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424 Pages·2008·3.08 MB·Italian
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Alma Mater Studiorum - Università di Bologna Dottorato di Ricerca in Sociologia XX ciclo Settore scientifico-disciplinare: SPS/10 Sociologia dell’ambiente e del territorio L’emergere del periurbano: il caso di Bologna Presentata da: Dott. ssa Monica Baldini Il Coordinatore: Il Relatore: Prof. Pierpaolo Donati Prof. Giovanni Pieretti Esame finale anno 2008 L’emergere del periurbano: il caso di Bologna Indice Introduzione pag. 1 Capitolo 1 - Sviluppo e crisi dei modelli di lettura della città 1. Dalle città industriali ai sistemi metropolitani complessi pag. 14 1.1. Sviluppo e crisi delle città industriali " 18 1.1.1. La crisi del modello industriale " 23 1.1.2. L’emergere di una nuova urbanità " 27 1.2. La crisi dei centri storici " 31 1.2.1. Evoluzione di un concetto: il centro storico " 42 1.2.2. Un uso capovolto del territorio " 50 1.3. La crisi della periferia italiana " 53 Capitolo 2 - Tendenze emergenti nei contesti metropolitani 2. La città “emergente”: tendenze attuali " 61 2.1. La diffusione delle aree metropolitane " 65 2.1.1. I “push factors” delle aree metropolitane " 76 2.2. Il periurbano " 85 2.2.1. Il processo di “periurbanizzazione” del territorio in Italia " 95 2.2.2. La fruizione dello spazio periurbano " 103 2.3. Un nuovo stile di vita “suburbano” " 106 2.3.1. I contributi moderni a questo concetto " 112 2.3.2. Lo stile di vita suburbano: una lettura degli anni Settanta " 121 2.3.3. Gli sviluppi di questo stile di vita in Italia " 125 Capitolo 3 – Dinamiche demografiche dell’area bolognese 3. Il quadro delle principali tendenze nella provincia bolognese pag. 139 3.1. Il quadro demografico a livello provinciale " 148 3.1.1. Le dinamiche demografiche a livello provinciale nel periodo 2001-2004 " 150 3.1.2. La popolazione straniera presente nella provincia bolognese negli anni 2001-2004 " 152 3.1.3. L’attività edilizia e il mercato immobiliare nella provincia di Bologna " 155 3.1.4. La mobilità nell’area provinciale bolognese " 157 3.2. Il quadro delle principali tendenze nel Comune di Bologna " 160 3.2.1. Il quadro demografico a livello comunale " 162 3.2.2. Le dinamiche demografiche a livello comunale nel periodo 2001-2004 " 169 3.2.3. La popolazione straniera residente nel comune capoluogo " 171 3.2.4. L’attività edilizia e il mercato immobiliare nel comune capoluogo " 172 3.2.5. La mobilità nel comune capoluogo " 173 3.3. L’avvicinamento alla ricerca empirica " 175 3.4. I metodi della ricerca " 178 Capitolo 4 – Analisi mirata di un ambito comunale: il caso di Argelato. Il movimento migratorio da Bologna nell’analisi statistica 4. Un’analisi mirata del decentramento residenziale dei “bolognesi” verso l’area metropolitana " 185 4.1. Il Comune di Argelato oggi " 194 4.1.1. Il Comune di Argelato in cifre " 196 4.2. Da quali quartieri di Bologna provengono i “nuovi” abitanti di Argelato " 211 4.3. Valori medi di mercato degli immobili a Bologna e nel Comune di Argelato " 225 4.4. Struttura per età e sesso dei “nuovi” abitanti di Argelato " 252 4.5. Titolo di studio dei “nuovi” abitanti di Argelato " 266 4.6. Posizione professionale dei “nuovi” abitanti di Argelato " 275 Capitolo 5 – Un ambito territoriale circoscritto per la ricerca dei nuovi abitanti: la frazione di Funo e la sezione di censimento n. 25 5. La frazione di Funo " 284 5.1. La frazione di Funo ieri " 285 5.1.1. La frazione di Funo oggi " 288 5.2. La sezione di censimento n.25 " 297 5.3. Una ricerca di sfondo sui “nuovi” abitanti " 305 5.3.1. La conformazione del territorio e dinamiche di insediamento dei “nuovi” residenti " 310 5.3.2. Il processo decisionale alla base del trasferimento dei “nuovi” residenti " 325 5.3.3. La fruizione dei servizi presenti all’interno dell’area oggetto d’indagine " 339 5.3.4. I rapporti sociali e le reti amicali all’interno dell’area " 351 5.3.5. Le aspettative e i mutamenti nello stile di vita dei “nuovi” residenti " 357 Conclusioni " 371 Bibliografia " 382 Allegati Introduzione La città contemporanea, dai confini labili, attraversata da flussi di persone in continuo movimento, appartenenti a mondi e culture diverse, non si presta più ad essere letta in chiave statistica; infatti la maggior parte dei dati statistici oggi disponibili, soprattutto quelli di censimento fotografano la città in una situazione di assoluta staticità. Guardando i caratteri della città e dei soggetti che la popolano emerge quindi una percezione di transitorietà e di permeabilità. Essa si presenta, perlomeno in numerose aree, come un palcoscenico dove si esibiscono individui di provenienza eterogenea e che rimandano ad una idea di altrove; a tal proposito G. Nuvolati parla di un “altrove periferico”, il luogo cioè deputato al «bivacco degli stranieri che ogni giorno popolano il centro per vendere la loro mercanzia, l’altrove provinciale e rassicurante dei pendolari che quotidianamente raggiungono il proprio posto di lavoro, l’altrove dei turisti che arrivano in città dopo un lungo viaggio. E’ la città dell’alta e della bassa marea, che cambia fisionomia a seconda degli attori che si esibiscono»1. Il modello urbano, nella sua continua espansione, tende sempre più a erodere i territori rurali ormai solo parzialmente legati alla cultura agraria; d’altra parte, i borghi e i paesi storicamente connessi ad un territorio agrario di riferimento mostrano il fianco a processi di modernizzazione che ne stravolgono i consolidati modelli di convivenza e di uso del territorio. Il carattere innovativo di questi processi non si limita agli aspetti relativi alla distribuzione della popolazione sul territorio: ancora più rilevanti sono le 1 G. Nuvolati (2006), Lo sguardo vagabondo. Il flâneur e la città da Baudelaire ai postmoderni, Il Mulino, Bologna, p. 72. 1 trasformazioni socio-culturali che si associano a essi. Nelle città che erano state più fortemente caratterizzate dal fordismo si allentano notevolmente i vincoli reciproci tra industria e struttura urbana; le aree centrali vedono potenziato il settore terziario e i quartieri periferici tendono a perdere, o comunque a vedere attenuata, la loro connotazione operaia. Al tempo stesso, nella città si evidenzia la presenza dei cosiddetti “vuoti urbani”, occupati da stabilimenti inattivi, di aziende che hanno trasferito altrove la loro produzione o l’hanno cessata. Negli spazi suburbani comincia a manifestarsi quel fenomeno di disseminazione degli insediamenti che rappresenta un aspetto fondamentale dello scenario insediativo. Coi termini “periurbanizzazione”, “città diffusa”, “diffusione urbana”, “frammentazione” territoriale, attualmente, si rappresenta proprio il carattere diffusivo e dispersivo dei processi di “metropolitanizzazione” di aree sempre più vaste, oltre la prima corona della periferia storica, dove però i processi di evoluzione delle aree rurali tendono ad assumere rilevanza pari a quella dei più classici processi di espansione urbana:« per spiegare il carattere dinamico della città contemporanea, vengono sovrapposte costantemente le nozioni di espansione e di network all’interno della recente discussione riguardante le forme urbane. La rivoluzione industriale trasformò la città attraverso le tipiche estensioni radiali del XIX secolo intorno alla città storica. Nel periodo fordista divenne possibile interrompere il sistema produttivo in varie unità, dislocate geograficamente, questo portò ad un modello disperso di insediamenti. In questo periodo si abbandonò il modello di crescita radiale a favore di un’insieme di spazi costruiti e collegati debolmente sui confini nazionali e regionali. La relazione dialettica tra città e campagna esplose in questo periodo e divenne una condizione indefinita»2. 2 X. De Geyter, L. de Boeck, «50 kmX50km. Beyond the paradigm of density beyond the paradigm of sprawl» in P. Viganò (a cura di) (2004), New Territories: situations, projects, scenarios for the European city and territories, Offine Edizioni, Roma, p.253. 2 Il compito degli osservatori della spazialità contemporanea si fa arduo di fronte a territori “atipici”, che non sono soltanto l’esito delle trasformazioni dell’organizzazione industriale, ma anche il prodotto dell’evoluzione delle regole di utilizzo del territorio in direzione di una “appropriazione allargata” dello spazio che ha favorito la dispersione di attività, funzioni e residenze, prima concentrate in poche aree privilegiate3. Molti, peraltro sono i segnali di una fuga dalla città in direzione dei comuni dell’hinterland, che offrono un miglioramento della qualità della vita (aspettative queste talvolta disattese) e attraggono famiglie di diverso ceto e provenienza, generando in tal modo inedite geografie residenziali. Queste tendenze se non comportano una messa in crisi vera e propria delle gerarchie più consolidate nel mercato immobiliare, sembrano però confermare l’idea di città in continua evoluzione, con conseguenze ancora da indagare per quanto concerne la composizione sociale di queste aree. Occorre inoltre evidenziare un importante mutamento che si determina al di fuori dei contesti metropolitani: esso è costituito dalla ripresa della crescita in un insieme di centri sostanzialmente estranei ai bacini di gravitazione dei principali poli urbani. Da un lato si tratta di un rilancio dell’aumento della popolazione in città medio-piccole, che, spesso avevano visto ridurre le proprie dimensioni nella fase fordista. Dall’altro lato, la ripresa demografica si accompagna ad una nuova competitività economica di questi centri e ad una riviviscenza in termini socioculturali. L’impulso a questa ricerca proviene direttamente dalla considerazione che la relazione tra spazi e pratiche sociali nelle nuove formazioni territoriali ne esca profondamente mutata. Elementi autenticamente di non-città ed elementi della tradizione strettamente urbana hanno lasciato le loro collocazioni abituali per 3 S. Munarin, M. C. Tosi (a cura di) (2001), Tracce di città. Esplorazioni di un territorio abitato: l’area veneta, Angeli, Milano. 3 presentarsi simultaneamente in contesti territoriali affini; a ciò si aggiunge il fatto che i cosiddetti elementi di non-città non sono più rappresentati soltanto da residui storici della città centrale e centri minori raggiunti ed ingoiati dall’espansione metropolitana, ma anche dalle emergenze territoriali a bassa densità dell’urbanizzazione diffusa4. L’interesse propriamente sociologico si giustifica per il fatto che una componente importante dell’urbanizzazione diffusa, che è la forma più comune verso cui evolve il territorio, potrebbe proprio spiegarsi con l’aumento della domanda di residenza alternativa, variamente proveniente da «cittadini che fuggono dalla città, popolazione locale che si radica ulteriormente, artigiani che vi s’insediano, contadini che rimangono»5. G. Martinotti ha ben rilevato come l’evoluzione della città tradizionale in direzione della dispersione degli elementi insediativi abbia una relazione con l’evoluzione della morfologia sociale della popolazione “metropolitana”. Il passaggio dalla città industriale – in cui si registrava una coincidenza di popolazione lavoratrice e popolazione residente – alla metropoli di prima generazione si è compiuto mediante il superamento di questa coincidenza per la diffusione del fenomeno del pendolarismo, il passaggio dalla metropoli di seconda generazione (generata dalla irruzione di un nuovo attore sociale: il city user) alla metropoli di terza generazione (quella attuale) avviene in conseguenza del fatto che nasce una nuova figura il metropolitan 4 «Il criterio di compattezza non vale più ad individuare soglie precise; la città si disarticola, si sgrana, si diffonde in regioni metropolitane a differenti densità, in cui è difficile individuare i confini tra le città e le non-città. […] Al di là delle periferie, il tessuto dei segni territoriali e dell’edificato si sgrana ancora maggiormente; ai grandi volumi, ai grandi blocchi si sostituiscono le batterie di villini a schiera, le ville uni e bi-familiari, intervallate da campi coltivati, centri commerciali, capannoni industriali ed artigianali; è la città diffusa che si allarga attorno ai nuclei urbani, che salda un continuum più o meno densamente costruito, nuclei storici un tempo indipendenti, paesi, zone rurali all’interno di regioni metropolitane», L. Dal Pozzolo, «La fine della città compatta è la fine della città?», in L. Dal Pozzolo (a cura di) (2002), Fuori città, senza campagna. Paesaggio e progetto nella città diffusa, Angeli, Milano, pp. 55-56. 5 Ibidem. 4 businessman6, così definito da G. Martinotti, colui cioè che usa in maniera specializzata alcune parti della città a più forte vocazione economico- produttiva. Questi cambiamenti sono stati automaticamente associati ad una rivoluzione delle pratiche sociali e dei modelli di comportamento degli individui, pur in assenza sia di un’adeguata opera di sistemazione dei risultati della ricerca empirica e della ricerca teorica, sia dell’approntamento di un linguaggio comune e di un sapere condiviso relativamente agli esiti delle più recenti trasformazioni occorse a livello territoriale, sia della sostituzione dei vecchi modelli interpretativi evidentemente in crisi con modelli più adeguati. L’ipotesi di questa ricerca prende le mosse da una considerazione: il rapporto tra spazio e società, intorno all’analisi del quale si giustifica l’esistenza stessa della sociologia del territorio, deve essere riletto e riformulato tenendo conto sia dell’evoluzione delle forme del territorio, sia dell’evoluzione delle forme della socialità. Se si condivide che il rapporto tra forme spaziali e forme sociali sia mutato tanto radicalmente, come ritengono molti interpreti di discipline afferenti il territorio, allora non è fuori luogo una valutazione di quanto e come questi cambiamenti abbiano agito su uno dei presupposti fondanti la sociologia del territorio stessa: l’esistenza di una relazione significativa tra determinati ambienti residenziali e tipologie di comportamento della sua popolazione, ovvero «tra pratica sociale e luogo»7. Nell’immaginario disciplinare delle scienze che studiano il territorio, questa relazione tra ambiti residenziali e tipologie di comportamento si è imposta per descrivere le trasformazioni di natura quantitativa e qualitativa in atto nelle aree metropolitane, sia nel suo nucleo centrale, sia nel territorio periferico, dove l’esplosione della forma urbana compatta si è manifestata nel modo più evidente. 6 G. Martinotti (1993), Metropoli, Il Mulino, Bologna. 7 P. Viganò (1993), «Una ricerca europea», in Cronache Ca’ Tron, D.A.E.S.T, Istituto di Architettura dell’Università di Venezia, n. 1. 5 Palcoscenici di vita sociale assolutamente inediti per gli studi classici rappresentano un oggetto di studio originale per la sociologia del territorio: aree residenziali a ridosso del centro del capoluogo metropolitano a modesta densità insediativa e con tipologie residenziali di pregio, aree di recente urbanizzazione intensiva all’esterno dei confini comunali del capoluogo metropolitano, villaggi residenziali localizzati lungo le maggiori arterie di comunicazione con bassa densità abitativa. Questi territori della dispersione insediativa sono stati in questi anni al centro di molte ricerche, ma solo marginalmente motore di politiche e di progetti: le ricerche che li investono e che per la prima volta li osservano da vicino, mettendo in luce la necessità di una nuova concettualizzazione della città e del territorio contemporanei. La lenta uscita dallo spazio della città funzionale, nel quale nonostante tutto siamo ancora profondamente immersi, è particolarmente evidente in questi luoghi. Nella prima parte del presente lavoro viene delineato un quadro teorico generale delle principali tendenze legate alle trasformazioni dei contesti urbani e all’emergere di “nuove” tendenze. La forma assunta dalla città contemporanea, in tutte le differenti declinazioni del nuovo modello di urbanizzazione di cui essa è espressione, come prevedibile, era destinata a modificare le stesse aspirazioni interpretative dei suoi osservatori. Sospinte dalla grande curiosità verso gli emergenti paesaggi territoriali, eppure con intenzioni rappresentative riviste e corrette, le scienze sociali ed urbane non hanno però tardato ad applicarsi alle “modificate” formazioni territoriali del presente. Per far questo hanno dovuto però rivedere non solo la propria impostazione teorica, ma anche quella metodologica: esse dovevano adeguarsi alla maggiore complessità sia delle forme dello spazio sia delle forme della società. 6

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Cadbury presso Birmingham, e Port Sunlight fondata da W. G. Lever presso Liverpool nel. 1886 per un'industria di sapone. Queste esperienze e la tradizione utopistica diffusione, desertificazione, specializzazione articolata. Ciascun carattere declina nelle singole situazioni che dipendono da molti
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