamento in prova al servizio sociale ............................................ 54 Assistenza all’esterno dei figli minori ................................................. 55 La realtà degli ICAM ............................................................................. 55 L’Icam di Milano ................................................................................ 57 L’Icam di Venezia .............................................................................. 58 Regolamentazione della tutela della figura infantile dalle sue origini ad oggi: la situazione in Italia ..................................................................... 60 Conclusioni ........................................................................................... 63 Bibliografia ............................................................................................ 65 TRA ONDATE DI INCLUSIONE E DISCRIMINI ....................................... 70 Introduzione del quadro istituzionale generale in materia di immigrazione .............................................................................................................. 70 Convenzioni in materia di asilo, normativa comunitaria e internazionale .......................................................................................................... 70 Iter storico riguardo la legislazione in materia di politiche per l’immigrazione ................................................................................... 71 2 Il caso dell’Albania ............................................................................ 74 Gli anni 2000 e l’inizio delle politiche di chiusura .............................. 76 Analisi di concetti di dinamiche sociali nell’incontro tra il “noi” e il “loro” .......................................................................................................... 80 Conclusioni ........................................................................................... 82 Bibliografia............................................................................................ 83 3 INTRODUZIONE A cura di Federico Vito Maria Marino Termini e distinzioni Per capire cosa sono pregiudizi e stereotipi dobbiamo porci una domanda: in che modo conosciamo la realtà sociale? La conoscenza del mondo sociale viene organizzata dalla nostra mente utilizzando processi di categorizzazione e schemi. La categorizzazione è un processo cognitivo che consiste nel raggruppare un insieme di oggetti, fisici o sociali, che hanno una o più caratteristiche in comune (ad esempio, persone categorizzate in gruppi). Per schema intendiamo invece una rappresentazione cognitiva di conoscenze organizzate relative a un oggetto (ad esempio, sé, ruoli, gruppi, eventi sociali), che influenza la percezione, la memoria e le inferenze (cioè la costruzione di nuove conoscenze circa i dati mancanti) e ha il vantaggio di semplificare il lavoro cognitivo, cioè l’elaborazione delle informazioni, perché facilitano la codifica, il ricordo e le inferenze. Ma dato che le persone si basano su schemi esistenti per conoscere il mondo, a volte ignorano o negano l’evidenza della realtà conservando le proprie opinioni e credenze. Tra i primi a studiare i processi di categorizzazione ci furono Tajfel e Wilkes (1963) con un esperimento volto a verificare gli effetti su semplici giudizi quantitativi quando in una serie di stimoli (semplici linee di diversa e crescente lunghezza) è applicata una classificazione sistematica. L’ipotesi era che la categorizzazione degli stimoli portasse a percepire uniformità all’interno delle singole categorie (assimilazione intracategoriale) e, allo stesso tempo, distintività tra esse (differenziazione intercategoriale), cioè portasse all’accentuazione percettiva delle somiglianze intraclasse e delle differenze interclassi. Studi successivi hanno dimostrato gli effetti della categorizzazione anche considerando stimoli sociali, quindi riferiti a individui appartenenti all’una o l’altra categoria sociale (vedasi Doise, Deschamps e Meyer ,1978, sulla categorizzazione in base al genere). 4 L’esperimento di Tajfel e Wilkes può spiegare come nascono gli stereotipi. Uno stereotipo sociale consiste nell’attribuire alcuni tratti in comune a tutti gli individui membri di un gruppo e nell’attribuire, a questi stessi membri, alcune differenze comuni rispetto ai membri di altri gruppi. Un aspetto essenziale degli stereotipi è, infatti, che si esagerano alcune differenze tra gruppi rispetto ad alcune dimensioni di giudizio, e si minimizzano le differenze all’interno dei gruppi; a proposito di ciò lo stesso Herni Tajfel produsse la Teoria dell’identità sociale (1981). Prima di lui si espresse Gordon Allport (1954) definendo lo stereotipo: una credenza esagerata (amplificata) associata ad una categoria. La sua funzione è di giustificare (razionalizzare) la nostra condotta nei confronti di quella categoria [1]. Mentre John Brigham lo definisce: una generalizzazione fatta su un gruppo etnico, relativa all’attribuzione di un tratto, che è considerata ingiustificata da parte di un osservatore [2]. Gli studiosi contemporanei superano invece la concezione negativa (l’ingiustificabilità di Brigham) e definiscono lo stereotipo come una rappresentazione cognitiva di un gruppo sociale, in cui al gruppo sono associate caratteristiche stereotipiche, considerate cioè descrittive, salienti, o più tipiche del gruppo (non necessariamente negative). Quello che va chiarito è che molti studi hanno dimostrato che l’attivazione e l’applicazione dello stereotipo può avvenire automaticamente, cioè immediatamente e non intenzionalmente, ed avere, quindi, effetti inconsapevoli sulla percezione, il giudizio e il comportamento sociale. Patricia Devine, nel 1989, dimostrò come lo stereotipo relativo a un gruppo (i neri in USA) veniva attivato automaticamente, cioè senza consapevolezza, e venisse successivamente utilizzato per il giudizio sociale, nonostante le credenze personali (positive e controllate) dei soggetti partecipanti all’esperimento si scontrassero con gli stereotipi (negativi ma incontrollati) [3]. Il pregiudizio è invece un’idea, opinione concepita sulla base di convinzioni personali e prevenzioni generali, senza una conoscenza diretta dei fatti, delle persone, delle cose, tale da condizionare fortemente la valutazione, e 5 da indurre quindi in errore [4]. Per pregiudizio si intende quindi una valutazione tendenzialmente negativa di un gruppo o di un individuo in quanto appartenente a un gruppo; a questo possono essere associati, oltre che tratti e credenze stereotipiche, anche valutazioni ed emozioni. Parlando di rapporti sociali tra gruppi o tra persone altri termini meritano di essere spiegati per non indurre in fraintendimenti. Per stigma (o stimma) si intende, nell’uso letterale, con significato vicino a quello etimologico, marchio, impronta, carattere distintivo. In psicologia sociale, è l’attribuzione di qualità negative a una persona o a un gruppo di persone, soprattutto rivolta alla loro condizione sociale e reputazione [4] (può essere di natura psico-fisica, razziale, etnica, religiosa). Per discriminazione si intende la distinzione, diversificazione o differenziazione operata fra persone, cose, casi o situazioni. Particolare risalto va dato al termine “operata” in quanto fa riferimento agli atti, provvedimenti, azioni rivolti a persone portatrici di diversità sociali o biologiche (ne è un esempio “classico” la discriminazione razziale operata dai regimi nazista e fascista nei confronti di ebrei e altre minoranze). Vi è poi l’ostracismo, il comportamento con cui, nell’ambito di un gruppo sociale o politico omogeneo, le persone che esercitano il potere o dispongono di particolare influenza escludono o emarginano, spesso facendo leva su forme di coazione sociale, un loro avversario o, anche, chiunque abbia violato le regole del gruppo stesso; in particolare, il termine viene usato in antropologia sociale per indicare l’esclusione da una comunità di quegli individui che si siano resi colpevoli di determinate infrazioni [4]. Bibliografia 1. “La natura del pregiudizio”, pag.191, Allport, 1954 2. “Ethnic stereotypes” pag.31, Brigham, 1971 3. “Stereotypes and Prejudice: Their Automatic and Controlled Components”, Devine, 1989 4. Treccani 6 PERSONE CON MALATTIA MENTALE A cura di Alessio Dal Pos “Ogni gesto che dalla gente comune e sobria viene considerato pazzo coinvolge il mistero di una inaudita sofferenza che non è stata colta dagli uomini.” (Alda Merini) Definizione dei termini Cos’è un disturbo mentale? Cos’è una malattia? Quando si parla di morbo? Quando di sindrome? Rispondere a queste domande è doveroso prima di cominciare una trattazione sui pregiudizi, gli stereotipi, i tabù legati a una categoria che scopriremo essere eccezionalmente vasta. Per disturbo mentale intendiamo, in senso generale, la situazione di carenza di salute che si manifesta prevalentemente con sintomi psicologici, cioè sul piano di ciò che la persona fa, prova, pensa, dice e percepisce. Questi possono essere di due tipi: i più frequenti e noti, i sintomi nevrotici (ansie, fobie, depressioni, ossessioni, ecc.) e i più rari, quelli psicotici (deliri, allucinazioni, pensieri sconnessi, tendenza all’isolamento, inerzia, povertà di emozioni, chiusura ai rapporti interpersonali, ecc.). Perché si possa parlare di disturbo mentale è necessario che i sintomi siano presenti per un certo periodo e associati in varia misura tra loro [1]. La differenza tra sintomi psicotici e nevrotici non è mai limpida, tant’è vero che alcuni disturbi vengono definiti “borderline”. Per malattia mentale si fa riferimento a una disfunzione comportamentale, psicologica o biologica della persona, clinicamente significativa, associata a un malessere o a una menomazione [2]. Spesso è definita come disturbo mentale, ma una definizione soddisfacente non esiste, dato che di molte malattie mentali non si conoscono né l’eziologia, né i processi fisiopatologici. Per avere una più chiara spiegazione ci rifacciamo 7 all’opuscolo informativo “Il pregiudizio sulla malattia mentale è difficile da scardinare” che definisce la malattia mentale come “particolare disturbo, o meglio, gruppo di disturbi mentali noti come sindromi schizofreniche. La schizofrenia è caratterizzata dalla presenza e dalla persistenza nel tempo di alcuni dei sintomi definiti psicotici”. La sindrome (quale quella schizofrenica) è quindi l’insieme dei segni e dei sintomi che compongono una situazione clinica particolare di un individuo; è anche usato come sinonimo di malattia le cui caratteristiche sono poco chiare. Ne sono altri esempi la sindrome di Asperger, la sindrome di Down e la sindrome da immunodeficienza acquisita, malattia virale, più nota come AIDS [3]. II termine morbo è stato storicamente utilizzato per indicare le malattie a decorso fatale, soprattutto perché sconosciute e quindi incurabili. Il termine attualmente è un vocabolo in via di abbandono sia per rispetto del malato sia perché di molte malattie è stata trovata l'origine e la cura, così, per citarne alcuni, il Morbo del legionario adesso si nomina legionellosi, il Morbo di Pott, una malattia una volta devastante perché provocava la paralisi totale o parziale e la consequenziale morte per inedia, adesso si chiama spondilite ed è trattabile mediante antibiotici. Per continuità ed uso alcune malattie gravi molto diffuse (Alzheimer, Parkinson), vengono ancora indicate con il lemma “morbo” anche nei titoli di pubblicazioni scientifiche, ma poi nelle trattazioni vengono correttamente descritte come malattia o sindrome pur essendo ancora non totalmente curabili [4]. A chi allora si può dare del “pazzo” o del “matto”? La pazzia, nel linguaggio comune, è “qualsiasi forma di alterazione, persistente o temporanea, delle facoltà mentali” [2]. Dalle nuove regole per un linguaggio inclusivo non può essere accettata la dicitura “pazzo”, né tantomeno “persona con pazzia”. È consigliato adeguarsi al linguaggio medico-scientifico, dove si parla invece di infermità, malattia o disturbo mentale, o più specificamente di morbo, sindrome, psicosi o psicopatia. 8 Da uno studio recente risulta che in Italia poco meno del 10% della popolazione soffre, nell’arco di un anno, di uno dei disturbi mentali più frequenti (depressione o ansia), poco meno dell’1% soffre di disturbi meno frequenti. Un altro studio, su scala mondiale, afferma che una persona su quattro sperimenta nel corso della vita una malattia mentale; questo significa che probabilmente ognuno nella propria vita avrà a che fare, in famiglia o al lavoro, con persone con disturbi o malattie mentali. Tutti prima o poi ci imbattiamo nella sofferenza psichica. Il nostro modo di approcciarci alla salute mentale sarà quindi tema del prossimo capitolo. Per disegnare un quadro il più possibile completo e (speriamo) non ripetitivo, abbiamo voluto prendere in esame nell’ampia categoria delle persone con disturbi o malattie mentali solo quattro tipologie di stigmatizzati: le persone con schizofrenia, le persone con morbo di Alzheimer, le persone con autismo e le persone con sindrome di Down. La scelta è ricaduta su queste perché si è voluto ricoprire tutte le età (dal bambino all’adulto, fino all’anziano), si è inoltre cercato di riportare testimonianze da paesi e culture diverse, si è voluto mettere in luce come malattie diverse inducano comportamenti di esclusione diversi e come malattie diverse richiedano politiche inclusive e incentivino iniziative diverse. Persone con schizofrenia La schizofrenia è una patologia mentale caratterizzata da gravi sintomi psicotici, apatia, ritiro sociale e compromissione delle funzioni cognitive. Induce deterioramento nell’attività lavorativa, scolastica, familiare e incapacità da parte del soggetto di prendersi cura di sé, svolgere una vita indipendente e condurre una buona vita di relazione. (…) Compare tra i 16 e i 25 anni; l’incidenza annuale, simile tra i diversi Paesi, è di circa 1 su 10.000 individui. (…) Le femmine presentano un’età di esordio più tardiva e un decorso della malattia più favorevole, con minore numero di ricoveri e migliore funzionamento sociale [2]. Cosa significa essere una persona con schizofrenia? Come viene rappresentata la persona con schizofrenia dai mezzi di comunicazione? 9
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